Ci sono voluti 8 anni per il sì ufficiale al riconoscimento della candidatura. Una tradizione italiana che coinvolge 70mila tartufai e 14 regioni.
Salgono a 15 gli elementi italiani che fanno parte del patrimonio culturale immateriale dell’umanità.
La pratica della “cerca e cavatura del tartufo in Italia: conoscenze e pratiche tradizionali” è ufficialmente entrata nel patrimonio culturale immateriale dell’umanità tutelato dall’Unesco. Il Comitato dell’Organizzazione mondiale per l’educazione, la scienza e la cultura, a Parigi, dopo 8 anni, ha dato il sì ufficiale al riconoscimento della candidatura. L’importante riconoscimento è arrivato dopo un faticoso lavoro di catalogazione di una tradizione italiana.
L’annuncio è stato diffuso dal presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, durante dell’Assemblea nazionale della maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana.
Che cos’è la cerca e la cavatura del tartufo?
La “cerca e cavatura del tartufo”è quella pratica Made in Italy che prevede la ricerca con i cani nei boschi e della raccolta dei funghi ipogei spontanei. Un’arte che è tramandata da padre in figlio e che unisce il Nord e il Sud Italia. Si tratta di una pratica che unisce le competenze del tartufaio e quelle del cane con la sua capacità olfattiva.
Chi ha chiesto la candidatura a Patrimonio Unesco?
Molte le organizzazioni e le persone provenienti da diverse regioni italiane. Tra le associazioni spiccano:
- Associazione nazionale Città del tartufo (Anct)
- Federazione nazionale associazioni tartufai italiana (Fnati), da altre libere associazioni ai singoli tartufai.
Le motivazioni del riconoscimento
La decisione sottolinea come la cerca e la cavatura siano “un insieme di conoscenze e pratiche trasmesse oralmente nel corso dei secoli, tutt’ora caratterizzante la viva rurale di diverse comunità diffuse in tutto il territorio nazionale. La tecnica della cava e cerca del tartufo attiene ad una serie di conoscenze e competenze relative al clima, all’ambiente, alla biodiversità, e che impongono una gestione sostenibile dell’ecosistema”.
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