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Nuova filosofia green: coltivare la carne. Un dilemma filosofico

La carne da cibo si è trasformato in un dilemma filosofico. La strana posizione di Dominique Lastel

Molte persone sono consapevoli dei problemi etici ed ecologici del consumo di carne. Ma cambiare le abitudini alimentari è molto difficile, perché fanno parte della nostra cultura e delle nostre tradizioni

Coltivare la carne? Chi non ne ha sentito parlare? Il dibattito sulla carne sintetica imperversa. Il 77% di tutti i terreni agricoli è impegnato per la produzione di carne, eppure solo il 20 % delle calorie è utilizzato per nutrire la popolazione mondiale. Il mercato della carne oggi da solo vale 1,3 trilioni di dollari.

A causa dell’aumento della popolazione mondiale, si prevede che la domanda annua di carne aumenterà di un altro 30% entro il 2050. Si tratta di occupazione di suolo, risorse ed emissioni necessarie che sono difficili da immaginare e che il nostro pianeta non può sostenere. E’ quindi chiaro che dobbiamo trovare un’alternativa all’agricoltura tradizionale per assorbire una  crescita spropositata. La carne coltivata ha un grande potenziale per offrire una soluzione più efficiente e quindi più sostenibile. Sembra facile, ma non lo è, si aprono problemi di diversa natura.

carne sintetica: il futuro green

Cibo e cultura: quando la carne diventa un problema filosofico

La filosofia non si occupa solo di problemi astratti. Talvolta si scontra con dilemmi che investono anche aspetti concreti della nostra vita.

Cibo è cultura e dunque anche in ambito enogastronomico nascono interessanti querelle. Il dilemma che agita da qualche anno i dibattiti è: quanto è etico mangiare carne? Sappiamo che molti vegani rifiutano di mangiarla per motivi etici, non volendo cibarsi di prodotti ottenuti dall’uccisione di animali.

La querelle filosofica è antichissima. Fin dall’antica Grecia ci si interroga sui diritti animali e sui motivi biologici ed etici per cui l’uomo deve evitare di mangiare carne. Filosofi come Pitagora, Eraclito ed Empedocle ci hanno lasciato tante testimonianze.

Il vegetarismo di Pitagora è riconducibile alla teoria della metempsicosi. Secondo il filosofo di Samo la trasmigrazione delle anime comporta la possibilità di reincarnarsi in un animale. Eraclito ed Empedocle seguivano una dieta vegetariana.

Alcune testimonianze ci raccontano che anche Platone fosse vegetariano. Ne La Repubblica si discute sulla più corretta alimentazione nello stato ideale. Nell’ottica di un benessere generale si auspica una dieta vegetariana, creando un parallelo tra violenza ed essere carnivori. Platone introduce, oltre alla questione morale, quella medica: la carne fa male alla salute.

Lo storico Plutarco, nel saggio “Del mangiar carne“, denuncia la cattiva abitudine di cibarsi di carne. In modo provocatorio chiede quanti uomini che si nutrono con la carne sarebbero disposti ad ammazzare gli animali di cui sono ghiotti. Non vi è alcuna necessità di carne, potendo mangiare i prodotti offerti dalla natura.

Più recentemente il filosofo Peter Singer nel suo libro “Liberazione animale” ha coniato il termine “specismo” per denunciare una lunga serie di violazioni del principio di eguaglianza, per cui gli esseri umani si appellerebbero ad uno status morale superiore per provocare sofferenze e uccidere gli animali. Un pensiero che ha la stessa radice del razzismo. 

Gli allevamenti intensivi sono immorali in base al principio utilitaristico che è alla base del concetto di giustizia. Occorre agire rispettando il principio secondo il quale si agisce per realizzare il maggior beneficio per gli esseri senzienti. Se gli animali sono esseri senzienti, non vi è alcuna differenza tra uomini ed animali.

