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Kaiseki, la vera cucina giapponese gourmet (e i falsi miti)

Non solo sushi, la cucina giapponese è ben più ricca di proposte culinarie

Spesso crediamo di conoscere la cucina giapponese, ma in realtà nei ristoranti degustiamo la sua rivisitazione occidentale. Non è sempre facile trovare il locale che ne propone una versione autentica

La vera cucina giapponese gourmet è la Kaiseki. Ma partiamo dall’inizio. Washoku, ovvero cucina giapponese. Un termine che racchiude un mondo che conosce diverse declinazioni. Si va dalla cucina regionale alla cucina gourmet. Con più di 500 anni alle spalle, la cucina kaiseki, originaria di Kyoto, è una delle più raffinate, il cui massimo obiettivo è il raggiungimento dell’armonia.

É il trionfo dell’ estetica gastronomica giapponese: il cibo è presentato in recipienti di lacca, ceramica, legno o bambù e viene proposto in base all’ordine in cui è stato cucinato. Sulle tavole la natura è la protagonista: fiori di loto diventano ciotole, foglie di bambù decorano i piatti. Alla fine del pasto, in base a regole codificate, è sempre servito del riso e della zuppa.

L’origine del nome kaiseki

Formato dalle parole Kai “seno” – e Seki – “pietre” – il termine deriva dall’usanza dei monaci durante il loro allenamento di indossare pietre calde sotto i loro sai, il cui calore aveva lo scopo di lenire il freddo e la fame. La parola ha poi designato uno spuntino leggero.

Come nasce la cucina kaiseki

Sen no Rikyu (1522-1591), un famoso maestro della cerimonia del tè, per contrastare l’alto contenuto di caffeina nel tè verde, ha consigliato di servire spuntini in modo che si potesse gustare meglio il tè.

La proposta  di Rikyu era molto semplice, una ciotola di zuppa di miso e tre contorni, ma la cucina è diventata più sofisticata man mano che venivano aggiunti più passaggi e preparazioni, e con il sake come nuovo abbinamento.

Kaiseki, la vera cucina giapponese gourmet

É una cucina che rispetta la stagionalità in modo da esprimerne lo spirito. Non solo, alla ricerca dell’armonia, segue la teoria cinese dello Yin-Yang e dei cinque elementi: i piatti propongono cinque sapori – dolce, acido, piccante, amaro, salato– e cinque colori – rosso, verde, giallo, nero, bianco– cinque metodi di cottura utilizzati – alla brace, bollito, fritto, cottura al vapore, crudo.

Nessun elemento deve prevaricare l’altro e l’armonia deve essere rispettata anche nell’impiattamento, dove simmetria e asimmetria devono corrispondere a una disposizione triangolare dei piatti.

L’essenza della cucina Kaiseki, dove conta anche la forma

cucina giapponese

La cucina giapponese si esprime attraverso il coinvolgimento di tutti i cinque sensi; dal tatto, attraverso l’utilizzo delle bacchette, fino al gusto, che si spinge alla ricerca della sensualità e dell’equilibrio nella ricerca dell’ omotenashi , ovvero di quell’ ospitalità che nasce dal cuore. Chi la degusta deve sentirsi speciale.

Tradizionalmente la cena era composta da meshi (riso al vapore), shiru (zuppa) e mukozuke (sashimi), oggi le portate sono circa una decina. L’antipasto sakizuke  è servito con sake, poi è la volta del nimono cucinato a fuoco lento e infine dal sashimi. L’hassun indica la proposta stagionale, mentre lo yakimono (piatto alla griglia) precede lo shokuki a base di riso prima della conclusione con il dolce e il tè matcha.

Dove mangiare la cucina Kaiseki

In Giappone la si trova servita a Kyoto nei ryokan, gli alberghi medio-piccoli, tradizionali giapponesi, il cui stile è rimasto pressoché immutato nel tempo. Qui la cucina kaiseki si esprime anche nelle colazioni, dove vengono serviti assaggi che richiamano i pasti serali, sia pure in versione più leggera.

Il saké per accompagnare la cucina kaiseki è un dovere

sakè

Gli occidentali considerano il sakè alla stregua di un digestivo. Nulla di più falso. In realtà si degusta come un vino, come aperitivo o a tutto pasto. Ci sono saké con aromi leggeri e fruttati che si prestano ad accompagnare molti piatti. Un esempio? Il junmai ginjo, i cui aromi possono variare dal melone alla mela con un pizzico di acidità, si sposa bene con un carpaccio di pesce bianco o con dei piatti a base pollo.

Un consiglio famelico: un abbinamento per un aperitivo

Un consiglio famelico? Organizza un aperitivo con saké e un tagliere di formaggi. Scegli un saké kimoto, frutto di una tecnica ancestrale di produzione senza lieviti aggiunti. Sono i lieviti presenti nell’aria  che penetrano nel riso e aumentano la sua concentrazione di acido lattico, regalando note di yogurt e porridge.Per il tagliere di formaggi scegli formaggi di capra.freschi. Per formaggi stagionati opta per per un jubnai daigiinjo, né troppo fruttato né troppo secco.

…oltre la cucina kaiseki

Il makis

E se non puoi rinunciare al makis, presta attenzioine a questi fattori:

  • il riso non deve essere troppo cotto
  • la foglia nori non deve essere gommosa

Come dovrebbe essere il makis?

  • leggero e croccante
  • avere note iodate

I segreti per fare l’hand roll a casa

La vera versione giapponese autentica del makis? Gli hand rolls. Sono realizzati con il pesce ikekine, un metodo per uccidere l’animale senza soffrire in modo che la sua carne non si contragga. Il pesce risulta tenerissimo!

Se vuoi fare a casa l’hand roll, devi usare riso tiepido, a cui si aggiunge poco aceto. Il riso va aerato con una spatola. I chicchi devono staccarsi completamente. L’alga deve essere appena arrotolata per mantenere la croccantezza. Attenzione: è un piatto che non sopporta l’umidità.

Ma è vero che il kobe sia la migliore carne al mondo?

Falso. Di certo la più famosa, è uno dei tanti nomi per indicare la carne wagyu (manzo marmorizzato). Ad esempio il manzo Ito Ranch, il cui punto di fusione è 12°C, si scioglie in mano!

In Giappone la carne è un accompagnamento, non serve per nutrire! Serve per dare piacere, Cento grammi a persona sono più che sufficienti! Per una cottura perfetta al barbecue, si sceglie un carbonebinchoton, che cuoce a temperatura molto alta senza rilascio di sostanze nocive, sale di buona qualità e nessun grasso. Quando il grasso della carne inizia a caramellare, è cotta. Si serve con il riso koshihikari, dai chicchi corti.

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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