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Conosci i piatti della cucina coreana e il loro valore culturale? 10 suggestioni in nome di cibo e cultura

La Corea del Sud, paese di tradizione contadina, propone una cucina ancora poco conosciuta in Italia. Tu la conosci?

Negli ultimi anni, l’ondata coreana (nota anche come hallyu) ha travolto l’Occidente. Dopo il successo di Squid Game e di Parasite è la volta del cibo

Il successo di film come Parasite (vincitore del premio Oscar nel 2020), di serie tv come Squid Game, di gruppi musicali e di soap opera, chiamate K-drama cominciano a far parlare di Corea del Sud e di cucina coreana. Ma tu conosci i piatti della cucina coreana? Ne dubitiamo. La maggior parte delle persone hanno conosciuto la cultura enogastronomica coreana attraverso la diffusione del fenomeno Mukbang. Sui social, da Tik Tok a Instagram fino a YouTube, spopolano video di ragazze orientali che mangiano in modo ossessivo. Visioni che certo non aiutano ad approfondirne la conoscenza, facendoci preferire le proposte giapponesi e cinesi.

La nascita del fenomeno terrificante del Mukbang, nulla a che vedere con i piatti della cucina coreana

Il Mukbang nasce nella Corea del Sud circa 10 anni fa su Afreeca TV, una piattaforma streaming sudcoreana. Interminabili video, postati nell’orario dei pasti, ritraggono giovani donne asiatiche intente a divorare cibo. Il nome di tale bizzarro fenomeno deriva dalla crasi del verbo coreano Muk-ja, mangiare, e dall’espressione bang-song, broadcasting live, ovvero trasmettere. Si tratta di video artigianali, ma assai curati: dalla scelta di cibi che permettono di udire i suoni della masticazione catturati da potenti microfoni fino all’utilizzo di luci che ne esaltano i particolari. Ma questo fenomeno non ci aiuta a comprendere il reale significato culturale della cucina coreana.

Perché tutti parlano di cultura coreana, ma pochi conoscono i piatti della cucina coreana

cucina coreana

In Italia conosciamo il sushi, il ramen, gli spaghetti di soia, gli involtini primavera o il gelato fritto, ma quanti di noi hanno mai assaggiato il tok bokki, il bulgoghi, il bibimbap, il kimbap o più semplicemente il kimchi? Il cibo è una forma di comunicazione che facilita l’incontro tra i popoli per la sua semplicità e immediatezza. Ha la grande capacità di fare conoscere e apprezzare culture diverse, ma perché ciò avvenga dobbiamo essere curiosi e aperti ad avvicinarci a ciò che ci è estraneo.

Quando il cibo diventa un mezzo per la promozione turistica

L’ Economist nel 2002 conia il termine food diplomacy o gasyrodiplomacy per spiegare come  la Thailandia usasse il cibo come forma di promozione turistica, creando un’identità accogliente. Un esempio italiano di food diplomacy è stata Milano con Expo 2015. Il cibo non è solo convivialità, ha numerosi risvolti economici. Se nel 2002 nel mondo erano censiti 5000 ristoranti thailandesi nel mondo, nel 2018 il numero raggiungeva le 15.000 unità.

La Thailandia, il cibo e il turismo

Il governo thailandese per dare una spinta al turismo internazionale dal 2000 ha promosso con incentivi economici l’apertura di ristoranti thailandesi e attività legate al food all’estero.Un successo che ha favorito anche la crescita del turismo internazionake (40 milioni di turisti solo nel 2019!).

La Corea del Sud studia il modello thailandese e nel 2009 inizia ad attuare una politica simile a quella del grande paese asiatico I ristoranti coreani all’estero triplicano velocemente: da 9.253 a 33.499. La prova che gli sforzi messi in campo danno i loro frutti è il nuovo interessamento della Guida Michelin che ha inserito la Corea del Sud tra i paesi degni di recensioni. Al momento la “rossa” si concentra su Seoul.

Cibo e cultura: che cosa significa il cibo nella cultura coreana

Il cibo occupa un posto importante nella cultura corena. Non è solo considerato importante per il raggiungimento del benessere psico-fisico, ma simboleggia anche il potere sia politico che familiare. Non vi dovete meravigliare se prima di sedervi al tavolo vi chiederanno l’età. Gli anziani mangiano per primi! Non solo, se in Corea del Sud, è il più giovane del tavolo a servire da bere agli altri commensali, è il più anziano a decidere quando va di nuovo tiempito il bicchiere.

