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Il mio nome è rosso di Orhan Pamuk: l’incontro (talvolta) difficile tra Oriente ed Occidente

Un’opera letteraria e il caffè per scoprire i punti in comune tra cultura orientale e occidentale

Per l’Occidente, una tela bianca è uno spazio che deve essere riempito. Per l’ Oriente l’arte è un processo dove il meglio è nascosto e va scoperto, come una pietra preziosa nella roccia

pamukIl mio nome è rosso di Orhan Pamuk è ambientato alla fine del 500 in Turchia. La vicenda narrata si svolge in una Istanbul fredda, i cui colori sono attutiti dalla neve. Viene ritrovato in fondo a un pozzo il corpo del migliore doratore dell’Impero impegnato a realizzare un libro favoloso per il Sultano.

Chi lo ha ucciso e perché? Al di là della vicenda sapientemente narrata, si sottopone al giudizio del lettore un grande tema: è opportuno riprodurre nelle miniature la realtà così come appare agli occhi degli uomini o continuare a restare fedeli ai modelli proposti dagli antichi maestri, per non recare offesa ad Allah? É giusto firmare un’opera? Conta più l’immagine o il significato a cui  il disegno rimanda?

Il mio nome è rosso di Orhan Pamuk: possibile l’incontro tra cultura orientale e occidentale?

Ecco un breve passo tratto da Il mio nome è rosso di Orhan Pamuk. Un grande maestro miniaturista europeo e un altro grande miniaturista camminavano su un prato europeo e parlavano di maestria e arte. Di fronte a loro si parà una foresta. Quello più abile disse all’altro: “Disegnare con metodi nuovi significa avere una maestria tale che, una volta disegnato un albero di questa foresta, un appassionato che guardi il disegno venga qua e possa distinguere quell’albero in mezzo agli altri”.

Io, il povero disegno di albero che vedete, ringrazio Iddio per non essere stato disegnato con una simile mentalità. Non perché abbia paura che se fossi stato disegnato con i metodi europei, tutti i cani di Istanbul, credendomi vero, mi avrebbero pisciato sopra. Ma perché io non voglio essere un vero albero ma il suo significato”.

Il mio nome è rosso di Orhan Pamuk: il passato e la nostra identità culturale possono essere cancellati?

Il libro è anche una riflessione sull’amore attraverso la narrazione dei sentimenti di un uomo, Nero, che ritorna a Istanbul per amore della bella cugina Seküre. Un amore a senso unico: la donna non lo ama, accetta di sposarlo solo per trovare una sistemazione e dare un padre ai propri figli.

I temi si intrecciano e riconducono a una riflessione sulla tristezza che si prova quando si vede tramontare un’epoca per vederne sorgere un’altra, i cui contorni non sono ancora delineati. L’arte della miniatura non ha la forza di resistere all’assalto delle nuove concezioni artistiche che vengono dall’Occidente e che impongono la descrizione del “reale”, affermando l’individualità dell’artista.

il futuro del food: come cambia il mondo della ristorazione

L’incapacità di accettare un cambiamento che non si può contrastare porta il Maestro a distruggere il laboratorio. Il romanzo narra la nostalgia, l’incapacità di vedere il futuro, l’amarezza di assistere alla caduta dei propri valori. Racconta la difficoltà ad adattarsi alla velocità dei cambiamenti, che fa dimenticare un passato che è incancellabile, perché fa parte della propria identità culturale.

Dice il maestro: “ora capisco che migliaia di miniaturisti, facendo in delicato segreto sempre gli stessi disegni per secoli, avevano disegnato il segreto e delicato trasformarsi del mondo in un altro mondo”.

Il mio nome è rosso di Orhan Pamuk: l'incontro/scontro tra cultura orientale e occidentale

In un’epoca come la nostra che conosce una trasformazione velocissima, in cui spesso si subiscono i cambiamenti, in cui domina un senso di oppressione e di insicurezza, in cui si mettono in discussione le ragioni della condivisione, dello stare insieme, il romanzo di Pamuk è assai contemporaneo, proponendo una discussione, a tratti malinconica, sull’incontro, problematico e conflittuale, fra Oriente ed Occidente, tra laicità e religiosità. Una discussione spesso contraddistinta da tanti eccessi e contraddizioni culturali.

E…il caffè? Che cosa c’entra?

mancano i camerieri? Che fare?

Una notazione curiosa. Il caffè, i locali dove viene servito sono segnalati nel romanzo di Pamuk come luoghi dove nascono e trovano diffusione le nuove idee. Il caffè è descritto come un’invenzione del Diavolo per sedurre l’uomo. Un elemento che accomuna cultura occidentale e orientale. Non vi vengono in mente i caffè letterari, dove in Europa nascevano movimenti letterari e filosofici, spesso considerati all’avanguardia?

Perché leggere Il mio nome è rosso di Orhan Pamuk

La sfida de Il mio nome è rosso è metterci di fronte alla domanda del secolo: quale sarà la risposta del mondo islamico di fronte allo scontro tra tradizione e modernità? É possibile un dialogo tra Oriente e Occidente?

É scandaloso disegnare un mondo diverso capace di conciliare punti di vista diversi? Pamuk, con una grande ricostruzione storica, confeziona un romanzo ad un primo approccio non facilissimo da leggere, ma che poi per incanto ti scivola tra le dita, scavando tra quelle questioni irrisolte ancora in attesa di risposte.

Ci mette di fronte a realtà ineludibili: le inquietudini vanno affrontate, anche attraverso il dolore della perdita. É il modo migliore per trasformarle in un successo, in una presa di coscienza del valore dello stare insieme.

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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