Sono tantissime negli ultimi anni le persone che si interrogano sugli stili di vita imposti da un’economia basata sul consumo compulsivo che prevede, nell’ambito della produzione del cibo, un’agricoltura intensiva. Al di là del discorso salutistico, sorge spontanea una domanda etica: stiamo rispettando il Pianeta che ci ospita e che abbiamo il dovere di salvaguardare per le generazioni future?
Se fino a qualche anno fa esperimenti messi in campo per creare “nuovi mondi possibili” erano considerati “mode”, raccontate dai media con una supponente ironia, oggi sono studiati con interesse. Io e Daniela Ferrando abbiamo incontrato a Borgo Spoltino Maria José Moraza e Simona Olivieri che ci hanno spiegato che cosa è il Mit, Mercato Itinerante della Terra, e quali sono i suoi obiettivi.
MIT: ripartire dalla Terra
Mit? Ripartire dalla salute dell’uomo e dell’ambiente, dalla qualità delle produzioni e delle trasformazioni, dalla creatività e dall’innovazione. Un modo diverso, soprattutto etico, di fare la spesa, consapevoli che ciò che si sta comprando viene da una filiera cortissima di aree rurali delle colline teramane recuperate all’abbandono. Come realizzare quello che può sembrare un sogno? Creando un’alleanza tra chi produce, chi mangia e chi governa. É una comunità di donne e di uomini liberi, che credono possibile un modello di sviluppo economico diverso, basato su un concetto di agricoltura e allevamento opposto a quello intensivo. Ciò che è importante? Non vuole essere solo una testimonianza, ma un modello economico alternativo.
Si vuole passare a un modo di vivere più sobrio, rispettoso dell’ambiente. Si vuole realizzare un mondo costruito grazie a scelte di persone libere, plasmato da sentimenti di sorellanza e fratellanza, dove la parola cura assume un ruolo importante per creare comunità consapevoli.
Chiariamolo subito:
Si tratta di essere disposti a cambiare vita, mettersi in gioco, confrontarsi, riunirsi, condividere le proprie esperienze, diventare “complici” nella consapevolezza che il consumatore deve diventare consum-attore. Mangiare è un atto agricolo, fare la spesa è un atto politico.
Borgo degli Gnomi: il recupero della coltivazione della canapa
Simona Olivieri coltiva i terreni di famiglia nelle colline dell’alta valle del Tordino. Borgo degli Gnomi (www.borgodeglignomi.it), più che un’azienda, è la traduzione di una scelta di vita basata sul tentativo di unire agricoltura, cibo e cultura. Rappresenta il recupero del valore culturale della Terra, il rispetto dell’ambiente che ci permette di vivere, la considerazione che la cultura si deve avvalere dell’innovazione ma nella salvaguardia della tradizione e della consapevolezza di avere un ruolo importante nel creare una comunità basata su un rapporto di fiducia e non di consumo scriteriato.
Dopo aver recuperato la varietà di frumento tenero abruzzese, la “Rosciola”, con la quale si produce una farina dalle elevate qualità organolettiche e nutrizionali, utilizzata per pane, biscotti e focacce, la varietà di grano duro “Saragolla”, ottima per la pasta e le crostate, Simona si è dedicata al recupero della canapa. La canapa, prodotta da millenni in Italia, è:
- alimento proteico
- ricca di fibre
- un antiossidante
- un antifiammatorio
- ricca di omega 3 e 6.
Un tempo era usato come foraggio per gli animali, oggi trova un importante impiego in cucina. Dall’olio (meglio se a crudo) alla farina priva di glutine, per cui adatta ai celiaci, fino alla birra.
La fattoria Gioia: per capire che cosa è l’agroecologia
Che cosa è l’agroecologia? Non è un’utopia, ma una disciplina scientifica, una pratica agricola e un movimento sociale. Soprattutto un nuovo modo di intendere e di fare agricoltura. É affermare che esiste un forte legame tra agricoltura, allevamento e ambiente circostante. Questo significa rinunciare ai pesticidi e agli antibiotici. Si tratta di garantire l’autonomia alimentare alle proprie mandrie, di produrre il foraggio e il concime, di lavorare i prodotti della propria terra in modo naturale. Insomma l’allevatore diventa anche agricoltore.
Anche per Maria José non è un lavoro, ma una scelta di vita. La sua scelta risale a 20 anni fa, quando, in viaggio in Abruzzo, ha incontrato Maurizio, agricoltore consapevole, istruttore di Tai Chi. Insieme hanno dato vita alla Fattoria Gioia, dove si allevano 50 capre Camosciate, 3 mucche Jersey, dei maiali neri d’Abruzzo e 30 famiglie di api. Tutto nel rispetto della biodiversità.
L’informazione corretta è raccontare che non esiste solo l’agricoltura intensiva, che è possibile un’altra agricoltura e dare voce a chi, con fatica, ma con caparbietà, sta cercando di farlo.
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