Cibo e cultura: conoscete le origini del cocktail invernale amato dagli sciatori, da bere anche se non sciamo? E le diverse ricette per farlo a prova di bomba?
Il bombardino? 50% whisky, 50% Vov e panna. È la bevanda perfetta per riscaldarsi dopo una giornata sulla neve
Il bombardino è il cocktail invernale dello sciatore. Non ha importanza da quale pista scendi, alla fine della giornata vai al bar e lo chiedi!
Il bombardino: l’apoteosi dello sciatore, il matrimonio con la montagna
Chi ha messo nella propria vita anche una sola volta gli sci non può non aver bevuto il bombardino. C’è poi chi come la sottoscritta scia solo per berlo! Ma lo ammetto io sono un caso disperato! Non lo conoscete? Ve lo presento: vov, whisky e panna serviti in un bicchierino di vetro sormontato da una virgola panciuta di panna. Indimenticabile! Il suo calore ristora, ti fa tornare le energie.
Dove bere il bombardino?
Si deve bere in montagna, in città perde il suo gusto e il suo fascino. Volete mettere sorseggiarlo in un rifugio, con una finestra che si apre su una distesa di neve, in compagnia di sciatori con cui avete condiviso l’ebbrezza di una discesa? I più golosi sicuramente l’accompagneranno ad una fetta di crostata di frutta o ad una Sacher Torte.
Le origini del bombardino
Le origini del bombardino sembrano essere piuttosto recenti. Tutto ha inizio al Rifugio del Mottolino di Livigno. Chi sciava per riscaldarsi era solito bere vov caldo, la ricetta del bombardino non esisteva. Perchè venga creato, occorre che al Rifugio del Mottolino arrivi per gestirlo un giovane genovese. E che cosa può provare un uomo nato sul mare in montagna? Freddo, tanto freddo. Ed ecco allora che tra tanti stratagemmi per combattere il Generale Inverno, creò un cocktail bollente a base di latte, whisky e zabaione. L’inevitabile leggenda vuole che il primo ad assaggiarlo abbia esclamato: “Accidenti! È una bombarda!”.
…ma esiste un’altra versione della nascita del bombardino
Unico racconto sulla sua origine? Eh no, ne circola anche un’altra, secondo cui sarebbe stato inventato a fine anni 60e inizio anni 70, da Aldo Del Bò, nobile ed ex capitano degli Alpini, direttore degli impianti di risalita di Livigno. Amante del whisky, avrebbe dato vita all’attuale bombardino. Il bombardino è piaciuto subito, soprattutto ai maestri di sci, che lo chiamavano ‘Vov caldo con il whisky’. Solo nel 1972, durante una riunione dei direttori delle stazioni invernali di Livigno, qualcuno ha esclamato: ‘Ma che bomba!’.
L’aggiunta della panna
Perchè la panna? Fu aggiunta quando divenne di moda, per raffreddarlo, rendere più veloce il servizio e consentire ai maestri di sci di berlo rapidamente. Oggi ci sono aziende che lo propongono anche in bottiglia, come la Distilleria Marzadro. La ricetta? Latte trentino, tuorli d’uovo e rum, da bere fresco ma anche riscaldato e decorato con panna montata e cacao amaro.
Le varianti del bombardino
Il successo del bombardino ha portato alla creazione di diverse varianti. Il “Calimero” vede il mix di zabaione e caffè espresso, il “Pirata” che prevede l’utilizzo del rum e lo“Scozzese” con il brandy. C’è anche chi utilizza la grappa. La ricetta originaria è questa: 50% whisky e 50% Vov, da prepararsi rigorosamente al momento.
Il Bombardino all’estero: quando il cibo è cultura
E se vi proponessimo un gioco? A quale altro cocktail assomiglia il bombardino? Pensate sia all’ Inghilterra che all’America.
Partiamo dall’Inghilterra
Ebbene, se pensate all’Inghilterra, noterete le somiglianze con l’Eggnog, conosciuto in Francia con il nome di lait de poule, una bevanda natalizia fatta con latte, uova e spezie a cui si aggiungono rum, whisky o bourbon. Si serve caldo o freddo, accompagnato da biscotti. Il nome richiama il termine “uova” (egg, in inglese), ma anche il nome di una birra molto alcolica. Ricorda poi una tazza usata nel XVI secolo per servire bevande molto calde. Nato in ambiente monastico, divenne con gli anni una bevanda protagonista dei salotti nobili.
…per arrivare in USA
Se pensate, invece, agli USA, vi verrà in mente il grog, la cui parola risale al 1775, quando era ancora forte l’influenza dell’Inghilterra. L’acqua sulle navi irrancidiva presto e per renderla bevibile la si allungava con vino o birra. Talvolta a questa si aggiungevano uova e fichi ed era servita con il nome di posset. Con la conquista da parte dell’Inghilterra della Giamaica, si sostituì alla birra il rum. Per prevenire lo scorbuto si aggiunse il succo del limone. I marinai chiamarono la bevanda annacquata grog riferendosi al nomignolo del suo inventore, l’ammiraglio Edward “Old Grog” Vernon, chiamato così per il cappotto di Gros Grain che indossava. Con il tempo si diffuse anche una versione con lo sherry.
…ma non manca l’Irlanda
Per alcuni può essere anche paragonato all’Irish Coffee, per altri è meglio del vin bruleé perchè più alcolico, sicuramente da provare se non l’avete ancora fatto! Inutile dirvi che per me è il migliore!
Il Vov un liquore dimenticato, ma che per anni è stato sinonimo di zabaione
Il Vov nasce nella città di Padova, centro per lungo tempo di innovazione culinaria e medica. Nei primi anni ’40 dell’Ottocento la famiglia veneziana di Giovanni Battista Pezziol aprì nel centro della città un paio di drogherie famose per la produzione del torrone. E fu proprio durante la produzione del torrone che a Giovanni venne un’idea geniale: imbottigliare i tuorli che avanzavano dalla produzione di un dolce che necessitava solo di albumi.
Dapprima chiamò la sua bevanda “Zabaione benedettino”, richiamando la reputazione dei monaci per la creazione di liquori. Ben presto, però, scelse un nome più semplice, ispirato alla parola veneziana uova, “vovi“: Vov. La figlia di Giovanni, Maria, la pubblicizzò come bevanda salutare con proprietà ricostituenti.
Durante la prima guerra mondiale, la reputazione del Vov crebbe tanto da essere considerato una bevanda salutare da prescrivere ai soldati con l’approvazione della Croce Rossa. Con l’aggiubnta del cioccolato diventà Vav.
Ahimé l’azienda negli anni ’30 conobbe guai giudiziari e l’azienda finì in bancarotta. Maria fu costretta a vendere ad un imprenditore pugliese, che a sua volta vendette il marchio alle Distillerie Molinari, produttrici di Sambuca. Nel 1964 subentrò la Cynar. Nel frattempo erano sorte diverse imitazioni come il ferrarese Zabov, una versione più dolce e meno alcolica.
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