Dal 4 al 6 marzo, a Milano, si svolgerà la tredicesima edizione di Identità Golose, il Congresso Gastronomico, il cui tema è di stretta attualità: “La forza della libertà: il viaggio”. Dopo la vittoria di Donald Trump, dopo che molti Paesi sembrano avere scelto la via di alzare sempre più muri e steccati, il mondo dell’enogastronomia lancia un segnale importante, ricordando che la cucina non ha confini, essendo frutto di contaminazioni. Dal momento che viviamo in un periodo che rischia di prediligere le tenebre, Famelici decide di tenere accesi i riflettori e di segnalare tutte quelle iniziative culturali capaci di promuovere un dibattito serio e ragionato. Per questo abbiamo costruito una mini guida “internazionale” per sottolineare che si cresce solo a patto di mettersi in gioco. Ben venga un dibattito multilingue e multiculturale.
Italia- Antonio Biafora
Antonio Biafora, rivelazione della cucina calabrese, lavora presso il Ristorante Biafora a San Giovanni in Fiore. La sua cucina richiama emozioni, profumi legati alla sua terra, ma soprattutto sensazioni gustative e visive che rimandano all’arte. Come sei diventato chef? “Per gioco, dopo essermi laureato in Scienze Turistiche. Sono entrato nelle cucine del ristorante gestito dalla mia famiglia, me ne sono innamorato e non ne sono più uscito”. Se avessi dovuto scegliere per forza un’altra professione? “Il macellaio o il fornaio”. La principale dote di uno chef? “Il rispetto della materia prima, del produttore, del cliente, ma anche di chi lavora con te”. Per avere successo?“Tanta umiltà, voglia di imparare, lavorare senza sosta, essere curioso, permettere alla creatività di svilupparsi nel rispetto delle tecniche”. Ti affascina la pasticceria? “Ho studiato come cuoco, ma la pasticceria mi ha sempre attratto. Il mio desiderio è quello di creare un piatto dove il confine tra dolce e salato sia talmente sottile da risultare impercettibile”. Il sogno nel cassetto? “Aprire un mio locale dove il cuoco e l’ospite possano dialogare fra loro senza remore”. La tua cucina esprime la tradizione? “Amo la Calabria, vorrei che diventasse una meta gourmet. Con 7 giovani chef calabresi abbiamo dato vita al progetto di comunicazione gastronomica Cooking Soon. Il nostro obiettivo? Essere gli ambasciatori del cibo calabrese nel mondo”.
Lunedì 6 marzo alle 13.20 Sala Blu 1- Identità di Montagna
Corea del Sud –Jun Lee
Jun Lee, patron del ristorante pop-up Soigné Seoul, nel quartiere francese della capitale della Corea del Sud, propone una cucina che è una contaminazione di diverse culture: coreana, internazionale, con forti influenze italiane e francesi, con una particolare attenzione rivolta all’evoluzione del gusto americano. Già il nome, la cui traduzione dal francese è “vestito elegante”, ci fa capire che cosa il giovane chef intenda con il termine ristorazione. Il nome del locale deriva dal soprannome affibbiato a Jun Lee dai “colleghi” del Culinary Institute of America. Forte è l’ispirazione verso lo street food asiatico, ma non mancano incursioni nella cucina e nelle tecniche europee. La sua cucina a vista a ferro di cavallo consente ai commensali di “curiosare” la preparazione dei piatti. Jun Lee definisce il suo locale un teatro con un palco che permette a tutti di godere dello spettacolo! Il menù cambia ogni 3-4 mesi ed è sempre dedicato a un tema: dal cinema alla creatività della natura.
Domenica 5 marzo alle 15.45- Sala Auditorium
Cile – Rodolfo Guzman
Rodolfo Guzmàn gestisce a Santiago del Cile il Restaurante Boragò, uno dei migliori ristoranti dell’America Latina. La sua cucina esalta i prodotti del territorio ed è espressione di una accurata ricerca delle culture autoctone. Al Boragò per le cotture si utilizzano diversi tipi di pietre, così come per le affumicature ci si serve di diversi tipi di legno. Tutto è frutto di un attento studio. Lo chef cileno ha lavorato in Europa, ma l’esperienza che lo ha fatto crescere professionalmente è stata quella nella brigata di Andoni Luis Aduriz al ristorante Mugaritz. Guzmàn è uno di quegli chef che non esalta la tecnica, preferisce evidenziare l’importanza dei sapori e dei metodi di cottura ripresi dalla cultura autoctona. Dichiara: “Io porto avanti la cucina del popolo Mapuche, non perché voglio cucinare come loro nel passato, ma perché utilizzo i prodotti endemici del territorio. Quelli sono rimasti gli stessi. Il Cile gode di un microclima particolare rispetto altri paesi dell’America Latina. Nel mare cileno vivono specie che sono uniche al mondo. Anche nelle zone boschive ci sono prodotti endemici, che si trovano solo qui”.
