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Bon ton internazionale a tavola: paese che vai usanze bizzarre che trovi

Siamo nel secolo dell’invettiva, del rancore e dell’invidia esibita, ma il galateo a tavola resiste. Monsignor Della Casa è più attuale che mai! In nome della diversità, che è inclusione, nella vita come nel food, (ricordiamo l’indissolubile  legame cibo e cultura) vi racconto come comportarsi a tavola in alcuni paesi più o meno vicini all’Italia. In un periodo storico in cui si deve urlare la necessità di difendere il valore dell’uguaglianza, ricordando che, al di là della politica e dell’economia, siamo uomini, considerare il cibo come cultura è un dovere etico.

Bon ton internazionale a tavola: paese che vai usanze bizzarre che trovi (da rispettare!!!). Inizia il tour mondiale…allacciatevi le cinture di sicurezza!

In Italia, con qualche eccezione, le regole si conoscono. Ma quando viaggiamo ed entriamo in contatto con culture diverse siamo così sicuri di saperci comportare in modo educato a tavola? Prima di partire, è meglio informarsi sull’alfabeto del galateo del paese che abbiamo intenzione di visitare.

Canada

Hai presente il quarto d’ora accademico? Ecco se sei ospite a pranzo o a cena in Canada, ricordati di tardare almeno 15 minuti. La puntualità è da maleducati!

Cina

Mai e poi mai sorvolare il piatto con le bacchette!! Scortese anche usarle per indicare altri commensali o usarle per avvicinare la ciotola. Un altra bizzarria? Mai pulire il piatto, sempre lasciare qualche avanzo. E lo so che vi sto infierendo un colpo al cuore, ma è da maleducati chiedere il bis!

Thailandia

In Thailandia le bacchette vanno usate solo per gli spaghetti. Per gli altri piatti della cucina thailandese cucchiaio e forchetta. Le posate furono “importate” da re Chulalongkorn ai primi del 900. Il re ne rimase affascinato durante un suo viaggio in Occidente, ma non si curò di insegnare il loro utilizzo, che fu reinterpretato in modo curioso: la forchetta è brandita con la sinistra, utilizzandola per spingere il cibo verso il cucchiaio, che si tiene nella destra. Mi raccomando: solo il cucchiaio si avvicina alla bocca, soprattutto se si mangia pollo e riso.

Giappone

Il Giappone gode di una cultura millenaria, è da tutti conosciuto per la sua fedeltà alle tradizioni, eppure talvolta eccelle per la sperimentazione, dando vita a eccentriche provocazioni mai offensive nei confronti della millenaria cultura nipponica. É una partita di pin pong tra concetti consolidati e idee nuove che vogliono diventare tradizione. Così se i giapponesi non mangiano per strada, degustano un piatto portato da casa in treno. Se sorseggiano una zuppa o un brodo emettono rumori che per noi occidentali sono da cafoni! E per le bacchette? Mai affondarle nella ciotola o abbandonarle in posizione verticale, sono disposte in tal modo solo nelle ricorrenze funebri.

India

In India si mangia spesso con le mani , ma dovete fare attenzione a quale mano usate. Mai usare la sinistra per prendere un cibo!!! É la mano utilizzata in bagno per pulirsi. Viene considerata impura, poco dignitosa. Occorre poi rispettare la “regola del tre”, si accetta del cibo offerto solo dopo aver declinato l’offerta per tre volte. Poi si può, anzi si deve, accettare, senza lasciare nulla nel piatto. Ultima avvertenza: mai offrire cibo dal proprio piatto!

Cultura e cucina ebraica

L’altare è simbolicamente associato alla tavola, dove si consumano i pasti quotidiani. Il cibo è un dono di Dio e le regole per come avvicinarsi e sedersi a tavola sono indicate nella Torah, che dà anche indicazioni severe su come preparare gli alimenti (cucina kosher). Ma come inizia un pranzo o una cena?

  • BERAKHA’, dalla radice Barak, ovvero ginocchia, termine che rimanda all’usanzanza di piegarsi sulle ginocchia mentre si recitava la benedizione. Si inizia con la pulizia delle mani; poi si versa l’acqua in un recipiente e si pronuncia la Berakhà, benedicendo il pane e il cibo.
  • BIRKAT HAMAZON, ovvero la benedizione del nutrimento. La preghiera è letta dopo i pasti a base di pane e farina o cereali.

