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Sant’Agata dei Goti: un viaggio in un borgo geloso della sua storia

Questa settimana vi propongo un viaggio a Sant’Agata de’ Goti, un piccolo borgo in provincia di Benevento. Uno dei luoghi più magici della Campania. Qui si respira la storia, non solo quella che si studia sui libri di storia, ma anche quella scritta dalle popolazioni che hanno lasciato le loro tracce nell’enogastronomia. La storia di Sant’Agata de’ Goti è complessa, persino oscura. Il mistero avvolge persino il suo nome. La versione più accreditata vuole che risalga al periodo normanno quando qui giunse la famiglia Drengot che legò i suoi destini a quelli della fortezza. Una fortezza affascinante che gli abitanti del borgo e i numerosi turisti hanno potuto visitare l’anno scorso in occasione di “Tufacea. La Notte Bianca della Cultura”.

La storia della Fortezza di Sant’Agata de’ Goti

Nell’anno Mille un oscuro cadetto normanno, Osmondo Drengot, sbarcò sulle coste campane. Confuso tra i mercenari, disperato, cercava di salvare se stesso e la sua famiglia dalla rovina attraverso la conquista della protezione di un Signore. Diventò così guerriero al soldo di Guaimario IV, principe di Salerno. L’origine della dinastia Drengot coincide con l’inizio della storia del nome di Sant’Agata de’ Goti. Osmondo Drengot arruolato con i fratelli in una banda di 250 guerrieri composta da esiliati, militari senza terra e avventurieri senza speranza di riscatto in patria, si diresse a Monte Sant’Angelo nel Gargano, in Puglia, presso il Santuario dell’arcangelo-soldato Michele. L’ obiettivo di questa banda di diseredati era quello di cercare in Italia un riscatto presso Ottone I, impegnato nella creazione di Marche e Contee. La scelta ricadeva su chi fosse di comprovata fedeltà. Il compito era arduo, ma la ricompensa cospicua: risorse economiche e terreni. Si trattava dei famosi Benefici. Furono la fortuna della famiglia Drengot. Nel 1030 furono ingaggiati dal Duca di Napoli, Sergio IV, contro i Longobardi del Principato di Capua, guidati da Pandolfo IV, detto Testa di Ferro. In cambio della vittoria, Sergio IV offrì al primogenito dei Drengot, Rainulfo I, un podere nei pressi di Aversa e in sposa la sorella. Erano state gettate così le fondamenta dello sviluppo del potere normanno in Campania. Nel 1108 Rainulfo III ricevette dal padre le terre di Sant’Agata, Alife, Caiazzo, Avellino, Airola. Dopo essere stato nominato Duca di Puglia, l’Imperatore lo rese Vassallo. Così Rainulfo, in nome dei servigi resi sotto le armi, ebbe podestà di gestire la rocca e di godere la protezione del Signore in caso di pericolo o bisogno economico.

Non solo la Fortezza, ma anche…

Da non perdere la Chiesa dell'Annunziata, che conserva preziosi affreschi del Trecento e Quattrocento

Da non perdere la Chiesa dell’Annunziata, che conserva preziosi affreschi del Trecento e Quattrocento. E poi la Cattedrale dell’Assunta, ovvero il Duomo,  è testimonianza del susseguirsi  delle epoche nel paese: fu costruita infatti nel 970, ma venne ricostruita nel XII secolo e restaurata più volte fino al XVIII secolo. Più antica è la Chiesa di San Menna, risalente al VII secolo. Qui sono conservate le reliquie del santo omonimo, che visse nel IV secolo come eremita sul monte Taburno e le cui spoglie vennero trasferite nel paese. . Che dire? Sant’Agata de’ Goti è un borgo meraviglioso, dove si trovano ancora botteghe che vendono prodotti veramente artigianali e dove puoi perderti nei racconti di una cultura popolare ancora viva. AcquedottoCarolino nei pressi di Sant'Agata de' Goti, un borgo tufaceo da scoprireNei pressi di Sant’Agata de’ Goti da visitare (anche in notturna) il meraviglioso e sorprendente Acquedotto Carolino costruito per portare acqua alla reggia di Caserta. Una grande costruzione ingegneristica che per l’approvvigionamento idrico sfruttava le sorgenti alle falde del Taburno, a 254 metri sul mare. Lungo 38 chilometri, l’acquedotto Carolino era costituito da un condotto largo 1,20, alto 1,30 con 67 torrini a pianta quadrata per gli sfiatatoi e per accedere all’acquedotto per eventuali controlli. La costruzione vide l’inizio dei lavori nel 1753 per opera di Vanvitelli.

 

 

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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