La strana posizione di Dominique Lastel

coltivare la carne

«L’animal est l’avenir de l’homme» del filosofo ed etologo Dominique Lestel, fondatore dello zoo-futurismo, ci ricorda che essere umani significa essere più animali di ogni altro animale. É l’ultima frontiera dell’anarchia: dopo il rifiuto dell’ordine teologico e dell’ordine sociale si vuole sovvertire la specie.

Per assurdo, secondo il filosofo, i carnivori sarebbero più vicini dei vegetariani agli animali perché “mangiando carne prendono coscienza della loro natura animale, mentre il rifiuto dei vegetariani è un modo di negare, di sopprimere l’animalità della natura”. Inoltre rifiutare la carne è sinonimo “di una concezione waltdisneyana del mondo“.

Nuova filosofia green: coltivare la carne apre un dilemma filosofico

E se la scienza con l’apporto della tecnologia risolvesse il problema arrivando a creare una carne che non prevede l’uccisione degli animali? Non si risolverebbe il conflitto tra amanti della carne e vegani. La mancata risposta potrebbe persino prevedere che una carne ottenuta in laboratorio possa comportare l’ottenimento della stessa dall’uomo.

Come ha rilevato il biologo evoluzionista Richard Dawkins è un rebus di “morale consequenzialista”. Vale di più che una cosa sia etica o meno a seconda delle conseguenze che comporta oppure la sensazione di disgusto?

Nuova filosofia green: coltivare la carne è etico e sostenibile?

Dopo avervi raccontato della carne sintetica, studiata da molti laboratori per invadere il mercato, c’è chi parla di coltivare la carne. Un’idea che nasce da una nuova filosofia.

Noi abbiamo avuto modo di venirne a conoscenza, durante una cena, a Milano a Il Baguttino, ristorante prevalentemente di carne sempre di qualità. Qui abbiamo conosciuto Sergio CapaldoAmministratore Delegato de La Granda srl, Presidente del Consorzio La Granda Quality Food, Presidente del Consorzio Eco-Simbiotico, Responsabile Zootecnico Nazionale per Slow Food, Responsabile qualità carni del gruppo Eataly, a cui abbiamo chiesto di spiegarci che cosa significhi per un’azienda portare avanti questo concetto.

coltivare la carne

Coltivare la carne: un nuovo movimento filosofico

La vita è fatta di contraddizioni. Una di queste è il nostro amore per gli animali testimoniato da migliaia di foto postate su Fb o Ig e il fatto di non disdegnare di affondare il nostro coltello in tenere fette di succulenta carne. In quel momento il nostro amore per gli animali si va a fare benedire.

Eppure oggi anche chi alleva animali si propone un diverso atteggiamento verso l’animale. Che cosa significa coltivare la carne? Ecco che cosa ci ha detto Sergio Capaldo.

coltivare la carne

Tutto parte sempre dalla terra e dal modo in cui viene coltivata: una buona carne può derivare solo da una buona agricoltura. “Coltivare la carne” è un’iperbole che riassume in un’espressione un concetto fondamentale legato alla qualità dell’agricoltura: se la terra è “buona” ne beneficia tutta la filiera.

La rotazione delle colture, la fertilizzazione dei campi, l’utilizzo di composti microbici nel terreno, così da favorire la naturale simbiosi tra le piante e i batteri buoni, sono fondamentali per l’alimentazione dei ruminanti, che rappresentano il più grande filtro che la natura ci ha dato per comunicare con il mondo vegetale. Tutti questi aspetti contribuiscono alla qualità della carne.

Quali sono le principali differenze di allevamento rispetto a quello tradizionale?

Gli allevatori che appartengono al nostro Consorzio seguono un attento disciplinare nato dall’esigenza de La Granda di rispettare l’equilibrio tra benessere ambientale, animale e sociale. Questi tre aspetti sono fondamentali per il sistema, ma sono anche complementari: funziona se lavorano tutte e tre contemporaneamente.

