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Gli chef ucraini e la guerra: come si trasformano i ristoranti. Il loro manifesto

Anche il mondo del food prende pozizione nei confronti dell’invasione russa dell’Ucraina

Il comitato straordinario del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco ha iscritto il piatto tipico della cucina ucraina a base di barbabietole, cavolo fresco, brodo, carne di manzo e maiale, e con panna acida, nella lista dei patrimoni dell’umanità Unesco.

Il 7 febbraio una ventina di chef ucraini aveva pubblicato il “Manifesto della cucina ucraina” in nome di storia, cibo e cultura.

Gli chef ucraini e la guerra? Anche il mondo dei cuochi si interroga su come ribattere all’offensiva russa. Il Comitato Unesco si è riunito in seduta straordinaria per decidere sulla candidatura del Borsch, il piatto tipico ucraino. L’approvazione è avvenuta, come riporta l’Ansa, all’unanimità. In particolare non è il piatto ad essere in pericolo in quanto tale ma “la pratica e la tradizione delle conoscenze legate alla realizzazione del piatto che rischiano di disperdersi per via del perdurare del conflitto“.

Gli chef ucraini e la guerra

gli chef ucraini e la guerra: come sostengono la resistenza contro i russi

Dal 2014, quando la rivoluzione dell’Euromaidan rovesciò il corrotto governo filo-russo di Viktor Yanukovych, la cultura gastronomica, soprattutto a Kiev, aveva dato forti segnali di ripresa. Venivano aperti a ritmi frenetici nuovi caffè, ristoranti, bar e caffetterie. Giovani chef ucraini reinterpretavano la cucina tradizionale ucraina e si aprivano alla cucina orientale, facendosi conoscere in tutto il mondo. Finalmente gli ucraini, abituati a mangiare a casa, conoscevano il piacere di consumare i pasti in locali gourmet.

Gli chef Volodymyr Yaroslavskyy – giudice di MasterChef ucraino-, Mirali Dilbazi, la chef Eleonora Baranova sono solo alcuni dei nomi saliti alla ribalta internazionale. Il loro merito è stato quello di aver proposto una cucina con ingredienti locali stagionali ucraini, sposando la filosofia anti spreco. Nessuno poteva immaginare che nel 2022 gli chef ucraini fossero costretti a chiedere, in nome della solidarietà, di cucinare in tutto il mondo il piatto nazionale ucraino, il Bortsh (una zuppa acida a base di barbabietole), di servirlo nei ristoranti e di pubblicare le sue foto sui social.

Il “Manifesto della cucina ucraina” degli chef ucraini prima della guerra

Dopo più di 70 anni di russificazione e tentativi di indipendenza, alcuni chef ucraini hanno avvertito l’esigenza di rivendicare una cucina che sembrava essere stata cancellata.

Siamo una generazione di chef ucraini. E abbiamo qualcosa da dire! Ecco il Manifesto della cucina ucraina per tutti coloro che vogliono vedere l’Ucraina sulla mappa gastronomica del mondo“. Era il 7 febbraio. Sembra passato un secolo. Kiev era una città tranquilla, non poteva immaginare di conoscere da lì a poco il rumore sinistro delle bombe. Una ventina di chef ucraini, tra cui Ivan Kotlyarevsky, Zinovia Klynovetskaya, Olga Franko, Mykola Markevich, Daria Tsvek o Lydia Artyukh, aveva presentato un manifesto con l’intenzione di cambiare una volta per tutte la visione della cucina del loro paese.

Il Manifesto della cucina ucraina è un documento identitario che esalta storia, cibo e cultura. Dopo più di 70 anni di russificazione e tentativi di indipendenza, alcuni chef ucraini hanno avvertito l’esigenza di rivendicare una cucina dimenticata. Pur riconoscendo l’influenza esercitata dall’epoca sovietica, ne evidenziano un’originalità derivata dall’utilizzo di ingredienti autoctoni. Nel manifesto scrivono: “…rispettiamo i valori di tutti gli ucraini, ma sottolineiamo la necessità di creare un percorso gastronomico ucraino unico“.

Nel documento si chiede agli chef ucraini di utilizzare ingredienti locali, rifuggendo dai prodotti standardizzati introdotti dall’URSS. Così scrivono “Apprezziamo i prodotti ucraini e siamo sicuri che meritino attenzione. Questa è la base su cui costruiamo la gastronomia nazionale. […] Lavoriamo con le nostre fermentazioni, produciamo bevande uniche, cuciniamo formaggi e cuociamo il pane secondo le nostre tradizioni “. Per rivendicare l’esistenza di una cucina ucraina libera dall’influenza sovietica, gli chef invitano poi i loro colleghi a recuperare ricette pubblicate in vecchi ricettari. Quali sono gli ingredienti utilizzati? Frutti di bosco o cacciagiane dal nord di Polissya; formaggio,mais, o funghi dai Carpazi; o il pesce, i frutti di mare, i vini, la frutta e la verdura della regione del Mar Nero.