Lunedì 6 marzo alle 15.00-Sala Auditorium
Sarah Minnick-USA
Pizzaiola di Portland, Oregon, Sarah Minnick diventa pizzaiola per amore. Con il boyfriend decide di aprire un ristorante. Dapprima Sarah si occupa della sala, successivamente si interessa della cucina, un po’ per necessità, un po’ per curiosità. Si appassiona allo studio delle materie prime, in particolare a quelle del territorio. Il primo amore gastronomico è per il gelato. Qualche anno fa prende coraggio e decide di aprire un suo locale, il Lovely’s Fifty Fifty. Da autodidatta ha studiato la panificazione, poi si è dedicata al mondo della pizza. Negli ultimi anni si è impegnata nello studio di diversi grani e impasti. A Identità Golose salirà sul palco con Franco Pepe della Pizzeria Pepe in Grani di Caiazzo, in provincia di Caserta. Il curatore del Congresso Gastronomico, Paolo Marchi, notando la loro affinità, ha voluto che dividessero il palco per un confronto veramente “internazionale”. Che cosa accomuna i due chef? Il desiderio di confrontarsi e l’innata curiosità.
Domenica 5 marzo alle 18.00- Sala Auditorium
Ángel León- Spagna
Lo chef del mare, cittadino della Baia di Cadice, così ama definirsi lo spagnolo Ángel León. Dopo aver lavorato in Francia, è tornato in Andalusia, per aprire nel 2007 il suo locale, Aponiente. Un’apertura che gli ha permesso di conquistato una stella Michelin. Grazie a diverse esperienze sui pescherecci è diventato un grande conoscitore dei prodotti ittici. Convinto sostenitore della pesca sostenibile, ricorda spesso “di essersi innamorato prima del mare e solo più tardi della cucina. Ho voluto creare un mondo da due realtà che dovevano imparare a rispettarsi. Io imparo dal mare, ho un profondo rispetto per i suoi insegnamenti”. Ángel León non parla di brigata ma di “equipaggio” animato dalla passione di raccontare il mare attraverso la cucina. La sua è una cucina estrema, radicale, basata spesso su scarti di pesce che nessuno aveva mai pensato di utilizzare. A lui si deve l’invenzione della Clarimax, che chiarifica i brodi con le alghe diatomee. Ha poi ideato una pasta di plancton marino per esaltare il gusto degli alimenti e ha azzardato un formaggio a base di grasso di pesce. Ecochef o technochef? Per scoprirlo sarà interessante andare a sentirlo.
Lunedì 6 marzo alle 17.15 – Sala Auditorium
Paul Pairet -Francia
Cucino o spettacolo? O entrambe? Lo chef francese Paul Pairet, notato e voluto da Alain Ducasse al Cam del Ritz Carlton di Istanbul, nel 2005 inizia la sua avventura in Asia, a Shanghai. Nel 2012 vede la luce il suo progetto più “geniale”: Ultraviolet. In un ex magazzino, nel centro di Shanghai, dieci ospiti, seduti ad un unico grande tavolo, assaggiano 22 portate. L’obiettivo della cena? Stimolare i cinque sensi. L’ambiente è fondamentale, tutto è curato: dal suono al profumo fino ai colori. Ti servono un’aragosta? Sulle pareti scorrono immagini che richiamano il mare, nel locale si diffondono effluvi che richiamano la salsedine, un autoparlante diffonde il rumore delle onde. Un “immersive dining” che trae origini da due grandi passioni dello chef: la cucina e la fotografia.
Domenica 5 marzo alle 11.30- Sala Auditorium
Mariana Muller-Argentina
Mariana Muller, nata a Buenos Aires, da padre tedesco e madre ungherese, gestisce, con il marito Ernesto Lupo, il ristorante Cassis, a Baliroche, in Patagonia. É conosciuta come la regina della cucina acida, una cucina che si basa su diversi tipi di aceto e sulla fermentazione di materie prime selvatiche. Di grande successo le sue gelatine, aspre o dolci, fatte con mirtilli, ribes, lamponi, barbabietole, prugne, fiori di sambuco, rosa canina e diverse erbe, come la verbena. Lo studio della fermentazione si sviluppa dopo un disastro naturale che ha rischiato di farle chiudere il locale. Ha lavorato per proporre la cucina acida in un paese che non la conosceva. “L’acidità-racconta Mariana-stimola la mia creatività. Ogni piatto nasce dall’abbinamento con piante, fiori e radici”.
Sabato 4 marzo alle 11.30- Sala Blu 2-Identità Naturali
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