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La leggenda della cassata siciliana, ovvero cibo è cultura

In Sicilia per scoprire i segreti della cassata, uno dei dolci più golosi d’Italia

In Sicilia la pasticceria è un’arte che è un tripudio di colori, sapori e profumi. Ricotta di capra, canditi, pasta di pistacchi sono gli ingredienti della cassata, un dolce barocco che non ha mai smesso di imbandire le tavole dei siciliani. Un vero trionfo di dolcezza!

Conoscete la leggenda della cassata siciliana? Partiamo dal nome. Nel vocabolario latino siciliano di Angelo Senisio al vocabolo cassata corrisponde la dicitura “cibus ex pasta panis et caseus compositus”, cioè cibo composto da pasta di pane e formaggio.

La leggenda della cassata siciliana: origini, la ricetta (le varianti)

Per fare una buona cassata servono pochi ingredienti, ma bisogna saperli dosare e mixare con maestria. Servono ricotta di pecora, pan di Spagna, glassa, zucchero, cioccolato, pasta reale e frutta candita (non possono mancare l’arancia e il mandarino intero!)

Molti fanno risalire le origini della cassata siciliana agli arabi in base a una tendenza ormai consolidata secondo cui tutto ciò che è siciliano ha tali origini. Gli arabi hanno contribuito alla costruzione della cultura siciliana, ma non hanno l’esclusiva. É un errore in cui cadono diversi studiosi. Meglio parlare di sedimentazioni culturali che hanno portato nel tempo a formulare la ricetta della cassata che conosciamo.

Come ci ha insegnato Jacques Le Goffe, quando mancano documentazioni cartacee, non ci rimane che indagare utilizzando le sedimentazioni culturali, le iconografie e i sermoni. Raccolto questo materiale, lo si confronta con i dati relativi ai cambiamenti socio-economici. É l’unico modo per ottenere risposte plausibili. Se utilizziamo questo metodo, scopriamo che l’origine araba della cassata è una credenza priva di fondamenta.

Se proprio occorre risalire a un periodo, meglio rifarsi a quello normanno. Già prima degli arabi si faceva un dolce simile alla odierna cassata. Gli ingredienti erano formaggio fresco, probabilmente la tuma, e la pasta frolla, l’impasto era poi cotto in forno. Nel periodo normanno, intorno alla fine del 1100, le suore nel convento della Martorana di Palermo sostituirono la tuma con la ricotta di pecora e crearono la pasta reale, un impasto dolce fatto di farina di mandorle e zucchero che sostituì la pasta frolla come involucro. Dalla cassata al forno si passò a quella a freddo.

Solo più tardi gli Arabi introdussero nella lavorazione la canna da zucchero, il cedro, il limone, l’arancio amaro e il mandarino. Gli spagnoli contribuirono poi con il Pan di Spagna e il cioccolato. Nel periodo barocco la ricchezza degli stucchi in architettura influenzò la decorazione della cassata che acquistò molteplici colori e gusti. Si aggiunse poi la glassa di zucchero.

La leggenda della cassata siciliana

La cassata siciliana dei giorni nostri è stata creata da un pasticciere, il Cavaliere Salvatore Gulì, la cui pasticceria si trovava in Corso Vittorio Emanuele, nei pressi di Palazzo Belmonte. Qui fu ideata la “zuccata”, un tempo preparata dalle suore della Badia del Cancelliere di Palermo. Il pasticciere la utilizzò per decorare la cassata siciliana, a cui aggiunse anche i canditi. La torta con questo nuovo look fu esposta con gran successo ad una esposizione di Vienna, nel 1873. Ecco come nasce la leggenda della cassata siciliana.

La nascita della cassata e la storia della pasta secca

La leggenda della cassata siciliana

Per fare capire la sicilianità della cassata e la differenza con altri prodotti nati dalla koiné culturale si può raccontare la storia della pasta secca così come la propone un grande studioso, Massimo Montanari.

Lo storico imolese, sottolineando l’importanza di studiare la pasta secca distinguendola dalla storia della pasta fresca, evidenzia come con l’avvento della prima, la pasta cessava di essere un piatto destinato ai nobili per diventare un piatto per il popolo, garantendo la possibilità di avere scorte alimentari. Grazie all’essicazione favorita dal clima del Sud Italia, la pasta poteva essere facilmente conservata a lungo, assicurando la disponibilità di un alimento assai nutriente.

La pasta secca, come testimonia il geografo Edrisi, sarebbe stata inventata nel XII secolo a Trabia, località marinara a pochi chilometri da Palermo. Qui sorgeva una fiorentissima industria di pasta secca, itrija. E con “tria” nei libri di cucina italiani del XVI secolo era chiamata la pasta di forma allungata. La Sicilia da grande produttrice divenne ben presto grande esportatrice. I primi ad importarla furono i genovesi, che la fecero conoscere non solo in Toscana, ma in tutto il Mediterraneo.

Con la pasta secca siamo di fronte ad un esempio di koiné culturale, di prodotto che diventa “globale”, perdendo la sua identità originaria. Al contrario la cassata siciliana, pur conoscendo diverse componenti culturali, conserva fortemente la sua identità locale.

La provocazione…rivoluzioniamo la cassata?

La leggenda della cassata siciliana

Difficile, ha radici talmente profonde, la sua ricetta si è sedimentata a tal punto che non è facile proporre varianti di uguale successo. L’ultima rivisitazione risale al 1908. Arduo intervenire con cambiamenti radicali persino sulla decorazione. Si può giocare sulla simmetria delle “frutte”, evitare gli eccessi decorativi. Si può proporre con successo una cassata gluten free, una cassata senza velata con una gelatina neutra, in cui si può apprezzare la cromaticità dei tasselli e la monacale con esterno di ricotta leggera con panna, senza pasta reale. Mantenendo gli ingredienti si può cambiare la forma, come fa il pastry chef Fabio Santi Pacuvio.

“Tintu è cu nun mancia a cassata a matina ri Pasqua” (“Meschino chi non mangia cassata la mattina di Pasqua”)

La cassata siciliana nasce come un dolce pasquale, era un “angolo di zuccheri” che si concedeva ai poveri. Le prime cassate erano figlie della tradizione dolciaria delle monache siciliane, che le preparavano esclusivamente per il periodo pasquale.

A testimonianza di ciò possiamo riportare le parole impresse in un documento ufficiale del primo sinodo dei vescovi siciliani a Mazzara del Vallo nel 1575. Lì si afferma che la cassata è un dolce irrinunciabile durante le festività. Sarebbe stato un “peccato” gravissimo non mangiarla.

Oggi è richiesta tutto l’anno. Esistono diverse ricette, ogni paese, ogni famiglia ha la sua variante, ognuno ci mette qualcosa di sé. Noi vi abbiamo proposto un “assaggio culturale”.

 

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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