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45 motivi per cui è SEMPRE tempo di partire per scoprire il Veneto

Ci sono migliaia di motivi per visitare e scoprire il Veneto. Famelici tenta di costruire una lista, consapevole che ce ne sono veramente di più. La sua bellezza non è una novità. L’aveva già scoperta Francesco Petrarca e tanti altri letterati che ci hanno consegnato la descrizione di una terra ricca di fascino, di magie a cui non si riesce a rimanere indifferenti. E che ci invitano a fare una passeggiata nella letteratura, nell’arte e nell’enogastronomia.

Arrivati in Veneto ti ritrovi nelle parole di Giovanni Comisso, che ha descritto questa terra valorizzandone gli aspetti materni, protettivi, che assorbe e talvolta imprigiona, da cui è inevitabile fuggire, ma è inevitabile tornare. In Veneto felice scrive: “Non costituivano un’eccezionale bellezza l’incrocio delle valli, i dorsi spogli, i dirupi rocciosi, ma costituivano un adorato aspetto che per questo si affermava come una bellezza assoluta. Era quel paesaggio come per ognuno il volto della madre che è indiscutibilmente bello perché adorato”. Il Veneto è una terra di viaggiatori: da Marco Polo a Hugo Pratt fino a Salgari. E terra di scrittori che sono giornalisti: da Buzzati a Piovene fino a Parise.

Nella storia dell’Unità d’Italia, non ce ne voglia la Lega, molta parte l’ha avuta il Veneto, culla del Risorgimento e di chi mal sopportava le pesanti vessazioni economiche austriache. Il garibaldino Corpo dei Cacciatori delle Alpi contava diversi veneti. In questa regione non ci furono sanguinosi episodi di mancata accettazione nei confronti dell’Unità d’Italia. Anzi. Numerosi imprenditori e politici vivacizzarono la discussione politica della neonata Italia.

45 motivi per scoprire il Veneto

Terra di storia, cultura, di ottimi vini e proposte gastronomiche è sempre più al centro dell’interesse dei turisti stranieri. Da Verona ai Colli Euganei, da Vicenza a Padova fino a Venezia, senza dimenticare l’attrazione del Lago di Garda. Vi segnalo 45 motivi per non lasciarci sfuggire una vacanza o un week end in una terra che testimonia che cibo è cultura.

  1. Il baccalà alla vicentina: la storia di un pesce che “migra” dai Mari del Nord per arrivare sulle tavole vicentine.  Premessa: nel vicentino il merluzzo essicato si chiama bacalà con una “c” sola. Quello che si scrive con due “c”, è il merluzzo sotto sale. Sono due cose diverse.Scoprire il Veneto: il baccalà Come arriva a Vicenza questo pesce che nuota nelle acque dei mari tra la Groenlandia, il Mar di Norvegia, il Mare del Nord e il Mare di Barents? Bisogna risalire al 1432, quando il mercante veneziano Pietro Quirini, dopo un naufragio, arriva con pochi uomini del suo equipaggio sull’isola di Rost, nell’arcipelago Lofoten. Qui i superstiti assaggiarono il merluzzo conservato in un modo a loro sconosciuto: mondato, salato e seccato all’aria per mesi, il pesce diventava duro come un bastone.
  2. Oltre Venezia: le isole della laguna veneta. Murano, Burano e Torcello da scoprire con un’escursione in barca. Si potrà scoprire la lavorazione del vetro e dei merletti. In particolare a Torcello da non perdere la Basilica di Santa Maria Assunta, il leggendario Ponte del Diavolo e il trono di Attila, dove però il re unno non si sedette mai. La curiosità? I colori sgargianti delle case di Burano servivano a contrastare il grigiore delle nebbie. Da assaggiare i bussolai, una ricetta della tradizione veneziana, nata anche per non sprecare i tuorli avanzati.
  3. La vista mozzafiato dalle Dolomiti: non c’è solo Cortina. Imperdibile la sezione Ampezzana, di cui Cortina è la località più nota. Qualche idea? Alleghe, il regno degli alpinisti, una cascata verticale di roccia che compie un balzo di oltre un chilometro di altezza di circa 4.000 metri; Arabba, ai piedi del Gruppo del Sella con il Sacrario Militare del Passo Pordoi; Zoldo Alta, tra i massicci del Pelmo e del Civetta e Asiago e il suo Altopiano con i suoi ricordo legati alla Prima Guerra Mondiale.
  4. Gli Xaéti”, gli Zaleti: i biscotti gialli. In italiano Zaéti o Zaletti, biscottini veneziani, gustati soprattutto a Carnevale,presentano il tipico colore giallo dovuto alla farina di mais. Ecco come li descrive l’Artusi: “Signore mamme, trastullate i vostri bambini con questi gialletti, ma avvertite di non assaggiarli se non volete sentirli piangere per caso molto probabile che a loro tocchi la minor parte.
