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Tutti i segreti dello spiedo della Marca Trevigiana. Cibo è cultura

Nessun dubbio: i metodi di cottura più antichi sono la griglia e lo spiedo. A dimostrazione che cibo è cultura. Famelici vi svela i segreti dello spiedo della Marca Trevigiana.

Lo spiedo era la tecnica usata dalle popolazioni nomadi, in particolare dai cacciatori e dai guerrieri. I primi documenti che ce ne parlano sono i poemi omerici, dove lo spiedo è banchetto, ma anche cerimonia religiosa che prevedeva la lettura del futuro attraverso le viscere.

Omero ci descrive una cottura “arcaica”: lo spiedo è messo sopra o accanto alle braci dopo che le fiamme si sono consumate. Il passaggio dello spiedo dalla Grecia a Roma è stato veloce. Virgilio, nel IV libro dell’Eneide, racconta una battuta di caccia e ci descrive un gruppo di giovani che escono dalla città con “ferrei spiedi”, i venabula, termine che indica anche la spada. Caduta Roma, la tradizione dello spiedo non si perde.

Ci pensano a mantenerla i Longobardi. Il venabulum latino è sostituito dal termine spetus, parola in origine franca (speot). I Longobardi per oltre 200 anni occuparono la pedemontana veneto-friulana-lombarda, da Cividale a Soligo e Breganze, fino a Brescia e poi Pavia. Lo spiedo diviene comune soprattutto nella Pedemontana Trevigiana alla sinistra del Piave, nell’Alto Vicentino e nel bresciano. Si affinarono soprattutto le tecniche di costruzione dello spiedo: dal “menarosto” allo “spiedo di Leonardo da Vinci”, azionati dal calore e dal fumo, o, da meccanismi mossi dall’acqua corrente.

Lo spiedo longobardo è una verga di ferro o di legno appuntita ad una estremità ed è appoggiato da una parte a una forcella, mentre dall’altra è sostenuta e fatta girare da una persona. Successivamente il sostegno a forcella si duplica, fissandosi al fusto verticale degli alari del camino.

Cibo è cultura e socializzazione: i segreti dello spiedo della Marca Trevigiana (culturali ed enogastronomici)

Lo spiedo non si cucina per poche persone, prevede lunghi tempi di cottura e dunque presuppone la presenza di persone che passano il tempo a chiacchierare. In tempi lontani, quando la caccia aiutava a “tirare avanti” gli uccelli erano spesso i protagonisti dello spiedo. Solo i ricchi consumavano carne di maiale o pollo. Il popolo lo preparava in occasione delle feste. La prima spieda era a fine marzo, verso San Giuseppe, quando c’era la “furia dei betarei”, ovvero dei pettirosso. Lo spiedo era fatto anche in autunno: lo spiedo del ciàk. Ci si doveva accontentare di uccelli grossi, come i tordi. Importante era lo spiedo di San Martino dell’11 novembre, quando si usava la carne di maiale.

Lo spiedo che ho assaggiato…grazie agli alpini di Pieve di Soligo

I segreti dello spiedo della Marca Trevigiana

Quello cucinato, in occasione della vendemmia notturna presso La Vigna di Sarah, preparato dagli alpini di Pieve di Soligo, dove c’è una vera scuola di maestri dello spiedo. Tutti ricordano “mastro” Poldo, Leopoldo Nardi, nato nel 1912 e morto nel 1995. Il suo segreto? “Sal e péver”, sale e pepe, limitando i condimenti. Oggi esiste l’Accademia dello Spiedo dell’Alta Marca, fondata da un gruppo di amanti della propria terra e della cultura enogastronomica. Per conservare la tradizione hanno pubblicato un Disciplinare.

La ricetta e le regole del Disciplinare dell’Accademia dello Spiedo Dell’Alta Marca

  • El becher e la carne
    Scelta del macellaio che deve conoscere lo spiedo. La carne deve essere di qualità: la carne di maiale deve essere frollata (almeno una settimana). Il pollo (minimo 60 giorni di vita) non deve essere necessariamente frollato, viene diviso in tre pezzi: il fusto e la sovracoscia divisa in due. I pezzi devono essere di 120 grammi e quadrati (con l’esclusione delle cosce del pollo). Le costicine devono presentare due ossa. Si usa il lardo ( 2 millimetri di spessore per 7 cm di lato, di schiena, quadrati e regolari) e non la pancetta. Unici aromatizzanti concessi: salvia e sale.
  •  Inpirar – el spiedo
    Preparare: lardo con la salvia all’interno, poi si mette la costicina, poi lardo, salvia, ossocollo, lardo, salvia, pollo a cadenza regolare perchè il grasso delle lardelle scioglie l’aroma della salvia. Va rispettata la sequenza anche per la cottura. Si termina con la costicina.
  • Caricare la macchina e inpinzhar il fuogo

La cottura avviene per irraggiamento. La legna deve essere stagionata, di carpino o faggio (non resinosa o   leggera come il pioppo). Si accende il fuoco: fuoco lento per le prime 2 ore. Bisogna curare l’uniformità della cottura. Si tende a fare  una fiamma a U. Dopo 2 ore si comincia a spingere.

  • Salar el spéo
    Due ore prima della fine della cottura, quando lo spiedo è ben unto, si sala con sale fino scaldato al fuoco (0,7%).Un’avvertenza importante: segnare da dove si inizia a salare segnando con uno stuzzicadente da dove si inizia. É un’arte perchè il sale “deve essere seminato”, sparso, uniformemente. Il sale deve essere secco. Viene sparso lungo la “spada”.
  •  La cottura
    La cottura dipende dalle porzioni. Per 10 porzioni 6-7 ore. Lo spiedo è pronto quando la carne è morbida e l’osso sfrigola. Lo spiedo è bello prima che buono. Lo spiedo si aspetta!
  • Gli abbinamenti
    Il calore ha fatto colare il grasso delle carni e del lardo nella golosa. Il grasso caldo va eliminato, ma può essere utilizzato per i contorni. Lo spiedo è un piatto unico e va servito con polenta bianca, se bramata è meglio. Poi con le erbe (33% catalogna e il resto coste bollite, scolate e fatte saltare con il grasso dello spiedo o della pancetta stagionata tagliata a cubetti. Infine un ruolo importante è dato dai fagioli, si preferiscono borlotti di Lamon IGP che nella ricetta del Consorzio vanno lasciati in ammollo per 12 ore, coperti d’acqua. Portati a bollore. Raggiunta l’ebollizione, va eliminata l’acqua. Si rimette l’acqua con sedano, carote, cipolla e sale. Si fa sobbollire lungamente fino a che la consistenza, al palato, della buccia è simile a quella interna. Non va mai girato. Il segreto è quello di lasciarli raffreddare nell’ acqua della cottura in modo che il fagiolo riconquista la sua consistenza, valorizzando la consistenza unica del fagiolo Lamon IGP.

I segreti dello spiedo della Marca Trevigiana

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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