In ordine sparso, parole di lessico #foodcultural da degustare, una alla settimana, in questi tempi satolli. Daniela Ferrando, FamFriend :-), le cura per il nostro blog.
*** Terra ***
[tèr-ra] s.f. In questa accezione #foodcultural, non il pianeta che ci ospita, né il suolo cui torneremo, ma terra da mangiare, quella che si ricava tostando e sbriciolando semi, ortaggi e altro …
Dove l’ho sentita:
Tutte le volte che mi è stato presentato un piatto decorato con “terra di”. L’ultimo erano semi di girasole risottati, con una sontuosa mantecatura di burro chiarificato e parmigiano, una fresca pioggia di erbe spontanee e terra di porro, scura, sgranata, terrosa, così simile alla terra vera.
Li preparavano i cuochi de Il Giglio di Lucca, per la presentazione di FoodInFashion, gigantesco trendbook in edizione limitata di ricette d’autore (Paolo Lopriore, Massimo Bottura, Lorenzo Stefanini, Benedetto Rullo, Stefano Terigi, la pastry chef Annalisa Borella) trattate come mood di una collezione di moda fall/winter, con collage di ispirazioni tessili ed edibili incollate alle pagine. E via contaminando tra fashion, food e Fuorisalone.
Terra. “Mangiare la terra” è una metafora di povertà e di umiliazione, quando non c’è più niente, quando non si ha più niente. Ma è anche un salvifico ritorno all’autentico, al naturale – alla Terra generatrice.
Terra di funghi, di caffè, di capperi, di olive … tutte queste terre gastronomiche le ho assaggiate. Simili tra loro nell’aspetto, conservano una traccia gustativa dell’ingrediente originario. Che scricchiola sotto i denti come in un pasto primitivo.
Per saperne di più:
Volendo ottenere, per esempio, la terra di capperi (in una tartare di pesce).
Su FoodinFashion, progetto di contaminazioni a cura di Starlight, studio di design tessile e Vandenberg, edizioni di food culture.
[Immagine: iPhone di Daniela]
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