Le meraviglie nascoste del Molise: cibo e cultura
Il Molise non puoi non amarlo. Nonostante sia veramente poco conosciuto, merita una vacanza all’insegna di cibo e cultura. La sua originalità? La regione ha assorbito diverse culture riproponendole in modo unico.
Il Molise sembra una terra aspra, ma poi si rivela morbida, invitante. Basta saperla conoscere. Da dove iniziare (per tornare c’è sempre tempo)? Da tre strade: la gastronomia, la storia e la natura.
Le meraviglie nascoste del Molise
La gastronomia: terra di sapori autentici
La cucina molisana è la migliore fotografia del territorio. Legata ai prodotti del mare e dei pascoli, ai sentori dell’olio locale e della verdura. Una cucina che risente delle contaminazioni delle regioni confinanti, ma che ha saputo mantenere una forte identità.
La cucina termolese
La cucina termolese è sinonimo di mare. Il termolese distingue il pesce “di battello” (piccola imbarcazione che esce in pesca all’alba e rientra il primo pomeriggio) da quello del motopeschereccio, che resta in mare l’intera giornata. Oggi l’impoverimento ittico dell’Adriatico e i divieti di pesca nei periodi di riproduzione rendono più complessa la realizzazione di alcune ricette tipiche come il brodetto e la frittura di triglie fritte piccole ( i trejezzole), la torpedine (‘a mertiscene) con i peperoni arrostiti sui carboni e le insalate a base di molluschi arrostiti sulla graticola, come i cuccelille e la chetarre arracanate. Altro piatto conosciuto è u pescefujjute (il pesce fuggito). Un nome ironico, dal momento che l’estrema povertà di chi preparava questo piatto non consentiva di fare entrare nel piatto il pesce. La preparazione era composta di olio, acqua, pomodoro, cipolla, un pezzetto di peperone. Oggi è il piatto forte di molti ristoranti e trattorie termolesi. Un piatto di chi andava in mare? Alla sera nelle case dei pescatori, al loro rientro, si mangiava u’ brudette alla termolese.
La cucina dell’entroterra molisano
Per capire la cucina dell’entroterra molisana basta fare un giro al mercato. Oltre alla salsiccia aromatizzata con erbe selvatiche e diverse tipologie di formaggi, trovi le verdure, vere protagoniste di diversi piatti molisani. Che cosa assaggiare?
I primi piatti
- Maccheroni con mollica di pane raffermo
- Cavatelli con ragù di agnello
- Pasta e fagioli fatta con piccole lasagne, peperoncino e erbe aromatiche
- Fusilli alla molisana, con peperoncino e pecorino.
L’imperdibile?
La polenta da proporre con salsiccia fresca e funghi porcini alla brigante, o con verdure saltate con aglio e peperoncino.
I dolci?
- Cicerchiata
- Caragnoli, frittelle ricoperte di miele
- Ostie farcite riempite con noci e mandorle.
Il vino che non ti aspetti: il Tintilia
Il Tintilia è un’uva a bacca nera, coltivato in Molise da oltre 50 anni. Le sue origini risalirebbero al tardo ottocento. Ne troviamo testimonianza in un censimento agrario, dove è citato il nome per indicarlo come il vitigno più diffuso di quel periodo nel territorio molisano. Il nome risalirebbe allo spagnolo tinto, vino rosso. Il vitigno sarebbe arrivato in Italia nel 1700, probabilmente in virtù di scambi commerciali.
La filossera lo ridimensionò al rango di “tintore” di altri vini considerati più pregiati. Oggi conosce una nuova “primavera”. Il Tintilia tende a presentarsi di un colore rubino scuro e profondo, buon corpo con tannini morbidi. Ha un alto contenuto alcolico, bilanciato dalla parte aromatica del frutto. I profumi? Prugne, amarene, liquirizia e pepe nero. È un vino da abbinare a pregiati piatti di carne rossa.
La storia: dai Sanniti al periodo medievale. Due proposte imperdibili
Dopo anni di lavoro, sono tornati all’antico splendori gli scavi archeologici di Altilia-Sepino, la città dissepolta. Affascinante percorrere la strada che in un lontano passato era il mercato, il luogo delle botteghe. Si racconta che all’epoca dei Sanniti, Saepinum fosse un importante centro commerciale. Probabilmente per la sua posizione strategica, essendo all’incrocio di due importanti strade: il tratturo di Pescasseroli-Candela, attraversato dalle greggi transumanti, e la via che va verso il Matese. Durante la terza guerra sannitica il centro fu occupato dal console apirius Cursor e alla fine de II sec. fu resa municipium. Raggiunto il massimo fulgore nell’età Augustea, decadde e fu abbandonata con il decadere di Roma. Sono visitabili ancora i resti del teatro e un edificio rurale adibito a museo.
