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Cibo è cultura, ma noi siamo diventati analfabeti funzionali!!!

Quando abbiamo perduto la capacità di tramandare le nostre conoscenze gastronomiche? Perchè siamo ossessionati dal cibo ma in realtà non sappiamo che cosa mangiamo? Come mai siamo vittime di mode, incapaci di comprendere il reale valore del food?

Nel 900 almeno una generazione ha smesso di cucinare. Il risultato è stata lo spezzarsi della catena di trasmissione del sapere gastronomico. Conseguenza? Abbiamo smesso di capire che cosa c’è nel piatto e di essere sostenibili. E una parte di colpa è degli chef e del loro modo d’intendere la cucina.

L’ossessione degli chef per la creatività nella cucina gourmet

L’ossessione per la ricerca della creatività in cucina è originalità o traccia di un ossessivo egocentrismo? Gli chef nelle loro interviste esaltano solo se stessi, parlando del proprio gusto, della propria idea di bellezza e di armonia. In realtà il cibo ha una forte componente di condivisione, di capacità d’incontro del gusto e di appropriazione della cultura dell’altro. Più che la passione per la cucina sembra dominare l’eccessiva dipendenza da un riconoscimento pubblico.

Il termine creativo è diventato un termine abusato, banalizzato. Come ha sostenuto Jorge Luis Borges, il segreto della creatività risiede nell’arte del copiare. I libri nascono dalla capacità di ripetere e dall’infinita combinazione di caratteri che scaturisce dalla riproposizione di temi riconosciuti culturalmente. Il copiare di Borges è sinonimo di perfezione ed è un cammino che paradossalmente spinge ad una creatività più raffinata rispetto alla disperata ricerca dell’originalità. É molto più eroico percorrere un sentiero scoprendone le potenzialità che cedere alla folle pretesa dell’originalità elevata a scopo.

L’uomo sembra aver perso l’umiltà della ragione: solo Dio può creare ex nihilo. La genialità dell’uomo è lavorare su ciò che è stato tramandato per combinarlo in modo diverso. L’apprendimento è un viaggio lungo, difficile ma consente di avere a disposizione gli strumenti per trovare nuove vie. I grandi chef, con l’ossessiva ricerca dell’innovazione, si trasformano in cattivi maestri, consegnando ai giovani la chiave per perdersi nei gironi dell’Inferno. Il loro insegnamento crea solo l’ansia di cercare di essere innovativi ogni giorno.

La dittatura della creatività

Copiare dà vita a più stili, a più interpretazioni , a un concerto di voci che esprimono una cucina che diventa identitaria e allo stesso tempo democratica. La dittatura dell’essere creativi crea un’ossessione che si trasforma solo in frustrazione. Solo copiando e poi imitando, si può raggiungere una perfezione che chiede di essere superata. Solo chi è curioso, solo chi è affamato di verità, saprà lasciare un segno nella storia della cucina. Ci riesce solo chi studia, chi copia per poi cercare un proprio stile e alla fine dare voce allo spirito del proprio tempo. Lo chef che poi sa, come Shakespeare, superare i confini della propria epoca, rimane un punto di riferimento per sempre per l’umanità.

Confondere la moda del food con la verità del cibo

Abbiamo perso il valore culturale del cibo, non sappiamo più riconoscere gli ingredienti di stagione, non conosciamo come utilizzare gli avanzi che giacciono tristemente nel nostro frigorifero. In definitiva confondiamo la moda del food con la verità del cibo. Siamo vittime di mode, fingendo di ignorare che nascondono il vorace mondo del business. Come il mondo della moda, l’universo del food conosce tendenze che nascono, si impongono e muiono nel giro di brevi primavere. Talvolta si ripropongono, più spesso si dimenticano.

Oggi il cibo è piacere o solo esibizionismo?

Parlare di cibo oggi vuol dire chiedersi se sia un reale piacere o solo una forma di esibizionismo. É ricerca del buono o del piacere effimero, il cui scopo è la conquista di un like? Si è trasformato solo in un mezzo per decretare il successo di un post, di una trasmissione televisiva o di un libro? Raramente si parla di cultura del cibo, del suo valore identitario, preferendo l’immagine, l’apparenza.

Il cibo e i social, ricordando che cibo è cultura

La rete, i social sono invasi da spunti sulla cucina gourmet, sull’alimentazione sana, sulle diete, sugli stili alimentari, su ricette della tradizione che hanno perso il gusto di rappresentare un’identità familiare o territoriale. Si è creata una sorta di pornografia culinaria. É importante che ciò che c’è nel piatto sia fotografabile al solo scopo di raccogliere consensi. Le informazioni autentiche sul cibo sono poche e spesso fuorvianti.

Ossessionati dall’immediatezza, dalla velocità, rifuggiamo dai tempi necessari per la riflessione. Ci siamo dimenticati che “il troppo stroppia” e così viviamo nella società dell’eccessivo, dell’inutile, del superfluo. Siamo, per esempio, certi che il successo del vegetarianesimo o del veganesimo sia conseguenza di una scelta consapevole? Meglio seguire la moda green o essere green?

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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