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C’è un’altra Puglia: l’Alta Murgia, ovvero cibo e cultura

Il mio viaggio parte da Ginosa, più precisamente da un Country Resort, un luogo che racconta la storia di un’altra Puglia, diversa da quella sole-mare -divertimento del Salento divorato ogni anno da migliaia di turisti. Carlo Lunati con la moglie Antonella ha dato vita a Borgo Valle Rita sulle vestigia dell’antica Masseria di Girifalco, castrum edificato intorno a una torre di origine normanna dell’XI secolo. Un Country Resort che si integra con un’azienda ortofrutticola ecosostenibile che ha saputo coniugare turismo, agricoltura, cibo e cultura.

C’è un’altra Puglia: l’Alta Murgia, ovvero cibo e cultura

Il mio intento? Descrivervi una Puglia più autentica, quella Puglia adorata dai turisti stranieri in cerca di esperienze dal sapore genuino. É la Puglia delle masserie e di quella generazione di giovani imprenditori che hanno fatto un passo importante: rivalutare il passato accettando la sfida dell’innovazione.

Quando una vacanza si trasforma in un’esperienza

Come mi racconta Carlo Lunati: “noi abbiamo reso contemporaneo a ciò che nel passato erano le masserie. A Borgo Valle Rita si soggiorna, ci si rilassa, si conosce la cultura gastronomica del territorio ma anche come crescono i prodotti ortofrutticoli“. Il Country Resort è una sorta di compendio di attività che si possono svolgere in Alta Murgia. Proviamo a sfogliarlo insieme:

  • conoscere due regioni: la Puglia e la Basilicata: Grottaglie con le sue ceramiche, Ginosa con i dormenti di Peppino e le gravine, il mare e i trulli della Valle d’Itria, i sassi di Matera.
  • la cucina pugliese, curata da Carmine Chiarelli e la scoperta di come si coltivano i prodotti della terra
  • relax in una piscina immersa nella natura
  • possibilità di esplorare il territorio con bici o cavallo
  • opportunità di massaggi rilassanti
  • scelta di soggiornare in camere, case o ville.

Ma lasciamo parlare le foto della struttura

Borgo Valle Rita è un luogo dove trionfa la semplicità, la bellezza della natura e il piacere della tavola.

Breve storia delle masserie: perché sono state costruite?

Parlare di abitazioni storiche in Puglia fa pensare subito alle masserie (dal latino massa, “insieme di fondi”), le cui origini risalgono all’XI secolo, al periodo Normanno-Svevo. Spesso nell’antichità erano edificate su insediamenti preesistenti, curtes rurali, sorte a loro volte su resti di ville romane.

Erano il centro della vita contadina, vere e proprie aziende agricole, il cui fine era di rendere più agevole la vita dei coloni. Oltre alle attività agricole e di allevamento, erano costruite anche per uno scopo difensivo.

Sotto il governo di Federico II di Svevia furono edificate diverse Masserie Regie allo scopo di ripopolare le campagne e di centralizzare lo Stato. Sotto la dinastia Angioina e Aragonese si assiste a una nuova feudalizzazione del territorio, ma le masserie non scompaiono.

C'è un'altra Puglia l'Alta Murgia

Come erano costruite? Senza un vero disegno architettonico. I lavori erano diretti da un mastro muratore che, in accordo con il proprietario, decideva dove costruire l’edificio, come strutturare gli interni e quali materiali impiegare. Laddove c’erano più soldi a disposizione si usava, per il piano inferiore, il mazzaro duro, una pietra compatta pregiata, con cui si realizzavano anche alcune decorazioni, che il più delle volte esprimevano l’esigenza dei proprietari di rendere visibili a tutti i propri successi o i propri gusti. Per i piani superiori si ricorreva al tufo calcareo, utilizzato per l’intera costruzione dai più poveri.

Le masserie sono pagine di storia che raccontano le vicende di una regione fatta di piccole vite che hanno cercato una modalità di espressione per raccontare talvolta la propria emancipazione. Sono una vera forma di racconto culturale, di testimonianze di vita popolare, di quell’autenticità che rappresenta la spina dorsale del turismo slow.

L’alta Murgia, terra di cibo e cultura

Le Murge si dividono in due sezioni: l’Alta Murgia, la parte nord-occidentale, e le Murge Basse o dei Trulli, con la Valle d’Itria, la parte sud-orientale, separate le prime dalle seconde dalla insellatura di Gioia del Colle. Caratteristiche dell’Alta Murgia sono le gravine, un’erosione carsica, con pareti scoscese e gole profonde.

C'è un'altra Puglia l'Alta Murgia. Le gravine

Interessante è scoprirle per poi visitare Matera per rendersi conto come la Capitale della Cultura 2019 era prima della riqualificazione.

La Valle d’Itria: una terra che esalta i colori della campagna

La racconta lo scrittore Daniele Semeraro in  “Non è adesso – Na’ jé m‘”. La Valle d’Itria, cornice di quasi tutto il romanzo, è dipinta evidenziando i colori della  campagna disegnata dalla pietra, i muretti a secco, le casedde, le specchie e i passaturi. Si descrive una terra abitata da carrubi, fichi,  vigneti: dove si odono i canti delle cicale e i fruscii dei rapaci notturni.

Ma dove si trova? A cavallo tra le province di Bari e Brindisi. Le località più note sono Alberobello, Martina Franca, Cisternino, Locorotondo e Villa Messapica. Non si può poi fare a meno di nominare, oltre che le masserie, i trulli, edifici conici in pietra.

E l’origine del nome della valle? Itria sarebbe riconducibile alla Madonna Odegitria, colei “che segna la strada”. Da cosa lasciarsi tentare? Dalla focaccia, dalla burrata e da un ottimo bicchiere di vino bianco.

Borgo Valle Rita

Contrada Girifalco

74013 Ginosa TA

Telefono: 099 827 1824

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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