Leggere l’olio attraverso i colori. Il turismo DOP consente anche questa originale modalità per conoscere l’oro giallo e la sua cultura.
Sono sette o molti di più, i colori nell’olio ligure DOP. Perché dietro al giallo-verde di un cucchiaio d’olio extra vergine di olive ci sono altri colori essenziali, invisibili agli occhi (vi ricorda qualcuno questa frase?) ma ben presenti allargando e approfondendo lo sguardo. C’è la Liguria intera, il suo cibo, la sua cultura. E c’è un nuovo approccio al turismo DOP che ci riguarda tutti.
ll verde-argento degli oliveti
La Liguria è lunga e stretta sulla mappa terrestre, e lunghi e stretti sono, quasi in proporzione frattale, molti del suoi oliveti, dove è facile distinguere terrazzamenti e importanti dislivelli. Il verde-argento delle foglie degli alberi appare ancora più intenso, data la fittezza degli impianti, cioè la distanza relativamente piccola tra un albero e l’altro. Non c’è terra da sprecare, in Liguria. Anzi: non c’è niente da sprecare.
Le sfumature brune delle piccole olive
La cultivar ligure che tutti conoscono è l’oliva taggiasca, da Taggia, predominante, quasi esclusiva nel Ponente, con massima concentrazione nell’imperiese. Questa piccola oliva è molto presente sulle tavole sia sotto forma di olio – monovarietale e blend – sia come golosa oliva in salamoia, da mensa e in cucina. L’arnasca (Arnasco è anche un toponimo) è un’altra deliziosa oliva del Ponente dai deliziosi sentori di mandorla.
I gialli dell’olio
Di norma, l’analisi sensoriale non tiene particolare conto del colore dell’olio o ne tiene poco conto, nel senso che non dovrebbe influenzare naso o palato. Questo non ci impedisce di guardare la trasparenza, di apprezzare la limpidezza o l’opacità, di distinguere le sfumature. Anche l’olio ligure DOP spazia, ovviamente, nello spettro cromatico nei verdi e dei gialli. Ed è così bello. A volte è oro liquido.
Il bianco biancastro dei muretti a secco
Incastri di nude pietre a nude mani. I muretti a secco che caratterizzano il paesaggio olivetato (e anche vitato, ça va sans dire) della Liguria sono patrimonio UNESCO. E sono frutto di un sapere antico, che per fortuna si preserva ed è incoraggiato economicamente. Quello dei muretti è un sapere sia tecnico che pratico. Come la regola di utilizzare le pietre circostanti, senza snaturare la montagna con grossi prelievi.
Il rosarancio di certi tramonti
Questo rosarancio è un ricordo molto soggettivo, riferito a un tramonto estivo sulle colline dietro a Oneglia quando siamo andati al frantoio di Sant’Agata, quindi dirigendoci all’interno lasciando Imperia. Come tutte le visioni simili a un miraggio, non c’è una foto personale, ma una d’autore, scattata da Laura Guglielmi. Eppure non possiamo pretendere di averlo visto solo noi. Semplicemente, è patrimonio comune di quanti, nel tempo, in ore e e giorni simili, si sono trovati davanti a una tale meraviglia. E ci hanno fatto caso.
I blu del mare
Questa sottile Liguria, questa Liguria fatta a scale, scabrosa a volte, affamata di mare, ha la fortuna di affacci bellissimi. E di tutti i colori del blu e dell’azzurro, visti da vicino o da lontano, passaggi della vita. Come dice, quasi al ritmo dei remi, il poeta Giovanni Bòine, nato a Finale Marina nel 1887 e morto a Porto Maurizio nel 1917 “Rompe la prora pel blu, ciò che già fu si fu e niente non è più. Oh va oh va oh va!” Nell’Immagine “Mareggiata” di Giorgio Belloni.
I colori infiniti della tavola
L’olio nei ripieni. L’olio sul pesce – crudo, cotto, fritto. L’olio a filo nelle minestre, che forma tondi gialli. L’olio a pozze sulle focacce, dove la lingua indugia. L’olio, alimento e colore primario che genera infiniti nuovi colori quando si combina a quanto di stupendo c’è in questa meravigliosa cucina povera o nobile, erbacea o selvatica, avara di parole, generosa di gusto.
{foto di copertina, scattata ad Arnasco durante “Oliveti Aperti”: courtesy Luigi Caricato]
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