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Noi e le bacchette. Piccolo bon-ton della tavola orientale

Hashi, chopsticks, bacchette

Forchette, bacchette … In tutto il mondo mangiare, oltre che una necessità, è un atto culturale: esprime chi siamo e che cosa rispettiamo. Come? Attraverso i cibi e i gesti, che sono importanti sempre, anche quando nessuno ci vede.

Mangiare è però anche un comportamento sociale. Riguarda noi e gli altri, gli altri e noi. Cresciamo infatti imparando che cosa si fa e non si fa quando si mangia.

Ma proviamo ad uscire dalla comfort zone della nostra tavola e dal metallo delle nostre posate per passare al legno delle bacchette orientali – che non fa rumore, non luccica e non è freddo al palato.

Come ci si comporta con le bacchette?
Qui su Famelici, alcuni spunti di bon-ton per un pasto in punta di bacchetta.

Due agili gambe. Per muoversi nel piatto

In giapponese le bacchette si chiamano “hashi”, quasi come “ashi” cioè “gambe”. Ed è una bellissima metafora. Perché sono davvero due piccole gambe per muoverci nel piatto o nella ciotola. Non sono difficili da impugnare. Né impossibili da manovrare. Ci vuole un minimo di allenamento per non sembrare maldestri. D’altronde, pensate agli stranieri tra forchette e spaghetti: non si è bravi subito!

Separare le bacchette. Un piccolo “snap”

Nei locali più lussuosi, la tavola è apparecchiata con bacchette eleganti, tornite, pronte per l’uso. Più spesso però sono monouso, grezze, attaccate tra loro e per mangiare bisogna separarle. Ecco: è educato farlo in modo non plateale, magari tenendole in grembo, senza un rumore da far voltare tutti. Giusto un piccolo “snap”. E non si affilano per togliere le schegge, eventualmente si fa a mano.

Appoggiare le bacchette. Non dappertutto

Mentre bevete o conversate o distribuite il cibo e le bacchette non servono, appoggiatele. Ma non sopra le ciotole, non disordinate: unite, sul poggia bacchette, l’hashi-oki. Se questo manca, mettetele sul bordo del piatto. E sempre parallele al tavolo, mai dirette verso chi è di fronte. Ricordate che la cultura orientale, che attraverso il feng shui codifica i rapporti tra gli oggetti nello spazio, evita le punte. Punte uguale pericolo.

Non giocare con quelle bacchette

Deve essere una pulsione insopprimibile e tipica occidentale, quella di mettersi a giocare con le bacchette come se si stesse suonando la batteria sulle stoviglie o sul piano del tavolo. Non si fa. Non si suona, non si tamburella. Né si improvvisano giochi di prestigio, creative zanne d’elefante o corna di gazzella. E non si indica una persona o una cosa con le bacchette: è troppo aggressivo.

Non infilare le bacchette nel cibo

Le bacchette sono leve (di terzo tipo) fatte per prelevare il cibo e accompagnarlo alla bocca. Non si conficcano verticalmente nel cibo, mai. Assomiglierebbero ai bastoncini infilati nelle offerte funebri – una visione infausta a tavola, una simbolica offesa a chi ha preparato il pasto. Non si passa il boccone da bacchette a bacchette. Anche questo si rifà a una pratica funebre, quando si separano le ossa non incenerite alla fine della cremazione.

Divieto di pesca nel piatto altrui

Le bacchette sono personali, ma non per questo si possono mordicchiare o leccare. E non è bello usarle per smistare, spostare, rigirare, pescare, sgocciolare e assaggiare il cibo dai piatti altrui o dal piatto di portata. E se questo è arrivato in tavola senza bacchette? Soluzione di emergenza: meglio girare le proprie dalla parte meno appuntita, ma pulita, e servirsi così. Non ci si avvicina a un piatto con le bacchette sguainate, mai.

Dopo tanti divieti, un invito. Con un segreto gentile.

Che siate in viaggio in Oriente o in un super-emporio, ci sono in giro bacchette bellissime – laccate, scolpite, colorate, dipinte, pesanti, leggere, preziose. Se di legno naturale – waribashi, in legno laccato – nuribashi. E tutto sommato sono un souvenir di facile acquisto e trasporto. Regalate bacchette! Ma ricordate: di solito si regalano per due persone. E se sono per una coppia uomo-donna, quelle della donna saranno un po’ più corte.

[Un sentito grazie, Emiko e Flavio, per la preziosa consulenza #foodcultural.
ph courtesy of Flavio Gallozzi Photographer]

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