Lo street food più povero: il brodo di polpo a Napoli

Lo street food più povero è il brodo di polpo, un brodo fatto con acqua, sale e pepe, che ormai si può mangiare in una sola bancarella di Napoli.

A Napoli contro la fame e il freddo c’era e c’è ‘o’ bror e purp’. Lo si beve in tazza, in piedi con l’aggiunta di qualche goccia di limone. Oggi è consuetudine assaporarlo all’Epifania.

“O broooor ‘e puuurp… scàrf ‘a panza e dègn ‘o stomaco!” (“Polpo caaaldooo! Riscalda la pancia e fa bene allo stomaco!”). Ecco lo street food più povero di Napoli: il brodo di polpo. Si tratta di una una tazza d’acqua, in cui è stato bollito un polpo con pepe nero e sale.

Come nel caso di altri pesci, il polpo era un prodotto molto economico a Napoli. Grazie alla sua abbondanza, per secoli è stato la cena dei poveri, nutrendo le bocche dei più umili. Recentemente è stato scoperto il motivo per cui era facile pescarlo. Nel Golfo di Napoli nel canyon sottomarino, chiamato Anton Dorhn in onore del darwinista e fondatore della Stazione Zoologica di Napoli, era facile pescarlo.

Proprio la facilità della sua pesca spiega le numerose ricette di pesce nate, come o’ bror e purp, per scaldare e soddisfare gli stomaci affamati. La sua ricetta sembra essere antichissima. Si racconta che fosse già conosciuta ai tempi del Boccaccio, che ne parla chiaramente in una lettera, anche se divenne popolare solo dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Il brodo di polpo e il suo sapore di mare

Santa Lucia, il quartiere dei pescatori per eccellenza, ha conosciuto la rinascita del brodo di polpo negli anni ’40. Costava solo 10 lire, tutti potevano permetterselo. Centinaia di bancarelle erano posizionate strategicamente per catturare l’attenzione dei passanti: all’uscita dei cinema, ai cancelli di una scuola, nei mercati, dovunque fosse possibile essere attratti dalle colonne di vapore emesse dai calderoni bollenti, dove era cotto il polpo.

In Piazza Carità, in Piazza Bagnoli, a Porta Capuano, in Sanità, a Forcella, a Montesanto, in Via Foria, nel mercato della Pignasecca e in tanti altri posti era possibile prendere un’tazz e bror e purp. Nel 1943 Raffaele “Papucc o’ marenaro” rivoluzionò il modo di vendere il brodo. Lo ditribuì girando tra le strade di Porta Capuana con un un carretto, simile a quello delle granite, proponendolo in un bicchiere. Il successo della sua iniziativa gli permise poi di fondare con la moglie il ristorante A figlia d’o Marenaro. Qui la figlia Assunta, di soli 7 anni, lo aiutava a pulire le cozze e a preparare il polpo.

Una ricetta che custodisce lo spirito di Napoli

L’enorme quantità di polpo disponibile lo rendeva assai economico, oltre che un rimedio naturale per superare diversi malesseri. In La farmacia di Dio. Proverbi, modi di dire, voci, poesie, curiosità su alcuni antichi rimedi dei napoletani, di Isa Rampone Chinni e Tina Palumbo de Gregorio (Rogiosi, 2011), leggiamo che era usato sia per affrontare il freddo che per curare il raffreddore, tanto che fu coniato il noto proverbio: “Mala tosse e catarro, brore ‘e purpe c”o carro”. Il piatto era povero, ma prevedeva delle differenze: i meno miseri avevano uno o più ranfe (tentacolo di polpo, chiamato anche ranfetell).

Come bere il brodo di polpo

Il brodo di polpo veniva servito in chioschi con un bancone pieno di limoni. Il pesce era cotto in una pentola fumante, a cui erano state aggiunte manciate di pepe nero e sale. La tradizione voleva che “O purp s’adda cocere cu’ l’acqua soya” (“Il polpo deve essere cotto nella sua acqua”).

Si beveva in una tazza, in piedi e con qualche goccia di limone. Il purpaiolo porzionava il brodo insieme a dei pezzi di tentacoli tagliati al momento con le forbici. Talvolta veniva servito aggiungendo alcuni pezzi di freselle, un tradizionale biscotto napoletano.

Dove bere ancora il brodo di polpo

Purtroppo oggi è rarissimo trovare i chioschi o le bancarelle di purpuiaoli. Come per “o zeppaiolo” o il “tarallaro“, è un mestiere quasi sparito. Secondo lo storico della gastronomia napoletana, Amedeo Colella, sopravvive solo Raffael o’mericano. Raffaele, come faceva suo padre Alfonso, lo vende da più di 30 anni nei mesi freddi in via Foria. D’estate il brodo di polpo è sostituito dalla più fresca limonata.

Il brodo di polpo e la letteratura: cibo è cultura

Matilde Serao ne parla ne Il Ventre di Napoli: “Con due soldi si compera un pezzo di polipo bollito nell’acqua di mare, condito con peperone fortissimo: questo commercio lo fanno le donne, nella strada, con un focolaretto e una piccola pignatta”. Non manca anche un accenno nel romanzo Scugnizzo di Luigi Lucignano, che descrive lo stupore di chi lo prova per la prima volta.

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