  5. La poenta e oxèi, polenta e uccelli: un piatto della tradizione assai discusso. La cucina veneta, legata alla caccia, propone gli spiedini con uccelli (la tradizione 800esca vuole allodole e tordi), lardo o pancetta insaporiti con burro e salvia. Accompagnato dalla polenta gialla, può essere proposto anche con i funghi. La cottura deve essere lunga e a bassa cottura della cacciagione. É un piatto di cui è proibita la vendita al pubblico, ma alcuni ristoranti lo propongono lo stesso.
  6. Il mercato del pesce di Rialto a Venezia: capire la città attraverso il mercato. Anticamente chiamato Rivo Alto, una volta qui si scambiava di tutto. Anche l’oro! Un tempo vendere qui il pesce era un privilegio: dovevi essere nato a Venezia e fare il pescatore da almeno 20 anni! Lo stile neo-gotico della Loggia “Piccola” nasce dalla maestria dell’architetto friulano Domenico Rupolo e del pittore simbolista Cesare Laurenti. Ogni capitello presenta leggere colonne che uniscono gli archi neo-gotici. Sono scolpite creature marine della laguna veneta e 4 teste raffiguranti forse pescatori.
  7. La torre del Falasco: storie di briganti e strade pericolose. Il sito fin dal XII secolo fu un’importante torre di controllo, ruolo che mantenne fino al XVI secolo. I conflitti per l’acqua erano importanti: era fondamentale per le coltivazioni. Francesco Falasco, piccolo proprietario terriero, fu costretto a cedere i suoi terreni ai nobili e a mettersi al loro servizio. Bandito da Verona, quando tornò era più povero di prima. Alla fine trovò rifugio nella Rocca di Falasco e secondo le leggende continuò a darsi al brigantaggio.  il castello fu costruito nel XII secolo dalla famiglia Turrisendi, che aveva un fondo in quella località; dalla sommità della torre i proprietari potevano controllare i movimenti da e per la Val d’Adige. Nel ‘600 divenne rifugio di Francesco Falasco, un piccolo possidente della Valpantena che, persi tutti i beni e finito il servizio in qualità di «bravo», fu costretto a rifugiarsi nelle grotte intorno al castello. Nella seconda metà del secolo diventò il rifugio di Paolo Bianchi, denominato dall’abate Caliari «il Falasco», un «bravo» alla corte dei conti Giusti, che organizzò il rapimento di Angiolina di Poiano.
  8. Lo spiedo nella Marca Trevigiana: un’antica tradizione. Lo spiedo nella Marca Trevigiana era una pratica conosciuta in tutte le case dove c’era un caminetto.Scoprire il Veneto: lo spiedo della Marca trevigiana Per sua natura, la carne allo spiedo non era mai preparata per poche persone. Può essere considerata una usanza che ha anticipato il concetto di famiglia allargata. Lo spiedo, per i tempi lunghi di cottura, per l’attenzione al suo lento girare, all’uniformità della fiamma e alla temperatura delle carni, prevede la presenza colloquiale di più persone. Lo si faceva a fine marzo, quando era facile catturare i pettirossi; in autunno con i tordi, i ciak e i frisein e l’11 novembre per San Martino. Era tradizione una volta all’anno farlo per invitare i figli o i fratelli, che, sposandosi, erano usciti dal nucleo familiare originario. Si riuniva la famiglia. Alcuni approfittavano dello spiedo “della prima neve” fatto con le panigasse. Nell’aia di casa si spazzava dalla neve un piccolo riquadro di terreno. Si gettava una manciata di sorgo e i passeri venivano per cibarsene. Catturarli era un gioca da ragazzi!
  9. Le feste popolari: voglia di appartenenza che contagia anche i turisti. Venerdì grasso a Verona con Bacanal del gnoco; la 3° domenica di luglio, a Venezia, Festa del Redentore con spettacolo pirotecnico; la 1° domenica di settembre a Venezia, la Regata storica; la 2° domenica di settembre a Caorle la Processione a mare; il 2° sabato e la 2° domenica di settembre a Marostica la partita a scacchi con personaggi viventi e la 2° domenica di settembre a Dolo e Stra il Corteo storico del Brenta, sfilata di barche storiche e vogatori in costume sul fiume Brenta.
  10. Un bagno nelle fresche acque del lago di Misurina: un paesaggio suggestivo che ti racconta una leggenda. Il lago di Misurina, ad Auronzo di Cadore, è bellissimo!!! Tra le Tre Cime di Lavaredo e il Massiccio del Sorapiss deve la sua fama anche ad una leggenda. Misurina, figlia del re Sorapiss, governatore delle terre tra le Tofane, l’Antelao, le Marmarole e le Tre Cime di Lavaredo, era molto bella, ma anche assai capricciosa giustificata per la morte della madre. Una fata possedeva uno specchio magico che consentiva di leggere nei pensieri di chi si specchiasse. Misurina lo voleva a tutti i costi. La fata in cambio le chiese di trasformarsi in una montagna che con la sua ombra proteggesse i fiori del suo giardino dai raggi del sole. Durante la trasformazione precipitò nel vuoto. Il re pianse così tanto che le sue lacrime formarono due ruscelli, che si raccolsero a valle formando un lago. Lo specchio rompendosi cadde nel lago favorendo la formazione di riflessi suggestivi.