È passato solo un mese e mezzo da quel 7 febbraio e tutto è cambiato rapidamente. L’economia di guerra ha spazzato via progetti culturali e rivendicazioni per costruire una cultura gastronomica identitaria ucraina. Noi ci auguriamo che presto gli chef ucraini possano ancora continuare a studiare e ad esercitare la loro creatività. Ma intanto che cosa succede in Ucraina?

Gli chef ucraini e la guerra: che cosa succede in Ucraina

Il 24 gennaio, con l’invasione russa dell’Ucraina, tutto si è fermato. L’esercito russo ha distrutto città, bombardando palazzi, ospedali, chiese e ristoranti. Più di 3,8 milioni di ucraini sono stati costretti alla fuga dal loro paese. Gli chef si sono schierati in difesa di Kiev. Così lo chef Yaroslavskyy ha trasformato il suo ristorante, Lucky Restaurant Vinoteque, in un hub, dove ogni giorno, la sua brigata prepara cibo per 150-200 persone. Il suo team lavora con cuochi di altri ristoranti della capitale ucraina per fornire pasti caldi a chi ne ha bisogno. Allo stesso modo le brigate del Ramen vs Marketing e del Kyiv Food Market cucinano per gruppi militari e volontari, preparando tonnellate di pasti al giorno.

In un’intervista rilasciata a Eater, Yaroslavskyy rimpiange le cene ispirate all’arte preparate prima del conflitto. Tutto ciò è solo un ricordo, ora si trova a gestire un sistema di ristorazione che ricorda più una mensa che un ristorante. Zhenya Mykhailenko, il fondatore di Ramen vs Marketing, collabora attivamente con l’esercito ucraino. Il suo ristorante ora, trasformato in mensa, ha modificato l’insegna. Il suo nuovo nome è L’esercito di Silente, un chiaro riferimento ai romanzi di Henry Potter. Qui ha sviluppato un menu che si rifà a quello delle forze speciali dell’esercito americano, anche se non mancano piatti ucraini.

Alex Cooper, co-fondatore del Kyiv Food Market insieme a Mykhaylo Beilin, coordina una mensa che distribuisce 10.000 piatti al giorno per sostenere l’esercito, gli ospedali, la polizia e le forze di sicurezza dell’Ucraina. Il suo obiettivo è quello di organizzare il lavoro per arrivare a servire un milione di pasti al giorno con il supporto di camion per la distribuzione in tutta la città. Il tentativo è anche quello di servire piatti capaci di risollevare il morale dell’esercito e di chi vive sotto i bombardamenti.

Mirali Dilzabi sa che il suo ristorante, appena aperto, difficilmente potrà tornare a servire il suo ricercato menu. Per aiutare l’Ucraina organizza cene nei ristoranti europei per sensibilizzare e raccogliere fondi da inviare in Ucraina. Ha anche inviato una lettera aperta al team dei 50 Best Restaurants per spostare la cerimonia del 2022 da Mosca a Londra.

…e intanto Burger King in Russia

David Shear, il presidente di Restaurant Brands International (RBI), che possiede Burger King e ha gestito i suoi ristoranti in Russia per un decennio, aveva qualche giorno fa annunciato alla stampa la loro chiusura come risposta all’intervento militare in Ucraina. Ma ora ha reso pubblica una lettera in cui scrive: “Abbiamo contattato il principale operatore dell’azienda e abbiamo chiesto la sospensione delle operazioni di ristorazione Burger King in Russia. Si è rifiutato di farlo”. Prosegue: “Abbiamo sospeso tutto il supporto aziendale per il mercato russo, comprese le operazioni, il marketing e il supporto alla supply chain, oltre a rifiutare ogni approvazione per nuovi investimenti ed espansione“.

La joint venture, di cui RBI possiede il 15%, con Kobolov comprende anche un fondo di investimento ucraino e VTB Capital, un’affiliata della seconda più grande istituzione finanziaria russa VTB Bank. Naturalmente VTB Bank è stata sanzionata dal Regno Unito, dagli Stati Uniti e da numerosi paesi europei per l’invasione.

Shear, di fronte ad una situazione paradossale, dichiara: “Ci siamo impegnati a reindirizzare tutti i profitti che riceviamo dall’azienda, compresa la nostra quota di proprietà, all’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e abbiamo fatto una donazione immediata di 1 milione di dollari (£ 760.000) per tale impegno. Abbiamo anche lavorato con franchisee di oltre 25 paesi per distribuire 2 milioni di dollari (1,5 milioni di sterline) di buoni pasto gratuiti per i ristoranti Burger King alle ONG che sostengono i rifugiati ucraini“.

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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