Un luogo suggestivo dove è bello passeggiare. L’accesso dell’area archeologica, attraverso le sue porte (Porta Boiano, Porta Tammarro, Porta Benevento, Porta Terravecchia), porta al Decumano, ai cui lati sono presenti le botteghe artigiane appena descritte, le fontane e i bagni termali. Da vedere la Basilica, le cui colonne in stile dorico aprono sul foro, luogo delle funzioni politico-amministrative.
Mentre Altilia-Sepino è noto per la sua testimonianza di quella che doveva essere la vita dei Sanniti e dei Romani, l’Abbazia Castel San Vincenzo, ai piedi delle vette Mainarde, sulle rive delle acque del fiume Volturno, è testimonianza dei fasti dell’impero carolingio, quando era un importante strumento di controllo del territorio. Un misto di opulenza e sobrietà durato fino all’incursione saracena, talmente violenta da tingere le acque del fiume di rosso sangue. Basta guardarsi intorno per capire come doveva svolgersi la vita dei 500 monaci benedettini che l’abitarono.
Uniche le cucine carolingie, dove i monaci cucinavano per la comunità. I piani di cottura erano alimentati dalla legna. Vi è ancora un canaletto in laterizio, che doveva essere uno scarico per i rifiuti. Che cosa mangiavano? Sono stati ritrovati semi di uva, olive, noci e resti di pesce di mare. Qui arrivava il pesce fresco conservato utilizzando le neviere dei gelatieri.
Da non perdere la visita alla cripta di Epifanio, un vero gioiello d’arte e di significati religiosi. Fu trovata casualmente nel 1932 da un contadino cadutovi dentro. Il committente della cripta è l’abate Epifanio, vissuto tra l’824 e l’842. É un ambiente rettangolare con una volta a botte che si apre sulla sinistra e nella parte centrale con un vano absidato cui corrisponde sulla destra un altro vano, poco profondo e squadrato, che contiene la fenestella confessionis. A sinistra si apre una nicchia, il cui piano è a circa ottanta centimetri da terra, cui corrisponde perfettamente di fronte un’altra nicchia più grande.
La suggestiva lettura di Maria come donna, madre di Dio
Interessante sono le rappresentazioni di Maria, all’epoca poco raffigurata e venerata perchè donna. É raffigurata al centro della finta cupola, all’interno di una calotta azzurra contornata da due fasce, una rossa ed un’altra azzurra, trapuntate di stelle, con una scritta verticale alla sua sinistra dove si legge SCA MARIA. Si tratta della più antica rappresentazione della Madonna Regina assisa in trono nella sfera celeste. Il viso, inquadrato da una grande aureola dorata, è ormai molto rovinato ma si riconoscono vistosi orecchini penduli ed una ricercata acconciatura nei capelli tenuti molto alti, parzialmente raccolti in un velo che scende sulle spalle.
É vestita con una dalmatica rossastra con una orlatura dorata che nella parte centrale forma un clavo. Dalle maniche bianche si intravedono gli avambracci fasciati in una tunica ocra che spunta anche sulla parte bassa della veste a coprire parte dei piedi calzati da pantofole regali arricchite da fili di perle. La mano destra è aperta con le dita allargate ed il palmo rivolto verso chi guarda, mentre la sinistra sorregge un libro aperto poggiato sulle gambe e le cui pagine riportano la scritta BEATAM ME DICENT.
Si ricorda che Gesù Cristo è figlio di Maria, dando molta importanza al suo ruolo nella storia del Cristianesimo. Le dita visibilissime ed assai estese indicano il potere racchiuso nel suo ventre. É una mano che non esprime sbigottimento, ma consapevolezza di avere in grembo il figlio di Dio. Al centro della calotta celeste, contornata di stelle, la Madonna Regina esercita un potere su tutto l’Universo, anche sul quinto Arcangelo che, per il fatto di reggere il Sigillo del Dio Vivente, rappresenta suo Figlio.
La natura: tanto bella da farti girare la testa!
Come arrivarci
Il Molise ha una sola autostrada, l’Adriatica; la rete stradale è costituita da strade statali e provinciali. Non vi è aeroporto; il più vicino è quello di Pescara. In treno da Milano la Freccia Bianca Milano-Lecce (fermata Termoli).
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