Un week end a Dolceacqua: il borgo amato da Monet
Borghi: come descriverli? Non è facile, ognuno nasconde il suo tesoro, ognuno ha una sua storia tra sacro e profano. Famelici ha visitato per voi cinque borghi liguri in provincia di Imperia: Airole, Dolceacqua, Pigna, Perinaldo e Apricale. Comun denominatore? Tutti Bandiere Arancioni, una delle numerose iniziative del Touring Club Italiano in difesa del patrimonio culturale e storico italiano. Dal 1998 il TCI seleziona e certifica con le Bandiere Arancioni i piccoli borghi dell’entroterra. Luoghi speciali, spesso poco conosciuti, dove:
- la sostenibilità ambientale
- la tutela del territorio
- il patrimonio artistico-culturale
- la qualità dell’accoglienza
si uniscono per farci scoprire quella autenticità che spesso anima il piacere di un viaggio. I borghi segnalati da Bandiere arancione non sono sul mare, ma spesso si sente il suo profumo. Sono tutti gelosamente conservati da amministratori locali e abitanti che li vogliono salvare dall’abbandono. A mio parere, rappresentano anche la vera anima dell’Europa. Infatti qui hanno scelto di viverci numerosi europei arrivati come turisti, ma che, entusiasti per la bellezza dei paesaggi e i tesori artistici, non hanno saputo rinchiuderli in un ricordo e hanno dunque deciso di farne la loro residenza.
Famelici…in viaggio
Credeteci un week end nell’entroterra ligure, nella provincia di Imperia, è qualcosa al di là della vostra immaginazione. Ci si può arrivare in auto, ma se preferite potete scegliere anche il treno o l’aereo (l’aeroporto più vicino è quello di Nizza). Per dormire ci si può sbizzarrire scegliendo tra le numerose proposte di B&B. Io vi racconto il mio viaggio iniziando da Dolceacqua, il borgo amato e rappresentato in quattro quadri da Claude Monet. Ho dormito al Bed and Breakfast “Le Gemme” (www.le-gemme.it), dove da una fantastica terrazza ho potuto godere una magnifica vista sul castello e sulla vallata. Alla sera ho cenato presso il ristorante “A Viassa” (info@ristoranteaviassa.it). Il mio piatto preferito? Le acciughe ripiene servite con dei pomodorini. Diverse le botteghe che propongono l’artigianato locale e le cantine che propongono il Roccese.
Dolceacqua, non solo cultura ma anche… dolce mangiare
Gli ingredienti che rendono Dolceacqua un borgo indimenticabile? Cultura, paesaggi, arte, natura e…naturalmente proposte gastronomiche! Incastonato tra le vie del sale, la Provenza e il mare ligure, nel cuore della Val Nervia, il borgo medievale è diviso in due nuclei storici: l’antico nucleo originario, “Terra“, e l’800esco “Borgo“. A unirli un bellissimo ponte medievale “a schiena di asino”, in pietra definito da Claude Monet un “gioiello di leggerezza“. La parte antica è sovrastata dal castello dei Doria, raggiungibile attraverso i carrugi, un dedalo intricato di viuzze che nel passato concorrevano a difendere il borgo dagli attacchi dei nemici. E la tradizione enogastronomica? Ecco un’ampia scelta.
Per gli antipasti:
- l’erbun, una torta di zucca gialla tritata, polenta, latte, un porro tritato, sale e olio
- il fugasun, una torta fatta con una pasta ottenuta da un impasto di farina, olio e acqua, condita con diverse erbe
- la pasta cun a bagna, una sorta di pizza al pomodoro
- la pasta cun, una variante della pasta cun a bagn, ma condita con erbe di stagione finemente tritate e amalgamate con uova, formaggio aglio e prezzemolo
- il cundiun, un’insalata di pomodori non troppi maturi e verdure affettate con olive in salamoia e olio
- le sciure cène, fiori di zucca ripieni di purea e verdure bollite, condite con uova, formaggio, pesto, olio e sale
- le pumate seche, pomodori tagliati a metà, cosparsi di sale ed essiccati al sole ed invasati con olio e basilico
- i barbagiuai, fagottini, ottenuti con pasta dei ravioli e con purea di zucca bollita, fritti nell’olio e conditi con formaggio, uova, aglio e prezzemolo con aggiunta del formaggio piccante brusso
- il brandacuiun, una delicata crema di stoccafisso e patate.