Prima di sedersi a tavola sempre praticare l’abluzione, ovvero lavarsi le mani per sedersi a tavola purificato.

Egitto

Mai servirsi una bevanda da solo, è il nostro vicino che lo deve fare, premurandosi di non superare mai la metà del bicchiere.

Etiopia

Mangiare nel proprio piatto è considerata una vera stranezza: ci si serve da un unico piatto e con le mani. “Enebla” (prego unitevi a noi) è la parola frequente che si sente in Etiopia. L’invito è rivolto anche a sconosciuti. Cortesia vuole che chi si sente rivolgere questo invito, mangi almeno un boccone. In alcune zone si pratica ancora la “Gursha“, ovvero il vicino ti imbocca! All’ospite sono sempre riservate le eccellenze. L’ultima portata è in genere la carne.

Tanzania

Ci si siede a terra, spesso su una stuoia, ma occorre avere l’avvertenza di non mostrare mai la pianta del piede.

Ma anche l’Europa non scherza!!!

Se sei in Portogallo e vuoi evitare di offendere chi ha cucinato, non chiedere mai il sale o il pepe. Sei In Spagna e ti godi un aperitivo? Se nel bicchiere hai dell’acqua, non unirti al brindisi, potresti assicurarti cattiva sorte in amore. Ben sette anni di sofferenze! Un’altra avvertenza: cedi alla “sobremesa”, ovvero attardati a tavola dopo mangiato. Se sei in Germania, non puoi rinunciare alle patate, ma ricorda di non tagliarle con il coltello, spezzale con la forchetta! E nella glam Francia? Mai le mani sulle ginocchia, mai il pane posato su un piatto, mai tagliare l’insalata con il coltello, va piegata e avvolta sulla forchetta. Nella imperiale Austria? Il caffè si beve seduti, non al banco e se siete invitati a cena non portate dolci. Ospiti in Svezia? Toglietevi le scarpe (fu una misura introdotta dal governo svedese in nome dell’igiene).

Mille modi di sorseggiare il tè, ovvero la storia di un rito

Il tè è una delle bevande più apprezzate. Nel passato era all’appannaggio solo dei ricchi ed assai apprezzato dagli intellettuali. In Francia fu importato nel 1643 Mazzarino lo beveva per evitare i dolori della gotta. E i tipi di preparazione? All’inglese, riscaldando la teiera con acqua a 70°C per té bianchi, 95 °C per gli altri,  lasciando in infusione per 4 minuti. Lo zucchero si sposa bene con i té neri, il latte si addice ai té di Ceylon. Il limone? No. Il servizio? Di porcellana cinese o tedesca, in piccole tazze (come quelle del caffé), sempre con il piattino.

bon ton internazionale a tavola: il rito del té

In Russia il tè si diffuse ben presto come moda che veniva dalla Francia e dall’Inghilterra. Era apprezzato per le sue virtù terapeutiche e per la sua capacità di combattere la sonnolenza. Durante il čaepitie (momento in cui si beve il té) la bevanda era servita  con il samovar e in tazze ricercate, accompagnata da numerosi dolci e spesso le chiacchiere erano intermezzate da romanze. In epoca sovietica si usava un sottobicchiere di ferro, spesso decorato.

Se è famoso il rito del té giapponese, non possiamo non citare il rito cinese. Il gong fu cha ha regole precise, si esegue nelle sale da té. Si usa un té di tipo semi-fermentato o Oolong (o Wulong). Ha un carattere deciso, forte. Servito in tazze piccole, si prepara in una teiera del servizio Gongfu,  in terra porpora, una tradizionale ceramica di Yixing, nel Kiangsu. Si riempie la teiera fino alla metà di foglie di tè. Si versa acqua bollente sulle foglie e dopo pochi secondi si butta via la prima infusione ( “sciacquo delle foglie“). Si ripete la medesima operazione una seconda volta. Si fanno dalle quattro alle sei infusioni sulle medesime foglie di té. La migliore? Sembra la seconda e la terza infusione.

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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