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Virtù teramane, Cantina di Porta Romana: ricetta, cibo e cultura

La storia delle virtù teramane dimostra come cibo è cultura. Presso la Cantina di Porta Romana scopri la ricetta e la storia di un piatto che ha tanto da raccontare.

Sono preparate in abbondanza per essere distribuite ad amici e parenti. Mai dimenticarsi di un amico potrebbe segnare la rottura di un’amicizia!

La storia delle virtù teramane, come tanti piatti della tradizione regionale italiana, dimostra come cibo è cultura. Noi le abbiamo conosciute a Teramo presso la Cantina di Porta Romana. La storia delle virtù teramane, da mangiare rigorosamente il Primo Maggio, non è solo una ricetta, è un rito che racchiude numerosi significati simbolici. Uno per tutti? Il numero di varietà di legumi, pasta, erbe: 7. Un numero propiziatorio!

Le virtù teramane nascono per dare fondo agli avanzi della dispensa prima dell’inizio del raccolto. In particolare, i legumi rappresentavano anche la cura con cui le massaie avevano saputo conservare il cibo durante l’inverno. Il Primo Maggio indicava l’entrata nel mese della rinascita, del risveglio della natura, dell’annuncio dei fidanzamenti. La parte principale del rito è il pasto collettivo, quando ci si riunisce intorno alla tavola per mangiare le Virtù. In origine, erano distribuite anche ai vicini e ai viandanti.

La ricetta delle virtù teramane

 Ingredienti

  • legumi secchi: fagioli di varie qualità, ceci e lenticchie
  • legumi freschi: piselli e fave
  • verdure: zucchine, carote, patate, carciofi, bietole, indivia, scarola, lattuga, verze, cavolfiori, cicoria, spinaci, finocchi, rape
  • odori: aglio, cipolla, salvia, timo, maggiorana, sedano, prezzemolo, noce moscata, chiodi di garofano, pepe o peperoncino, menta selvatica, borragine, finocchio selvatico, basilico, erba piperella
  • carni: prosciutto crudo (se possibile meglio l’osso), cotiche di maiale, carne macinata di manzo, lonza, lardo, piedi e orecchie di maiale, pancetta, guanciale, polpettine di manzo
  • pasta: pasta di grano duro corta di vari formati
  • altri ingredienti: olio extravergine d’oliva, pepe, sale, polpa di pomodoro, parmigiano grattugiato; – sette chicchi di riso.

Preparazione

La maggior parte degli ingredienti va cotto da solo. Mettere a bagno i legumi per tutta la notte. Fare bollire l’osso di prosciutto e le cotiche, buttando via l’acqua di cottura. Cucinare a parte le verdure e la carne, bollire i legumi. Successivamente mettere le verdure insieme in un pentolone con un battuto di lardo e odori, aggiungere i legumi e unire lentamente il brodo ottenuto dalla cottura della carne. Cuocere in acqua bollente e separatamente i vari tipi di pasta e scolarli due minuti prima che abbiano ultimato la cottura. Riunire tutto nel pentolone e far amalgamare a fuoco lento. Aggiungere nei piatti abbondante formaggio grattugiato.

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I segreti della cucina teramana raccontati da Marcello Schillaci, strenuo difensore della cucina abruzzese

Siamo nel centro di Teramo, vicino alla chiesa di San Domenico, in uno scenario medievale. Qui, in via Porta Romana, Marcello Schillaci, strenuo difensore della cucina abruzzese, ha rilevato una cantina che fino agli anni 70 è stata la Cantina di Falasca. E tale è rimasta, una cantina con cucina e arredata come se il tempo si fosse fermato agli anni 50-60.

Il cibo evoca ricordi, è storia. Il mio locale e la mia cucina rappresentano con i loro colori, con il loro gusto, ciò che era la mia città. Tutto qui ricorda le mura medievali, mura che raccontano una storia fatta di solidarietà. La gente era povera, per sopravvivere condivideva tutto, anche il cibo: dai gamberi pescati nel fiume alle verdure raccolte negli orti. E come dimenticare i pastori che, durante la transumanza, barattavano le interiore delle loro greggi con un piatto caldo?” Marcello difende con orgoglio la cucina teramana, arrivando a definirla “la migliore cucina possibile”. La Cantina di Porta Romana non è un ristorante, ma appunto una cantina, che, anche nell’arredamento, ricorda un passato lontano che non vuole essere dimenticato. “I francesi pensano di avere inventato il bistrot, in realtà a Teramo le cantine erano già luoghi dove ci si trovava a tutte le ore per gustare formaggio, salumi, ventricina spalmata sul pane o pane con peperoni e alici, il tutto accompagnato da un bicchiere di vino. Si chiacchierava, ci si scambiava informazioni, ci si divertiva”. La cucina di Marcello è una cucina degli odori, una caratteristica di tutta la proposta culinaria teramana. “La nostra è una gastronomia prevalentemente vegetariana. Solo durante le feste si aggiungeva ai piatti della carne. D’altra parte Teramo era la città degli orti. Ricordo che da piccolo i nostri genitori ci urlavano: “correte, correte, portate la peperella”. Non deve stupire che il piatto più rappresentativo della cucina teramana siano le Virtù, ovvero il trionfo degli odori e delle verdure. In questo piatto si riassumono le quattro culture della cucina teramana: pastorizia, contadina, marinara e quella dell’orto. Il loro legame ha creato una cucina unica e inimitabile”. In effetti il segreto delle virtù sta tutto nella capacità di unire sapientemente profumi ed ingredienti. É un piatto che non va confuso con il minestrone. Legumi, carne, verdure di stagione e pasta vanno cotti separatamente in modo da esaltarne il sapore peculiare. Solo alla fine si uniscono tutti gli ingredienti. E chi vuole assaggiare le vere Virtù Teramane? Risposta troppo facile: organizzate una gita il Primo Maggio a Teramo, un’occasione per conoscere una città che riserva molte sorprese anche dal punto di vista culturale.

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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