Per i primi piatti:
- i ravioli c’u pesigu’ (ravioli con pizzico) a forma di caramella
- gli gnochi de pan (gli gnocchi di pane) fatti con il pane secco, bagnato nel latte, strizzato e fatto asciugare in padella con una noce di burro. Sono conditi con bietole bollite e tritate, uova, formaggio e maggiorana. L’ impasto ottenuto si amalgama fino ad ottenere delle palline, che si cuociono in acqua bollente e vengono poi condite con burro fuso e formaggio
- i bigarèli, piccoli frammenti di pasta arrotolata fra le dita, che si cucinano nella minestra.
Per i secondi piatti:
- Cuniu (il coniglio alla ligure).Tagliato a pezzi, si fa ben rosolare nell’olio in una casseruola, si aggiungono aglio e cipolla. Si ricopre di vino Roccese e si aggiungono i sapori. Si completa con olive in salamoia
- il cartelètu, un piatto tipico locale ottenuto dal quarto anteriore del capretto da cui si ricava una tasca e si farcisce con bietole, uova e formaggio. Si fa cuocere, ottenendo delle cotolette ripiene
- lo stucafì ( lo stoccafisso) una volta ammollato, si fa cuocere in pezzi infarinati in casseruola insieme a cipolla, aglio, pomodoro e prezzemolo. Al termine si aggiungono patate, fagioli e olive.
Per i formaggi:
- Brusso (bruzzo), latte di capra cagliato con il sale, lasciato stagionare fino a che assume una colorazione gialla e un sapore molto forte.
Per il dolce:
Un consiglio: la Micheta, un dolce che riporta ad una tragica storia d’amore trecentesca che permise l’abolizione dell’odioso “ius primae noctis” e che ancora oggi è ricordata il 15 agosto in un’animatissima sagra, che vede la partecipazione dell’intera popolazione e che attira numerosi turisti. Ma naturalmente ci sono altri dolci:
la tacunà, una torta di pastafrolla. In una teglia ricoperta di marmellata, sono riposti dei pezzi rotondi di pasta. Si decora con lo zucchero
- le crocette, una variante delle michete con l’ aggiunta di scorza di limone e zucchero
- le cucarde, bugie fritte nell’ olio e annodate come una coccarda. Sono cosparse di zucchero.
Ogni borgo ha la sua sagra…imperdibile la sagra della Micheta!
Il 16 agosto a Dolceacqua si celebra la Festa della Micheta per ricordare Lucrezia, la giovine donna che sacrificò la sua vita, liberando per sempre le giovani spose dallo “ius primae noctis“. Ma chi era Lucrezia? Una bellissima diciannovenne, fidanzata con il giovane Basso. Mentre i due ragazzi festeggiavano le loro nozze, due gendarmi mandati dal crudele Marchese Imperiale Doria rapirono la sposa novella per permettere al malvagio Imperiale di esercitare il diritto alla “prima notte”. La ragazza oppose resistenza, il marchese, per piegarne la volontà, la fece rinchiudere nelle prigioni del castello. La giovane preferì lasciarsi morire di fame e di sete. Il povero Basso decise di vendicarsi. Si nascose in un fascio di fieno caricato sul dorso di un mulo, riuscendo così ad introdursi nel castello. Penetrato nella stanza del Marchese, gli puntò un pugnale alla gola e lo costrinse a redigere un editto per abolire lo “ius primae noctis”. Il giorno seguente era il 15 agosto, giorno di festa. Per ricordare la giornata un gruppo di donne inventò un dolce speciale, impastando la farina con uova, zucchero e olio, cercando di dare al composto delle forme che richiamassero le forme del sesso femminile. Fu trovato anche il nome: michetta. Ne furono impastate diversi chili. Con i dolci inzuccherati e disposti nelle ceste di vimini, le donne si precipitarono in piazza, gridando: “Omi, au, a micheta a damu a chi vurremu nui” (“uomini, ora, la micheta la diamo a chi vogliamo noi”). Il 15 agosto, da sempre, i giovani, tirando un mulo ed accompagnati dalla banda musicale, fanno il giro del paese e, fermandosi sotto le finestre delle ragazze, fanno una serenata, gridando: “Dona, a micheta“. Le giovani lanciano i loro dolci, che, raccolti in ceste, saranno date in beneficenza.
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