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Perché Donald Trump non è gourmet

Donald Trump è il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America. Comunque la pensiate, io posso dirvi, senza pericolo di smentita: Donald Trump non è  gourmet e non lo sarà mai! Non so se costruirà un muro al confine con il Messico, lungo 3.200 chilometri, ma sicuramente costruirà “muri” nella mente degli uomini. Il cibo da sempre è veicolo di conservazione, ma anche di quella contaminazione che permette l’innovazione che poco alla volta si trasformerà in tradizione. Laddove c’è contaminazione, c’è incontro, non scontro, ma soprattutto c’è cultura. La cucina è il simbolo della cultura e il cibo contribuisce a costruire l’identità umana e ad essere uno strumento di comunicazione. Tutte le culture, come tutte le religioni, indicano condotte alimentari che sottintendono valori simbolici, metafisici e sociali.

Il Melting Pot alimentare unisce, non divide

Il Medioevo europeo ha visto la formazione di un’identità alimentare innovativa grazie alla contaminazione di differenti culture: quella della tradizione romana e quella “barbarica”. Lo stesso gelato, protagonista in questi giorni al Sigep di Rimini, è nato dalla contaminazione della cultura siciliana con quella araba. La cucina può avere un significato culturale ma anche gustativo solo a patto che ci siano incontri vivaci e frequenti. La cucina è pluralismo. Presidente Trump è ancora sicuro di volere costruire quel muro tanto inutile quanto dannoso? Meglio alimentare il populismo o le menti e gli stomaci di persone affamate di cultura?

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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