Il tonno di coniglio, un antipasto freddo tipico del Monferrato, è un piatto dalle origini contadine. Il buffo nome deriva dalla conservazione: a fine cottura la carne del coniglio è conservata per qualche giorno sotto olio, risultando tenera come quella del tonno.
Un piatto goloso da provare quando si è in Monferrato? Il tonno di coniglio. Un antipasto freddo, di origine contadina, un tempo preparato soprattutto in primavera, nel periodo pasquale. Sembra che il suo nome – a dire il vero piuttosto buffo – sia stato inventato dai frati di un convento di Avigliana, nel Torinese. Un’antica leggenda racconta che nell’800 i frati, per aggirare il divieto imposto nel periodo quaresimale di mangiar carne, decisero di immergere sott’olio – come si fa per i tonni – conigli e galline, spacciandoli per pesci e poterli così degustare senza incorrere in punizioni!
La tradizione del tonno di coniglio e l’abbinamento top
In passato per preparare il tonno di coniglio, si utilizzava quasi esclusivamente il coniglio grigio di Carmagnola, una razza, oggi estinta, che aveva ossa sottili, una carne soda, saporita e soprattutto non stopposa. La tradizione vuole che venisse conservato in contenitori di coccio con coperchio, per poter essere mangiato, o forse divorato, dai contadini al ritorno dal lavoro dei campi o trasportato nelle “burnìe” (in piemontese i vasetti di vetro per le conserve) quale pasto da consumare quando si era morsi dalla fame durante la giornata.
Lo si accompagnava spesso alla giardiniera di verdure alla piemontese, un tripudio di verdure che l’orto, ogni estate, donava nelle campagne.
Dove mangiare il tonno di coniglio
“…di là dalle siepi si sentiva la vigna e si vedevano le canne: è questa la bellezza di Canelli. Sembra di essere lontano, in un paese diverso, e la collina non è più la collina, anche il cielo è più chiaro, come quando fa sole e piove insieme…”. Cesate Pavese
Io il tonno di coniglio l’ho assaggiato in un ottimo ristorante di Canelli, il ristorante San Marco. Qui è presentato in modalità gourmet, ma quello che non cambia è il piacere di un abbinamento con le ‘bollicine’: uno Spumante Asti DOCG per restare in un territorio, la cui identità è stata costruita nel tempo in simbiosi con un vino che sa raccontare nel bicchiere una grande storia. Come lpropongono il tonno di coniglio? Con giardiniera San Marco, filangé di zucchine, crumble di pane al pistacchio.
La storia del ristorante San Marco: un viaggio tra memoria e palato
Ai tempi di Pavese il Ristorante san Marco era un antico “ostu” con stallaggio, che prendeva il nome da una chiesetta nei pressi. Durante la festa del Santo evangelista le donne delle campagne vi andavano in pellegrinaggio per propiziare lo schiudersi dei “bigat”, i bachi da seta che portavano in seno. Oggi non c’è più la chiesetta, e nemmeno i “bigat”, ma c’è ancora il San Marco, e “l’arietta di vinacce di Moscato” che ogni tanto soffia tra i tigli. E ci sono Mariuccia e Piercarlo, che con discrezione e perseveranza tengono viva la grande civiltà gastronomica di queste terre, ringiovanendola con amore quando necessario, e riscoprendola in molti casi sotto le contaminazioni e gli oblii.
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