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Mancano i camerieri? Valorizziamo la professione

Il cameriere è una professione che ha bisogno di essere valorizzata. Noi vi diciamo cosa bisogna fare per dare dignità ad un lavoratore che spesso viene equiparato ad un “servo”.

Per risolvere la difficoltà di trovare camerieri, bisogna rivoluzionare il mondo dell’ospitalità, creare un nuovo modo di fare turismo E per farlo occorre puntare su formazione, giusto salario, stabilità del lavoro e cambiamento culturale.

Ai tempi in cui frequentavo l’università ho avuto una breve esperienza come cameriera in un ristorante. Ero sicura che sarebbe stato facile, poco impegnativo. Già dal primo giorno mi sono accorta che portare su un vassoio piatti e bicchieri prevede una buona dose di conoscenza di quell’equilibrio che solo i circensi conoscono.

Ricordo ancora la frustrazione, il senso d’incapacità provata quando il mio vassoio si inclinava pericolosamente e i bicchieri tremolavano annunciando la loro rovinosa caduta. La mia fortuna si rivelò solo quella di essere un’universitaria. Rispetto ai colleghi, agli occhi del ristoratore, una persona istruita. Questo mi salvò da aspri rimproveri e soprattutto comportò un cambio di mansione.

Quella breve esperienza mi porta a sostenere che il cameriere necessita di soft skills, senza le quali non amerà mai il suo mestiere. Quello del cameriere è una professione che prevede lo sviluppo dell’empatia, dell’impegno, della capacità di risolvere problemi inaspettati, della flessibilità, della capacità di lavorare in team, del pensiero critico e persino della creatività. Il cameriere ha un ruolo importante: è chi soddisfa le richieste del cliente, lo accudisce, lo fa stare bene. L’ultimo dei suoi lavori è quello di portare piatti o sbarazzare la tavola. Questo lo può fare e lo farà presto il robot. Di certo non rovesceranno vassoi e forse vi chiederanno anche scusa se vi incontreranno sulla loro strada, ma la ristorazione perderà di…umanità! E probabilmente renderà la professione del cameriere ancora più sottopagata, contribuendo a creare un lavoratore privo di diritti.

Il futuro corre e non si ferma. Diremo addio ai camerieri? No, se siamo in grado di valorizzare una professione che deve saper raccontare il piatto, invitarci a provare nuove proposte. Ma io mi spingo oltre, dobbiamo dare a loro anche un compito importantissimo per la valorizzazione delle nostre città. Chi incontra, spesso per primo, il turista? Proprio lui, il nostro bistrattato cameriere. Oltre a “recitare” il menu, a spiegare piatti e vini, può dare suggerimenti su che cosa visitare, dare piccole indicazioni sulla realtà culturale e sociale del luogo. Insomma può contribuire a formare quel viaggiatore consapevole di cui tanto parliamo.

Mancano i camerieri? Perchè oggi nessuno vuole farlo

Le ragioni per cui oggi nessuno vuole fare il cameriere?

  • Bassi salari, di cui spesso una parte in nero
  • condizioni di lavoro faticose
  • precarietà a vita
  • scarsa formazione.

E se per risolvere il problema cercassimo un nuovo modo d’intendere il turismo? Se sviluppassimo l’ecoturismo, il turismo rurale, il turismo culturale, coinvolgendo i giovani? Se smettessimo di puntare solo sul turista della tintarella o il tragico “mordi e fuggi” che sta distruggendo le nostre città d’arte? In tutto questo il cameriere, veramente formato, potrebbe diventare un ambasciatore del territorio e non colui che serve piatti in tavola. Il cameriere è chi spiega il piatto e risponde alle curiosità del viaggiatore. Non è chi ci serve, ma chi condivide con noi un’esperienza. Un grande cambiamento culturale, che coinvolge il ristoratore, il cameriere e il cliente. Può essere l’inizio per cambiare l’industria dell’ospitalità, creando un turismo che non depriva il territorio, ma che sviluppa i suoi aspetti identitari e culturali.

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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