  11. Il Torcolato: un vino “dolce non dolce”.Scoprire il Veneto: il Torcolato“…vino prezioso…vinsanto prelibato..dolcissimo Pasquale”. Nel 1754 il poeta Aureliano Acanti nel “Rocccolo Ditirambo”, guida ai vini vicentini, così si esprimeva per descrivere il Torcolato.Un vino dalle antiche origini, che probabilmente comincia ad essere conosciuto in Veneto, quando Venezia, perse le colonie adriatiche, da cui importava un vino resinato. Si tratta di un vino dolce, ottenuto dall’appassimento dell’uva vespaiola, il cui nome deriva dall’irresistibile attrazione esercitata dai suoi acini sulle vespe, inebriate dalla loro dolcezza. É un vino prodotto in origine nelle case contadine, spesso usato come ricostituente. L’uva vespaiola era usata spesso anche per dolcificare i dolci. I grappoli erano attorcigliati con degli spaghi – da qui il nome, attorcigliato, intorcolato- per essere appesi alle travi delle soffitte dei granai, dove potevano entrare pochissime persone. Gli acini di uva passa erano scelti e tagliati con estrema cura. Oggi questa usanza si è perduta, si usano i fruttai. A fine gennaio, ad appassimento avvenuto, le uve sono pressate con un torchio per ottenere un succo denso e dolce. La fermentazione lascia al vino un buon residuo zuccherino. Il vino è poi affinato per due anni in botti di rovere e di acciaio. Luigi Veronelli lo definiva “un dolce non dolce”, dal momento che la dolcezza è bilanciata dalla freschezza.
  12. Una passeggiata notturna…per vendemmiare. Prestando attenzione al calendario lunare, da qualche anno Sarah Dei Tos, nata e cresciuta nella terra del Prosecco, imprenditrice agricola, titolare de “La Vigna di Sarah”, organizza la vendemmia notturna. Scoprire il Veneto: la vigna di Sarah, ovvero la vendemmia notturnaUn’occasione per fare conoscere anche il Consorzio #Bio del Prosecco, di cui Sarah è fondatrice e Presidente. Un’importante iniziativa che promuove il premio “La Vigna di Sarah Bio per l’agricoltura eroica”. Il vincitore di quest’anno? Aleksandra Vekic, produttrice dell’olio extravergine d’oliva più pregiato della Croazia. L’olio “Mate”  nasce da un uliveto di 27 mila piante esposto alle brezze marine di Savudrjia. L’azienda vitivinicola di Cozzuolo, a pochi km da Vittorio Veneto, nel cuore della denominazione Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG, riprende l’antica tradizione di seguire le fasi della luna per produrre “Grappoli di Luna”, vino di punta de “La Vigna di Sarah”. Stanchi di vendemmiare? Si può soggiornare in una botte! Sì, avete capito…in una “Lunotta”, mini suites in legno di larice, costruite con materiali eco-sostenibili a forma-naturalmente- di botte!
  13. Paesaggi e cultura: leggere “Le ultime Lettere di Jacopo Ortis” passeggiando sui colli Euganei. Firmato il Trattato di Campoformio, ceduto il Veneto all’Austria, Jacopo fuggiasco e disperato si rifugia sui Colli Euganei, dove si innamora perdutamente dell’inafferrabile Teresa, promessa sposa ad Odoacre, uomo senza qualità. Che bello leggere il capolavoro di Ugo Foscolo che così descrive l’autunno dei Colli Euganei : “Che bell’autunno! addio Plutarco! sta sempre chiuso sotto il mio braccio. Sono tre giorni ch’io perdo la mattina a colmare un canestro d’uva e di pesche, ch’io copro di foglie, avviandomi poi lungo il fiumicello, e giunto alla villa, desto una famiglia cantando la canzonetta della vendemmia.” 
  14. Il risotto alla trevigiana: il Veneto nel piatto. Va utilizzato il riso vialone nano con il radicchio tardivo di Treviso tagliato a striscioline sottili brasato ad un soffritto di olio e cipolla o scalogno. Il brodo deve essere vegetale e può essere sostituito con acqua calda. Ottimo anche degustato il giorno dopo, passandolo in padella.
