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Il futuro, il cibo e la politica: un legame sempre esistito

Non si può parlare di socialità senza parlare di cibo. Non si può parlare di cambiamento climatico senza parlare di cibo. Il cibo è cultura, il cibo è politica.

Covid 19, la pandemia ha messo in evidenza quanto il cibo è politica. E oggi ci mostra la crisi del nostro sistema economico. Le imprese, soprattutto i ristoranti, le strutture turistiche e i negozi chiudono a causa della riduzione del reddito. Molti lavoratori hanno perso il lavoro, di conseguenza fanno fatica ad arrivare a fine mese. Ci sono quesiti a cui ci piacerebbe trovare una risposta:

  • si può pensare ad un sistema economico diverso?
  • si può pensare ad una società più equa, sostenibile e attenta ai reali bisogni di produttori, consumatori e dipendenti?
  • si può pensare di avviare una riflessione partendo dalla ristorazione?

Cibo e politica: il cibo è un linguaggio politico con la sua grammatica

Nel 1862 Feuerbach pubblica Il mistero del sacrificio o l’uomo è ciò che mangia e senza giri di parole dichiara che prima di parlare di qualsiasi cambiamento spirituale, politico o sociale occorre fare sì che l’uomo si nutra.

“La teoria degli alimenti è di grande importanza etica e politica. I cibi si trasformano in sangue, il sangue in cuore e cervello; in materia di pensieri e sentimenti. L’alimento umano è il fondamento della cultura e del sentimento. Se volete far migliorare il popolo, in luogo di declamazioni contro il peccato, dategli un’alimentazione migliore. L’uomo è ciò che mangia“.

Il diritto al cibo e all’alimentazione è sancito filosoficamente e diventa un impegno politico. Di più: nel 900 diventa non solo una necessità, ma la ricerca del piacere, del benessere, a cui in una società democratica tutti devono accedere.

Il cibo oggi diventa un importante elemento per studiare le contraddizioni della democrazia. Le diseguaglianze, l’esistenza di paesi dove ancora si muore di fame, il problema irrisolto della distribuzione delle ricchezze, l’insorgere anche nei paesi ricchi di difficoltà, acuite dalla globalizzazione, di creare nuove forme di integrazione tra politica e sistema sociale ha reso il tema dell’alimentazione di nuovo centrale.

L’avanzare della tecnologia, il suo coinvolgimento nella produzione di cibo, ha spesso causato un’aspra critica nei confronti della scienza. La società diventa sempre più complessa e gli strumenti per leggerla e governarla più complicati da utilizzare e spiegare. Si rischiano quegli atteggiamenti che Karl Marx chiamava robinsonate. La contrapposizione Natura e Scienza è sterile, rischia di portare al rifiuto della cultura. Semplicemente la scienza deve rispondere ai bisogni degli uomini e della società e la cultura serve come mediazione.

Il cibo ha una doppia valenza: il cibo crea identità, ti fa sentire parte di una comunità e proprio per questo è usato dalla politica per dialogare con i cittadini. I ristoratori sanno quanto sia importante il legame con il territorio. Soprattutto oggi. I loro ristoranti proprio per questo si trasformano in forme di resistenza culturale, diventando luoghi politici. La stessa scelta di un menu è un atto politico.

Ridisegnare il mondo della ristorazione: i ristoranti sono custodi della socialità

Se dobbiamo pensare ad un modello diverso, dobbiamo partire dagli inizi, ovvero dagli immobili. Gli affitti sono esorbitanti, soffocano ogni velleità di fare vivere un’attività in modo sano. Come risolvere il problema? Quale modello di proprietà sviluppare? Che cosa possiamo “inventare” per risolvere il problema?

E come ottenere i finanziamenti che ci aiuteranno ad avviare la nostra attività? Qui dovrebbero intervenire i sindaci delle nostre città Il ristorante non è solo il luogo dove si mangia, è molto di più. Convivialità, aggregazione, identità culturale, sicurezza.…Vi basta? In particolare, oggi che il Coronavirus ci impone il distanziamento fisico, sentiamo la necessità della socialità. E per condividere le nostre esperienze e le nostre emozioni ci dobbiamo avvicinare alla tecnologia.

Subito si apre un altro problema: come raccontare la nostra idea di ristorazione? Ricordiamoci che esistiamo solo se siamo capaci di narrarci. E la scelta dello storytelling diventa sempre più importante.

 

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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