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Ricette, Natale e storie di cinema: una serata diversa

Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante; Vatel e Sideways: se ti piace il cinema, prepara una cena ispirata al mondo della settima arte. Una mini guida ai piatti e ai drink giusti

Serata all’insegna dell’umorismo grottesco e cattivo (per cinefili)

Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante

Ricette, Natale e storie di cinema: Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante

Diretto nel 1989 dal regista – pittore -politico, in una parola sola, poliedrico, Peter Greenaway, Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante” racconta la storia di un amore impossibile, un pò una rievocazione grottesca della tragedia sentimentale di Romeo e Giulietta. Il tutto condito volutamente con il cattivo gusto. Protagonista è una storia d’amore vissuta in segreto, all’interno di un ristorante potenzialmente ottimo, “Le Hollandais”, gestito da un uomo privo di morale e piuttosto ottuso. La cucina del cuoco francese Richard rimanda ad un mondo di sogni, di peccati che vorrebbero essere raffinati ma che si trasformano in barbarie. Alla fine del film il cibo diventa umano per poter essere ingerito. In fondo: “il cibo è la fine e il principio di tutto”. In una una società malsana e asservita al Dio-denaro, la gloria passa attraverso il sangue.

Mangiare pietanze nere è come dire, eccoti morte, ti mangio. Il tartufo, il caviale, tutto ciò che è nero la fine e il principio. Tu non trovi che siano nere tutte le pietanze più dispendiose? Noi facciamo pagare la vanità!”

L’allegoria della cucina francese

Il cibo francese è un’allegoria incarnata, un continuo rimando ad un capitalismo famelico che cucina, divora, e infine digerisce valori umani e culturali, sacrificati in un volgare banchetto la cui regola è il profitto senza valori. Si fa riferimento alla pesantezza di una cucina ricca di salse, intingoli, che spesso indulge all’esaltazione di ingredienti raffinati, ma che nella loro essenza ed estetica richiamano la morte. L’ultima scena del fìlm è l’esaltazione di un humor nero ricco di sacralità dissacrata da un cadavere glassato servito a regola d’arte.

La ricetta del piatto preferito da Georgina: profitteroles

Dopo aver servito del tacchino freddo con limone e basilico e delle acciughe in aceto e all’aglio, si passa al dolce: il profitteroles.

Ingredienti

  • 62 g acqua
  • 55 g burro
  • 8 g zucchero
  • 120 uova
  • 62 g latte intero
  • 3 g sale fino
  • 75 g di farina 00
  • tuorli
  • 220 ml panna fresca (per la ganache)
  • 200 ml panna fresca (per il ripieno)
  • 25 g zucchero a velo (per la ganache)
  • 20 g zucchero a velo (per il ripieno)
  • 100 g  cioccolato fondente
  • latte

Procedimento

  1. Versare in una casseruola l’acqua, il latte, il sale e lo zucchero.
  2. Aggiungere il burro a pezzi e fare bollire.
  3. Unire la farina a pioggia e mescolare con un cucchiaio di legno.
  4. Cuocere  fino a quando il composto non si inizierà a staccarsi dai bordi.
  5. Mettere l’impasto in una ciotola e aggiungere un uovo alla volta, continuando a mescolare. Aggiungere l’uovo successivo solo quando il precedente sarà stato assorbito. Mescolare fino ad ottenere un impasto liscio e omogeneo. Trasferire il composto in una tasca da pasticciere.
  6. Foderare una leccarda di carta forno.
  7. Formare dei mucchietti di pasta della grandezza di una noce, distanziandoli e, con un cucchiaio bagnato, schiacciare un po’ la superficie.
  8. Spennellare con il tuorlo sbattuto con dell’ acqua.
  9. Cuocere in forno a 220°C per circa 15 minuti. Successivamente abbassare a 180°C e cuocere per altri 15-20 minuti.
  10. Sfornare e fare raffreddare i bignè.
  11. Tagliare a pezzetti il cioccolato.
  12. Per fare la ganache, scaldare la panna. Poco prima dell’ebollizione, togliere dal fuoco e versare il cioccolato.
  13. Mescolare e fare sciogliere. Fare raffreddare e mettere nel frigorifero per circa 1/2 ora.
  14. Intanto montare la panna con lo zucchero a velo, metterla nella sacca da pasticcere e riempire i bigné.
  15. Prendere la ganache dal frigo e montarla con le fruste, fino a che non risulti spumosa. Se troppo sostenuta, aggiungere un po’ di panna liquida o un po’ di latte.
  16.  Intingere i bignè nella ganache e creare una piramide.
  17. Guarnire con ciuffetti di panna.