  15. La scuola enologica Cerletti di Conegliano: per “imparare il vino”. La scuola enologica Cerletti di Conegliano, la prima in Italia e uno dei più importanti punti di riferimento per la formazione in campo enologico a livello nazionale, fu istituita nel 1876. Fu voluta da Antonio Carpené e diretta dall’ingegnere Giovanni Battista Cerletti, a cui la scuola fu dedicata. Il modello a cui Cerletti si ispirò fu la rinomata scuola e centro di ricerca per i vigneti e frutteti di Klosterneuburg in Austria. L’istituto oggi offre percorsi formativi che comprendono sia l’istruzione tecnica (Istituto tecnico Agrario Cerletti) che l’istruzione professionale (Istituto Professionale per l’agricoltura e l’ambiente “Corazzini”). L’offerta si completa con corsi di formazione integrata superiore rivolti a diplomati, i corsi universitari della facoltà di agraria dell’Università di Padova con il corso di laurea in Scienze e tecnologie viticole ed enologiche e in Viticoltura, Enologia e Mercati Vitivinicoli.
  16. Il Prosecco: note di degustazione. Il vino Prosecco è caratterizzato da un colore giallo paglierino. All’olfatto, rivela un bouquet che si distingue per le note di mela verde, pera e pesca, con note floreali di glicine, rosa e acacia e una nota acidula di limone e cedro. La caratteristica principale è la nota di crosta di pane dovuta ai lieviti, a cui si aggiungono nei prosecchi rifermentati i profumi fruttati di banana e ananas.
  17. La pasta e faxòi, pasta e fagioli: un piatto che nasce dall’incontro di culture diverse. Un piatto della tradizione “povera” invernale della cucina italiana, spesso arricchito con qualche “péndola” di carne o osso di maiale salati o affumicati e dalla patata che gli conferisce la caratteristica cremosità. A Verona la si arricchisce con cotiche di maiale. Un piatto sostanzioso che può sostituire la carne. Si può aggiungere a termine della cottura del formaggio. La ricetta è legata alla storia veneta, dal momento che furono i Veneziani a portare in Europa i fagioli, originari delle Americhe.
  18. I vigneti dell’Amarone: la vendemmia in Valpantena. Nel mezzo della Valpantena, tra  Verona e i monti Lessini, troviamo la Cantina della Valpantena, una delle più importanti realtà vinicole del veronese, produttrice di Valpolicella, Ripasso e Amarone di grande qualità. Scoprire il Veneto: amarone. La valle, il cui nome deriva dal greco pan-theos, valle di tutti gli dei, vanta una storia antichissima. La Cantina nasce nel 1958 come associazione cooperativa tra alcuni viticoltori veronesi, oggi raccoglie circa 300 aziende agricole veronesi. Ha da poco festeggiato il sessantesimo anniversario, presentando una nuova linea prestigiosa: Brolo dei Giusti. Le previsioni per la vendemmia 2018 sono ottime, ma ve ne parleremo presto al ritorno della nostra visita alla Cantina Valpantena.
  19. Il dialetto: alcuni detti popolari per aiutarci a scoprire il Veneto. Te sì come l’oco de Bepi che traversa el canae p’andare a casa a bévare. Sei come quello scemo di Bepi che va a casa per bere. Fai un sacco di cose per arrivare alla soluzione che hai sotto il naso. Boca sarà no ciapa musàti. Bocca chiusa non prende zanzare, ovvero chi tace non ottiene nulla. Ti ga butà in aséo/in vaca. Hai buttato in aceto o in vacca. Hai rovinato tutto quello che si è fatto. Ti ga i oci da pesse stracco. Hai gli occhi da pesce stanco. Avere uno sguardo triste o da tonto. Drito come un ganso da becàro. Dritto come il gancio del macellaio. Indica situazioni poco chiare. Testa da brombi. Testa per gli amoli. Gli amoli (brombi in dialetto) sono piccole prugne selvatiche. Si descrive una persona sciocca. Magnàrghe i risi in testa. Mangiargli il riso in testa. Essere superiori.
  20. La processione della Grande Rogazione di Asiago: ringraziamenti e pegni d’amore. Lunga 30 km in uno scenario di straordinaria bellezza, si svolge ad Asiago (Sleghe in cimbro) quaranta giorni dopo la Pasqua, il sabato che precede la festa dell’Ascensione. E’un rito che prevede la recita di diverse preghiere e canti di ringraziamento in cimbro. In origine era nato per chiedere la fecondità dei campi e la buona salute del popolo. A seguito di un’epidemia di peste, nel XVII secolo, si trasformò in un rito di ringraziamento per essere riusciti a sconfiggere la pestilenza. Durante la festa le donne innamorate donano ai loro uomini uova colorate con estratti dai fiori ed erbe raccolti nei giorni precedenti.
  21. Una passeggiata a Conegliano: scoprire la storia e la cultura veneta. Partite dalla Scalinata degli Alpini, che porta a Piazza Cima. Scoprite così Contrada Grande con i suoi bei palazzi storici. All’interno di Palazzo Sarcinelli vi è un fregio del misterioso pittore Riccardo Perucolo, pittore di cui non sappiamo nulla a causa della condanna alla damnatio memoriae per le sue idee filo-protestanti nel periodo della Controriforma. Sorprendente è la facciata dell’Hotel Canon d’Oro, l’antico Monte di Pietà. Palazzo Montalban custodisce la targa in ricordo della Contessa mazziniana Maddalena Montalban finita in carcere in nome dell’Unità d’Italia. Arrivate al Duomo, dedicato a Santa Maria Annunciata e a San Leonardo e costruito dai Battuti, una congregazione umbra che prestava aiuto ai poveri. La facciata affrescata è impreziosita da archi ogivali. All’interno si trova la Pala d’Altare (1492) di Gian Battista Cima.
