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Arriva il vino blu, ma ce ne era veramente bisogno?

Avete mai sentito parlare del vino blu?

Rosso, bianco, rosè, bollicine: la descrizione di una carta dei vini.  In Portogallo si può trovare vino verde, ma è solo un vezzo “nazionalista”. Ora però si rischia la rivoluzione. Mai sentito parlare di vino blu? Presto ordineremo un blu? Sembra di sì.

Un’azienda vitivinicola della regione spagnola dell’Almeria – e non l’ultima arrivata – ha sperimentato un processo di vinificazione, il cui risultato è un vino blu come il blue curaçao dei cocktail estivi dei primi del 900. Come si ottiene? Lasciando il mosto bianco (Chardonnay) a macerare sulle bucce di uva rossa. In quale occasione sorseggiarlo? In riva al mare o a bordo piscina, con ostriche e frutti di mare. Obiettivo raggiunto? Effetto glamour. Tutto naturale, secondo i produttori. Sicuramente un grande successo in Giappone. E in Europa? Nel Sud della Francia sembra spopolare!

Il vino blu Vindigo assume i colori dell’acqua del mare. L’imprenditore francese René Le Bail lo vende a 12 euro a bottiglia. Il gusto? Sentore di ciliegia, lampone e frutto della passione, estremamente fruttato. Per assaggiarlo? Vendita on line in tutta Europa.

Domanda: aggiungere bucce rosse al vino bianco è legale? Perchè poi creare un vino con il colore meno food che ci sia? In realtà l’esperimento fu già tentato nel 2016 dall’azienda spagnola Gik, ricavandolo da un blend di uva rossa e bianca con aggiunta di antociani e di indigotina. Il tutto fu bloccato dal governo spagnolo e dalla Unione Europea in quanto non rispettava il disciplinare europeo sulla vinificazione. Stesso destino del vino blu Alcantara o del Prosecco blu firmato Blumond di Saraceni Wines.

E ora? Se per i profani è divertente e instagrammabile, per i loverswine è una bestemmia! Vino o bevanda a base di vino? Un modo per contrastare lo strapotere dello spritz? Solo una moda estiva? O abile operazione di marketing?

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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