Quando la cucina si trasforma in sfarzo e potere

Ricette, Natale e storie di cinema: Vatel

Vatel

“Come maestro delle cerimonie io ho il potere di salvare il casato del principe di Condè
E quale sarebbe questo potere!
Creare, stupire…”

Da sempre il cibo è equivalso ad una rappresentazione del potere. I banchetti organizzati dai potenti vogliono essere l’ostentazione della propria forza, servono a raccogliere il plauso, ma anche il timore, se non l’umiliazione dell’ospite. Francois Vatel, cuoco e maestro di cerimonie alla corte del Principe di Condé, nel Seicento fu tra i più abili artefici nella costruzione di ‘spettacoli culinari’. Il banchetto non era altro che una costruzione teatrale, che necessitava di un regista. Al maestro di cerimonie era affidato il compito di scegliere i  tempi di servizio tra le diverse portate, la playlist appropriata, le danze, i vini e gli immancabili colpi di scena. L’atto del mangiare doveva essere trasformato in un’esperienza unica! L’insuccesso non era ammesso, Vatel stesso fu vittima di un contrattempo che gli costò carissimo.

La ricetta della crema chantilly, ovvero cosa fare se mancano gli ingredienti per la crema inglese

Narra la leggenda che Vatel, presso il Castello Condé di Chantilly, per ovviare al fatto che metà delle uova necessarie per fare la crema inglese fossero marce, inventò la crema chantilly. Con sicurezza montò panna e zucchero. Si lasciò solo sfuggire: “Deve essere ferma a neve“. Sbigottiti i cuochi gli domandarono: ” E se ci chiedono che cos’é?“. Vatel, alzando le spalle, rispose: “Dite che è la crema chantilly“. A cosa fu accompagnata la crema chantilly? A delle fragoline. La ricetta originale prevede l’uso di panna montata e zucchero a velo, nello specifico l’utilizzo di 5 parti di panna fresca da montare, 1 di zucchero a velo e vaniglia per aromatizzare.

In vino veritas

Sideways-in viaggio con Jack

Ricette, Natale e storie di cinema: Sideways

Vino? Immancabile sulla tavola natalizia e allora come non rivedere “Sideways- in viaggio con Jack”? Due amici partono per un viaggio tra le vigne e le cantine della Santa Ynez Valley in California  a base di degustazione di vini. Un viaggio che li porterà a scoprire quanto sia difficile abbandonare la vecchia strada per imboccarne un’altra. La loro vacanza andrà ben oltre oltre alla guerra senza vincitori tra Pinot e Cabernet!

Se qualcuno ordina Merlot me ne vado, non berrò il fottuto Merlot!

Miles è  il vero intenditore, un  uomo depresso da quando è stato mollato dalla moglie e con l’ambizione di diventare un grande scrittore; Jack è lo scapestrato, che sta per sposarsi con una donna ricca ma che non intende davvero cambiare vita. Miles è il Pinot, Jack il Cabernet.

Sideways ha portato il mondo del vino nel cinema e ci ha anche fatto capire quale sia il suo potere. Il film decretò, infatti, la crisi del Merlot sul mercato americano. Molti credettero, per una battuta diventata un cult, che il Merlot fosse un vino di pessima qualità a cui preferire il Pinot Nero, di cui si accrebbe la fama.

Cocktail di vino “A Veglia”

Il cocktail per chi ama il vino rosso e lo vuole sentire! Il cocktail “A Veglia” resta vinoso al palato, leggermente piccante per la presenza di pepe rosa e con l’aroma del basilico per offrirgli una nota fresca. É ingentilito dalla cedrata e dal liquore alla pesca.

Ingredienti

Foglie di basilico fresco

Pompelmo rosa pestato

1 cl. Liquore alla pesca

2 cl. Homemade alla rosa e pepe

5 cl. “Le Veglie di Neri” Dianella Rosso IGT

3 cl. Cedrata

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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