  22. La casa di Eleonora Duse: quelle finestre che fanno da cornice al Monte Grappa. Nel 1920 Eleonora Duse prese ad Asolo in affitto la Casa Dell’Arco, un edificio bicolore, rosso e bianco, che poggia su un arco, dove oggi si trova una lapide voluta da Gabriele D’annunzio per ricordare il soggiorno asolano della grande attrice.Scoprire il Veneto: la casa di Eleonora Duse Passeggiando lungo via Canova, in corrispondenza della Porta di Santa Caterina che interrompe la prospettiva della via, si incontra la  casa che fu della grande attrice. La Duse ne entrò in possesso solo dopo la morte della compagna di un combattente nella battaglia del Grappa, che voleva ricordare l’amato affacciandosi alle finestre di quella casa per ammirare il luogo teatro della battaglia. Così spieghiamo il significato della celebre affermazione della Divina: “Allorché la mattina apro le imposte della mia camera, nel vano della finestra si inquadra il Monte Grappa. Allora metto due vasi di fiori sul davanzale. Ecco un altare”.
  23. Il dolce natalizio veneto: il pandoro. Il pane d’oro, poi chiamato pandoro, è nato nel 1884 a Verona. Il primo a proporlo sulle nostre tavole fu Domenico Melegatti, che depositò il brevetto al Ministero dell’Agricoltura e del Commercio del Regno d’Italia presentandolo come dolce natalizio. Lo chiamò pan d’oro in ricordo della tradizione veneziana di impreziosire i pani con le foglie dorate. Probabilmente si rifece al Nadalin, un tipico dolce veneto casalingo a forma di stella. O forse ad un’antica tradizione veronese. A Verona, molte donne, la sera della vigilia di Natale, si riunivano per impastare il Levà, un dolce lievitato ricoperto di granella di zucchero e mandorle. Melegatti eliminò la copertura per evitare difficoltà di lievitazione e aggiunse uova e burro per rendere morbido l’impasto. Se la ricetta del dolce fu merito suo, per la forma dobbiamo risalire al pittore Angelo Dall’Oca Bianca, che disegnò lo stampo a piramide tronca e a otto punte. Come per molti dolci della tradizione italiana, non manca un’altra versione relativa alla sua origine: sarebbe il frutto della rielaborazione della ricetta del pane di Vienna, simile alla brioche. Di sicuro ebbe subito successo, tanto che nacque la sfida delle mille lire, lanciata dallo stesso Domenico Melegatti. Chiunque avesse scritto la ricetta in modo corretto, avrebbe vinto una somma che all’epoca era un vero tesoretto. Per la cronaca, nessuno la vinse!
  24. Il Veneto narrato da un borgo: Asolo. Asolo fu definito da Giosué Carducci “la città dei cento orizzonti”. Eppure non ci andò mai, ne rimase affascinato dalle suggestioni nate grazie ad uno scambio epistolare con alcuni amici asolani. Scoprire il Veneto: AsoloIl poeta inglese Robert Browning elesse il piccolo paese come luogo di grande ispirazione, tanto da coniare il termine “asolando” per indicare lo stato d’animo di felicità che accompagna quelle passeggiate che ti fanno scoprire la bellezza del perdersi nei propri pensieri, godendo di un paesaggio meraviglioso. Il borgo, composto da sontuosi palazzi e ville storiche ombreggiate da cipressi, raccolto e protetto da antiche mura, dominato dalla Rocca, imponente costruzione medievale a guardia del centro abitato in cima al Monte Ricco, conserva ancora oggi un’impronta medievale. Frequentato da sempre da poeti e uomini di cultura, ha ospitato, tra gli altri, Pietro Bembo, Eugenio Montale, Giuseppe Ungaretti ed Henry James. È diventato famoso per essere stato il borgo amato da tre donne che ne hanno fatto la storia: la politica Caterina Cornero, la “Divina” Eleonora Duse e la viaggiatrice Freya Stark. Una curiosità? A pochi chilometri da Asolo, a Possagno, vi consigliamo di visitare la gipsoteca dedicata allo scultore neoclassico Canova.
