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Bulichella: l’arte di osare. Dalle moto al vino. Dal Giappone all’Italia

La storia della passione di un giapponese per l’Italia e il mondo del vino

Osare, non è da tutti. É un’arte. Può incominciare organizzando un viaggio in motocicletta dalle terre del Sol Levante alla scoperta del mondo, proseguire intrattenendo relazioni con il mondo del design automobilistico, fino ad arrivare alla realizzazione del sogno di dare vita a una famiglia allargata composta da più nuclei familiari.  É l’atto di nascita della azienda agricola Bulichella nella campagna di Suvereto, in provincia di Livorno.

Per conoscere una storia così affascinante ho incontrato l’artefice di tutto ciò: Hideyuki Miyakawa, colui che ha fatto conoscere il design italiano in Giappone. L’occasione? Un press tour a tema dedicato ad un’azienda vitivinicola che ha fatto incontrare la cultura nipponica con quella italiana

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Come la cultura giapponese incontra quella italiana: tutto inizia con un viaggio in motocicletta nel 1957

A soli 22 anni Hideyuki con un amico organizza un viaggio in motocicletta per conoscere il mondo, attraversa India, Pakistan e Persia per poi arrivare a Roma. Per continuare il viaggio servono soldi e così Hideyuki trova lavoro come corrispondente estero per un giornale giapponese. “Sono anni meravigliosi– ricorda Hideyukidove abbiamo goduto di tanta ospitalità“. Nel 1960 come inviato va a Torino per raccontare il Salone dell’Automobile. Qui conosce e si innamora di Maria Luisa Bassano. Negli anni successivi diventa socio di Giorgetto Giugiaro e Aldo Mantovani.

Dalla loro collaborazione nasce l’Italdesign. Collabora nel settore delle case motociclistiche Suzuki. Stabilisce una relazione economica e culturale tra Giappone e Italia, contribuendo a fare conoscere ed esportare il design italiano. Da imprenditore si trasforma in un vero mediatore culturale.

La svolta green e sociale in nome della solidarietà

Ma la svolta nella sua vita avviene nel 1963, quando agli interessi economici si affianca il desiderio di rendere concreto un sogno, un ideale: creare un unico nucleo familiare allargato con altre tre famiglie. Un modo nuovo di concepire una vita rispettosa dell’ambiente e del tessuto sociale.

Nasce in Toscana, in un podere, un esperimento che durerà fino al 1999 quando Hideyuki rileverà le quote degli altri soci. L’ intento della comunità era stato quello di usare le conoscenze di ognuno per avviare cambiamenti concreti, semplici azioni quotidiane in grado di creare una piccola rivoluzione capace di durare nel tempo.

Bulichella

La passione per il vino di Hideyuki si trasforma in realtà agricola nel 1983. Fin dal principio si rivolge al biologico e si schiera dalla parte di chi rivendica per Suvereto uno spazio nel mondo del vino di qualità.

Il sindaco di Suvereto Walter Gasperini, per riconvertire il territorio all’agricoltura, dà vita alla figura dell’enologo comunale per aiutare quelle famiglie che vogliono ritornare alla produzione del vino. Si arriva alla produzione di un vino comunale: il “Ghibello”, che è presto rinominato “Ghimbergo” per evitare l’omonimia con un vino del Nord Italia.

Hideyuki  appoggia la politica di valorizzazione della produzione del vino  e diventa Presidente del “Consorzio dei Vini D.O.C. della Val di Cornia”. Durante la sua presidenza si batte con forza perché i Vini del Territorio ottengano la D.O.C.G, un obbiettivo, raggiunto nel 2012.

Le etichette parlanti di Bulichella per raccontare la tentazione nel bicchiere

Bulichella
Nella cornice della campagna toscana mi hanno presentato i vini prodotti da Bulichella, che da poco hanno iniziato un nuovo percorso di restyling delle etichette. L’intento? Quello di mettere in evidenza che cosa si nasconde dentro ad una bottiglia di vino.

Sono “etichette parlanti”. Raccontano graficamente la storia della famiglia e le passioni di Hideyuki, il mondo dei motori e Napoleone Bonaparte. Il tutto per sottolineare come i vini di Bulichella raccontano una cultura totalmente opposta a quella della produzione di vini che non abbiano una personalità definita.

Alcune etichette Bulichella da amare

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  • Montecristo

L’etichetta raffigura il panorama che si gode dall’azienda. In particolare l’isola di Montecristo e l’Elba. L’esule Napoleone è raffigurato a cavallo tra i vigneti. La passione per i motori è rappresentato da una moto appoggiata ai cancelli dell’azienda.  L’uvaggio di Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot matura in barrique per 24 mesi. Sarà il vino bandiera dell’azienda. Sarà il vino bandiera dell’azienda.

  • Rubino

L’etichetta  raffigura la famiglia Miyakawa che assume le sembianze dell’animale più rappresentativo della Toscana: il cinghiale. Il cancello è aperto per ricevere gli ospiti della tenuta, circondata dai vigneti. Rubino è il risultato di una selezione di uve al 50% Sangiovese, 25% Merlot e 25% Cabernet. Un vino d’ingresso, facilmente bevuto. Si cerca morbidezza e freschezza, facendo emergere eleganza e bevibilità.

  • Coldipietrerosse

Vino simbolo di Bulichella, nasce da un vigneto sulle pendici di una scoscesa collina rivolta verso il mare. É un blend di uve Cabernet sauvignon, Cabernet Franc e Merlot, fermentati in vasche di acciaio inox a una temperatura controllata tra 24 e 28°C. Dopo 24 giorni, segue l’affinamento in barriques di rovere. Riposa poi in bottiglia per altri 12 mesi.

  • Maria  Shizuko

Prodotto in edizione limitata, prende il nome di una figlia  di Hideyuki. Inizialmente era destinato al solo mercato giapponese, oggi è diventato il vino che è la massima espressione del Merlot di Suvereto. Sul fondo nero un profilo di donna, quello della madre Marisa, incorniciato da parole in inglese che rimandano ai valori della famiglia: amicizia, amore e rispetto. Le uve selezionate fermentano in vasche di acciaio a temperatura controllata, a seguire una macerazione prefermentativa a freddo. La macerazione sulle bucce con frequenti rimontaggi varia a seconda delle annate da 20 a 25 giorni. Dopo un affinamento in barrique per 18 mesi, il vino riposa in bottiglia per 12 mesi.

Bulichella e l’arte di osare per creare uno stile

Bulichella

 

Durante una merenda scopro che cosa significhi osare. É avere il coraggio, la forza emotiva per promuovere un’idea che si consideri brillante.

Hideyuki lo ha saputo fare creando un ponte tra cultura italiana e giapponese, rispettando la natura, intrecciando i concetti della sostenibilità con quelli sociali, senza far perdere forza all’idea originaria.

Ha voluto fare vincere un sogno, ascoltando i consigli di chi gli sta vicino, consapevole che è l’arma per migliorarsi. Il suo vino, al di là della piacevolezza, ci ricorda che cibo è cultura, possibilità di comunicare valori.

 

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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