Il benessere ambientale è basato su linee guida nell’alimentazione degli animali e nella concimazione naturale dei terreni e crede nei batteri amici, essenziali per la biodiversità, la fertilità del suolo e la qualità dei foraggi e dei cereali.
Il benessere animale è basato sugli allevamenti linea vacca-vitello, in cui i vitelli vengono allattati dalla madre per almeno 4-6 mesi dopo la nascita, e poi ingrassati, nella stalla di nascita, rispettando così i ritmi della natura, ed evitando l’utilizzo di antibiotici, farmaci, insilati, integratori, tamponanti, solitamente utilizzati negli allevamenti tradizionali. Questo schema non è solo legato all’animale che vive con la mamma, ma ha anche un valore collettivo, importante per l’ambiente e per l’uomo, perché riproduce un modello sociale che vive e mette le radici sul territorio.

È importante anche il sesso dell’animale: La Granda ha deciso di avere solo femmine e castrati, che rendono di meno dal punto di vista del peso, ma garantiscono una qualità della carne, sia come gusto, sia come preziosità una volta trasformato e che ritroviamo nel piatto. Il segreto del gusto della carne viene esattamente dai fieni dei prati polifiti, fertilizzati con biota microbico e mais micorizzato.

Come ho già detto, la grande differenza sta in cosa mangiano gli animali e dunque su quello che consumiamo noi di conseguenza. Infine, il benessere sociale, basato sull’allevatore quale figura centrale nella filiera della carne, a cui è garantito un guadagno continuativo grazie all’istituzione del prezzo fisso concordato tutto l’anno. Questo gli consente la giusta serenità e pianificazione, per rispettare il disciplinare senza distrazioni o tentazioni di cercare soluzioni che rispettino meno di quello che promettiamo ai consumatori delle nostre carni.

Si diminuisce la sofferenza dell’animale?

Tutti gli allevamenti sono certificati per il benessere animale. In più la qualità degli alimenti fa sì che l’età delle vacche possa raggiungere anche i 20 anni. Abbiamo animali che partoriscono tutti gli anni, anche fino a 15/16 volte nell’arco della vita. Questo è un termometro per dimostra il benessere degli animali dato da un’alimentazione che permette agli animali di digerire bene, riprodursi e trovare il loro equilibrio.

Quali sono le maggiori differenze di qualità tra carne coltivata e carne di allevamento tradizionale?

Tre anni di ricerche sulla nostra produzione di carni hanno stabilito che nella carne de La Granda ci sono più antiossidanti, con un conseguente prolungamento della shelf life consentendo un migliore mantenimento sul banco oltre a mantenere più a lungo la sua fragranza, gusto e migliore conservazione, anche una volta congelata.

La carne e il suo valore economico

Il mercato globale della carne vale 1,7 trilioni di Dollari. Gli animali che vanno al macello ogni anno sono 56 miliardi di animali. C’è anche un problema green provocato dagli allevamenti intensivi molto inquinanti.

Il futuro della carne passa attraverso l’imporsi del coltivare la carne?

Non manca chi intende il coltivare la carne in modo molto più radicale. Si può parlare di carne coltivata a partire dalle cellule muscolari di animali vivi che non vengono uccisi per procurare il nostro pranzo.

Non si trova ancora in commercio, ma ci sono startup che sono convinte che tra qualche anno verranno prodotti e venduti  i primi hamburger di carne coltivata. Faranno capolino sui menù di qualche ristorante molto innovativo. L’azienda californiana Just dichiara che i loro nugget di pollo coltivato aspettano per essere proposti ai loro clienti solo l’approvazione del Regolatore.

Al di là degli annunci roboanti, è da rilevare un problema tecnologico: crescere le cellule muscolari in un bioreattore è un affare non semplice.

 Conclusione famelica

Al di là di come la pensiate sul coltivare la carne, possiamo dire che il termine carne conserva il suo fascino e ciò indica che è ricco di significati.

 

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2 Comments

Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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