  25. La pasticceria veneta: Pierluigi Perbellini. Pierluigi Perbellini è uno dei più bravi pasticceri italiani. Parlare con lui significa recuperare la storia della Pasticceria Perbellini, attiva da più di 100 anni. Tutto incomincia nel 1872, quando il patriarca Luigi fa il prestinaio all’Isola della Scala. Ma il vero fondatore della tradizione pasticcera è il figlio di Luigi, Giovanni Battista. Assecondando la sua passione, si trasferisce da giovane a Milano, dove lavora come apprendista pasticciere. Dopo pochi anni, per accrescere le sue conoscenze dell’arte dolce, soprattutto relativamente alla pasticceria asburgica, si reca dapprima a Graz e poi a Innsbruck. Tornato a Verona, trova lavoro in una drogheria cittadina, dove “crea” un’insolita variante del Nadalin, il classico lievitato natalizio del luogo. Nasce così l’Offella d’Oro®, la cui forma caratteristica è dovuta a uno stampo a forma di tronco di cono. Giovanni Battista riporta su un quaderno tutte le sue ricette, dando rilievo alla Pasta di Lievito, segno di una passione che trasmetterà alle generazioni future. Da Verona Giovanni Battista si trasferisce a Bovolone, dove prima lavora presso la pasticceria e drogheria Zanini e infine apre una sua attività, il Caffè Pasticceria Commercio Perbellini. Nel 1902 sposa Ida Maria, conosciuta come collega di lavoro da Zanini. Il loro quartogenito Ernesto, nato nel 1909, porta avanti l’attività della famiglia. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Ernesto è costretto ad abbandonare Bovolone: la pasticceria è ritenuta dal fascismo un genere voluttuario. Nel 1941 emigra in Germania, dove trova impiego come capocuoco e pasticciere presso l’Hotel Schönblick di Stoccarda. Tornato in Italia nel 1943, riprende l’attività di pasticceria e caffè ristorante con il fratello Ferruccio e la sorella Anna. In questi anni migliora la ricetta dell’Offella d’Oro®,crea il Dolce Dorato® e la Millefoglie Strachìn®,che, per le sue caratteristiche,è da preparare al momento. Nel 1954 le attività si dividono: a Ferruccio va il caffè ristorante e a Ernesto la pasticceria. Ernesto vi lavorerà con i figli Giovanni Battista, Enzo e Flavio. Oggi Giovanni Battista e a Flavio si sono aggiunti i figli Pierluigi e Laura, che continuano con passione una tradizione secolare.
  26. Vedere un’opera al Teatro Olimpico di Vicenza. Qualche idea? Teatro Olimpico a Vicenza. Scoprire il VenetoDal 4 al 7 ottobre “Oedipus”, basato sul testo classico Oedipus Tyrannos di Sofocle ideazione, scene, light design e regia Robert Wilson, dall’11 al 13 ottobre la prima nazionale di “Oro colato” -Cosa non v’ha piú trista del denaro (Sofocle, Antigone). Il mito della ricchezza da Re Mida al bitcoin – di e con Enrico Castellani, Diego Dalla Via, Marta Dalla Via, Carlo Presotto, Valeria Raimondi oppure la prima nazionale dal 20 al 21 ottobre di “Elettra” di Euripide, traduzione Caterina Barone e regia di Daniela Nicosia.
  27. Il radicchio: il re dei radicchi. Il Radicchio Rosso di Treviso IGP tardivo è il re dei radicchi. Classificato nelle famiglie delle cicorie, è coltivato in 24 comuni dell’area delimitata da Treviso, Padova e Venezia. Il tardivo è meno amaro, più croccante. Per crescere ha bisogno di molta acqua e di temperature basse. Si raccoglie tra novembre e febbraio. Si presta ad essere mangiato crudo o cotto, anche alla griglia. Ottimo da proporre nei taglieri di formaggi con miele e noci. Si può trasformare in gelatina o confettura.
  28. Andare a pranzo o a cena al ristorante Patio dell’Hotel Regina Adelaide di Garda. A Garda il ristorante Regio Patio dell’Hotel Regina Adelaide di Garda puoi degustare la cucina dello chef Andrea Costantini. Di origini friulane, classe 1974, allievo di Bruno Barbieri, propone una cucina italiana rivisitata. Non ama i piatti troppo complessi, cucina ciò che vorrebbe trovare nel piatto. Piatti eleganti, mai eccessivi. Assolutamente da provare la lattuga con cioccolato bianco, miele, polline e olio del Garda. Un quasi dolce, dove il dolce e il salato si sposano mirabilmente anche grazie al gioco delle consistenze.
  29. L’aperitivo veneto per eccellenza: lo Spritz. Ecco la ricetta del più amato aperitivo Made in Italy, ormai conosciuto e apprezzato in tutto il mondo: 3 parti di Prosecco, 2 parti di Aperol e 1 di Soda.
  30. Un museo per “vivere” la Grande Guerra. Nelle stanze del cinquecentesco palazzo della Comunità di Ceneda, nei pressi di Vittorio Veneto, c’è un museo imperdibile per capire che cosa è stata la Prima Guerra Mondiale. Tutto ha inizio da Luigi Marson, un “Ragazzo del ’99” di Vittorio Veneto, che donò alla comunità gli oggetti legati alla sua esperienza bellica. Oggi queste preziose testimonianze, a cui se ne sono aggiunte altre sono custodite nel Museo Della Battaglia (info@museobattaglia.it). Al piano terra è stata ricostruita una trincea che, attraverso un percorso tortuoso ti cala nei suoni e nello spirito di un luogo dove persero la vita molti giovani italiani. Filmati, effetti sonori, visivi e olfattivi  consentono di immergersi completamente in questa realtà per molti aspetti sconosciuta. Al secondo piano si trovano le stanze dedicate al periodo dell’occupazione militare in seguito alla Ritirata di Caporetto e l’Armeria Marson. Al terzo piano si scoprono le vicende di quella che fu la Battaglia Finale che consentì all’esercito italiano di avere la meglio sulle truppe austro-ungariche.