…e oggi?

I coreani amano mangiare, ma lo fanno seguendo rigide norme. Ci sono molti ristoranti che propongono un solo piatto da consumare velocemente. E se la fame persiste? Si mangia a tappe, frequentando nella stessa serata più ristoranti.

Più tranquilla la merenda considerata il momento migliore per rilassarsi e fare quattro chiacchiere. Nelle caffetterie e nelle sale da té si ordinano dolci e torte. L’importante è che siano instagrammabili!

Alcune regole per mangiare alla coreana

  • Abituarsi a mangiare accovacciando le gambe. I tavoli sono bassi! In Corea ci si siede sui cuscini.
  • Si tolgono le scarpe e le si lasciano fuori dal ristorante.
  • Sul tavolo ci sono bacchette d’acciaio e cucchiai.
  • Si porta la bocca al piatto o alla ciotola e non viceversa. Mai sollevarli!
  • Gli scarti del cibo vanno messi in un tovagliolino o in fazzoletto.Mai lasciare quialcosa nel piatto, sembrerebbe che il pasto non sia stato di vostro gradimento.
  • A capotavola si siedono gli anziani, che sono serviti per primi.
  • Tutti devono mangiare con lo stesso ritmo. Nessuno deve pensare che il pasto non vi piace o che avete fretta di andarvene. Sempre adeguarsi ai tempi del più anziano.
  • Quando si è finito di pranzare o cenare piegare il tovagliolo.
  • La mancia è offensiva, mai lasciarla.

Un tratto comune dei piatti della cucina coreana: il piccante

Sicuramente la piccantezza è il tratto comune dei piatti coreani. La cucina piccante, il protagonismo del peperoncino in tante ricette ci ricordano che tale spezia è stata importato dai portoghesi dopo la scoperta delle Americhe e che divenne ben presto un ingrediente fondamentale della cucina povera, contadina. Era usato soprattutto per conservare le verdure e poterle così mangiare anche dopo diversi giorni.

Tra i piatti della cucina coreana non può mancare il kimchi

Il kimchi – a base di cavolo Napa fermentato – è l’autentico Made in Corea. Ha una storia antichissima ed è considerato dai coreani del Sud una sorta di elisir di lunga vita. La sua origine risalirebbe al 37 a.C, quando i coreani erano già conosciuti nel mondo asiatico per la loro capacità di fermentare gli alimenti.

Dal gusto deciso e dall’odore pungente, può essere proposto da solo o abbinato al riso o a secondi piatti di pesce o di carne. In genere, è preparato con verdure fermentate, salsa di pesce  e spezie.

Conoscete il Soju, il distillato coreano ottenuto dal riso?

In piccole bottiglie da 360 ml o anche da 200 ml il Soju è il protagonista di molti film e serie tv. Si tratta di una bevanda alcolica distillata. L’ingrediente tradizionale per produrlo e è il riso, ma lo si può trovare con altri ingredienti quali patate dolci, grano, orzo e tapioca.

L’origine del soju risale al XIII secolo ed era utilizzato sia come bevanda che come rimedio medicale. In origine era bevuto solo dai più ricchi, poi si cominciò a produrlo anche in casa. Nel 1965, causa la scarsità di riso, il governo vietò il suo uso per produrre la bevanda e fu allora che si iniziò a utilizzare altri cereali. Nonostante nel 1999 il divieto fu revocato, molti scelsero di continuare a usare i suoi sostituti. Oggi esistono anche versioni aromatizzate con la frutta. Oggi viene utilizzato anche mixato con altre bevande. Ovviamente accompagna molti piatti della cucina coreana.

La nostra esperienza al ristorante Hana a Milano

In via Giuseppe Mazzini, a due passi dal Duomo, c’è il ristorante Hana. Un ristorante minimal che mette al centro la proposta dei piatti della cucina coreana. Oltre ai diversi tipi di noodles, consigliamo famelicamente di provare i tok bokki, gli gnocchi di riso coreani proposti in 3 varianti. I piatti mantengono un solido legame con la cultura coreana, ma sono rivisitati in chiave moderna. Ottime poi le frittatine di kimchi, i calamari e la pizza coreana con cipolle o pesce. Sul tavolo è possibile usare la piastra per cucinare da soli le pietanze.

 

 

 

 

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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