  31. Le ville del Palladio. Le Ville Palladiane, Patrimonio dell’Unesco , quasi tutte in provincia di Vicenza, costruite nel 500 su commissione delle famiglie più ricche e importanti sono veri capolavori dell’architettura italiana. Da La  Rotonda alla Villa di Caldogno fino alla Villa Godi Malinverni  e alla Villa Barbaro.
  32. Il Ponte degli Alpini: un pezzo di storia italiana. A Bassano del Grappa il Ponte di Bassano, ovvero il Ponte degli Alpini, costruito sul fiume Brenta su un progetto di Andrea Palladio. Un ponte importante anche per la memoria storica: da qui passarono le truppe del generale Cadorna durante la Prima Guerra Mondiale. Chi non ricorda la canzone: “Sul ponte di Bassano, là ci darem la mano…” e l’usanza di berci sopra il “mezzo e mezzo”, l’aperitivo più famoso dell’intera zona? Ma a Bassano non c’è solo il ponte. Ci sono diverse ville e palazzi storici tra cui Villa Angarano, Villa Rezzonico, Palazzo Sturm, Palazzo Bonaguro. Da non perdere anche una visita al Duomo e alla Chiesa di San Francesco. La parte superiore della città è dominata dallo storico Castello degli Ezzelini. Imperdibile una visita in una grapperia.
  33. Un piatto di sarde in saòr: un tuffo nella gastronomia veneziana. Le sarde in saòr sono una ricetta veneziana creata per insaporire un pesce povero, che in tal modo poteva essere conservato anche una decina di giorni. Le sarde, pulite vanno fritte e irrorate con vino e aceto. Si aggiungono pinoli e uvetta, e, prima di infornare, si fanno diversi strati con la cipolla marinata. Sono da servire fredde come antipasto.
  34. Uno chef che fa della trasgressione la sua regola: Giuliano Baldessari. Giuliano Baldessari, chef del ristorante Aqua Crua a Barbarano Vicentino (in provincia di Vicenza), ama trasgredire e sperimentare in cucina. La sua ultima creazione?Scoprire il Veneto: la Muffa dello chef Baldessari La Muffa. un controfiletto di fassona piemontese, da allevamento biologico del Consorzio La Granda, che è marinato con un’iniezione di Penicillium Candidum, una muffa bianca usata  per produrre formaggi, e lasciato ammuffire alla temperatura controllata di 20° per tre, quattro settimane. Il fungo agisce abbassando drasticamente il ph della carne, tutelandola dall’aggressione di microrganismi patogeni e donando al controfiletto un sapore simile alla crosta del formaggio brie.
  35. Bere nelle cantine del Consorzio dei vini dei Colli Berici Vicenza Doc. I Colli Berici Vicenza Doc hanno un grande merito: esaltare nel bicchiere la geodiversità. Scoprire il Veneto: colli berici e il vinoParliamo di un territorio con un forte potenziale enologico. Qui si possono coltivare più tipologie di vino. I suoli calcarei ben si adattano alla produzione di vini a bacca rossa, mentre quelli basaltici ai vini a bacca bianca. Ottimi i bianchi Sauvignon e Garganega, così come i  rossi di grande struttura come Cabernet, Merlot, Carménère e Tai Rosso, vitigno autoctono su cui molti produttori puntano.
  36. Il più importante Festival del cinema italiano: il Festival di Venezia. Il Festival del Cinema di Venezia 2018 si svolge dal 29 agosto all’8 settembre. In Laguna tornano film, ospiti e si organizzano grandi eventi per festeggiare la 75°edizione.
  37. Fare il ficcanaso: ascoltare i veneti mentre parlano tra loro in dialetto. Il veneto è una lingua assai colorita. Con una propria grammatica, un vocabolario costruito grazie alle numerose influenze derivanti dalle diverse popolazioni che hanno dominato il territorio o che hanno incontrato nella storia la popolazione.
  38. Il risi e bixi, minestra di riso, brodo e piselli con l’aggiunta di pancetta. La  minestra di riso e piselli è un piatto tipico della tradizione gastronomica della Serenissima Repubblica di Venezia. La ricetta primaverile si diffuse velocemente nelle aree interne fino al vicentino. Fatto con piselli e riso vialone nano, era usanza offrirlo  al doge il 25 aprile in occasione della festa di San Marco. É probabile che l’origine della ricetta sia bizantina. Nella ricetta tradizionale si fa il brodo con l’aggiunta dei baccelli dei piselli. Alla fine della cottura si frullano e si lasciano sul fondo del brodo. Prima dell’utilizzo passarlo al setaccio. La minestra può essere conservata in frigo per un paio di giorni.
  39. Fischiettare le arie di un’opera nelle strade di Verona e poi andare ad ascoltarla all’Arena di Verona. Per me è stata la Carmen di Georges Bizet. Emozionante!
  40. Il pan biscotto: un pane adatto ad accompagnare tutte le pietanze. Di origine veneta, è ancora oggi assai consumato nel Basso Vicentino e nel Polesine. Era tradizionalmente prodotto nelle “casade” o fattorie di campagna, dove c’era un forno a legna utilizzato dai salariati. Le famiglie facevano il pane ogni 15 giorni, per cui occorreva fare un prodotto con una lunga conservazione. Anche Venezia produceva parecchio pan biscotto o gallette. Utilizzato sulle navi già nel 1280, c’era una magistratura che ne controllava la fabbricazione, usato in alternativa a quello fresco. Le famiglie ne tenevano una scorta e se non potevano farlo usavano come alternativa la polenta.”Col pan tuto xsè più bon” e così lo si accompagnavano ad ogni tipo di pietanza, persino alla frutta: pan e pomo, pan e pero, pan e nose, e persino pan e anguria! Tradizionalmente si consumava inzuppato nel latte, nelle zuppe, nel vino, per accompagnare i formaggi e gli insaccati.
  41. Una passeggiata: a Arquà Petrarca e a Monselice. A sud di Padova merita una tappa Arquà Petrarca, un borgo davvero affascinante, dove visitare la casa del Poeta. Qui, se siete amanti della fotografia, troverete degli scorci mozzafiato per foto indimenticabili!  Petrarca, bellissimo borgo in cui oltre a fotografare moltissimi scorci potete visitare anche l’antica casa dell’omonimo poeta. A pochi chilometri Monselice, dove potete cimentarvi  nel cammino delle 7 chiesette.
  42. Carlo Mazzacurati: leggere il Veneto con gli occhi di un regista. Nei suoi film aveva raccontato il Veneto, lontano da tanti stereotipi.Scoprire il Veneto: Mazzacurati e i suoi film che narrano la provincia Aveva narrato storie di provincia, storie di perdenti, senza indulgere alla spettacolarizzazione dei sentimenti. I suoi documentari dedicati a Venezia e a Meneghello, Zanzotto e Rigoni Stern sono pura poesia. Spesso i veri protagonisti dei suoi film sono i paesaggi provinciali, meglio se campagnoli. I loro colori, i loro ritmi lenti, i loro silenzi danno vita a personaggi talvolta gretti o consolanti, conformisti o creativi, ostili o solidali. D’altra parte la vera Italia è rappresentata dalla vita di provincia. Alcuni titoli? “Il prete bello”, “Un’altra vita”, “Il toro”, “Vesna va veloce”, “La lingua del Santo”, “A cavallo della tigre”, “L’amore ritrovato”, “La giusta distanza”, “La Passione”.
  43. Pane & Territorio: il Montasù. Conosci il Montasù, il pane tipico del Veneto, in particolare della zona di Mestre e Venezia? É un pane dalla crosta sottile, dal colore dorato e morbido per la lunga fermentazione in luoghi con un buon grado di umidità e per la cottura in presenza del vapore. La forma tradizionale è ottenuta da cornetti sovrapposti tra loro a due a due in moda da formare una specie di croce.
  44. La cucina veneziana: una finestra aperta sul mondo. I nobili veneziani erano amanti della cucina Mitteleuropea e sensibili alle abitudini francesi. La cucina veneziana fu una delle prime a introdurre lo zucchero al posto del miele; l’olio di oliva e il burro, al posto dello strutto, del lardo e del grasso di oca. Oggi, al di là della tradizione, la proposta più diffusa e apprezzata da tutti è il tramezzino veneziano.
  45. Il dolce dedicato ad Eleonora Duse: la Ghisola. Ghisola è un nome che sa di passione, di amore, di antico. Ghisola era l’affettuoso nome con cui Gabriele D’Annunzio chiamava la Duse. Il nome del dolce è un tributo al lavoro contadino: vuole ricordare la passione necessaria per coltivare mele, ciliegie e mais. La torta nasce in occasione della edizione 2016 de “La Fucina del Gusto”, l’evento eno-gastronomico di Asolo e della Pedemontana del Grappa, organizzato con l’obiettivo di fare conoscere l’eccellenza dei prodotti tipici locali e della storia dei luoghi. Il dolce è stato creato in collaborazione con Leonardo Di Carlo, campione del mondo della pasticceria e realizzato con prodotti tipici del territorio quali la farina di mais bianco perla e le mele antiche di Montefumo.

Scoprire il Veneto: la Ghisola. il dolce dedicato a Eleonora Duse

 

 

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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