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Langhe e Monferrato in nome dell’Asti Spumante e del Moscato d’Asti

Un itinerario nelle Langhe, sui colli astigiani e in Monferrato da percorrere con lentezza, sorseggiando Asti Spumante DOCG e Moscato d’Asti DOCG. Famelicamente consigliato a wine lovers e a chi ama camminare.

Il Piemonte è una delle regioni più amate da chi ama passeggiare e fare scoperte enogastronomiche sorprendenti. Diversi sono i posti dove si aprono improvvisamente viste mozzafiato che ci ricordano quanto la natura sia capace di regalarci quel senso di pace che tutti cerchiamo. E proprio per questi motivi vi proponiamo per l’estate 2021 un itinerario per un week end all’insegna della natura e del buon vino, con protagonisti lo Spumante d’Asti DOCG e il Moscato DOCG, due vini ricchi di storia, assai apprezzati anche fuori dai nostri confini e tutelati dal Consorzio per la tutela dell’Asti.

Prima giornata: il Villaggio Narrante di Fontanafredda

Il Villaggio Narrante è immerso in 120 ettari di riserva bionaturale, dove si coltivano Nebbiolo, Barbera, Dolcetto, Nascetta, Pinot Nero, Chardonnay e Moscato.

Nel cuore delle Langhe, patrimonio mondiale dell’Unesco, sorge il Villaggio Narrante di Fontanafredda, un luogo immerso nella terra del Barolo, circondato da colline e vigneti, dove ogni angolo racconta storie uniche come quella della Bela Rosin. In origine il Villaggio Narrante era la residenza reale, acquistata nel 1858 da Vittorio Emanuele II per vivere la sua appassionata storia d’amore con la Bella Rosina.

Langhe e Monferrato: un week end per conoscere il villaggio narrante di Fontanafredda

L’amore di Bigio e Bigia, ovvero del re e della bella Rosina

La bella Rosina, il cui vero nome era Rosa Vercellana, fu dapprima l’amante e in seguito la moglie morganatica del primo re d’Italia. Come tutti gli amanti si chiamavano con un vezzeggiativo, nell’intimità il loro nome era Bigio e Bigia. Un grande amore, che pure conobbe diversi tradimenti, come testimonia quel tunnel nascosto costruito per permettere al re di raggiungere indisturbato le sue amanti. Il loro legame fu invano contrastato da Cavour. Il Gran Tessitore aveva, infatti, tentato di accusare Rosina di tradire il sovrano con un gioielliere di Torino, ma la furba campagnola aveva messo subito a tacere la maldicenza, sostenendo che il re era un amante troppo focoso per potersi permettere un altro uomo! Da Vittorio Emanuele II ebbe due figli e il titolo di contessa di Mirafiori e di Fontanafredda.

Nel 1878, dopo la morte del padre, il figlio Emanuele Alberto, mise a frutto le sue capacità commerciali, iniziando a produrre Barolo e a dare vita al Villaggio costruendo cascine, cantine, stalle, una scuola, una chiesa, un tabaccaio, una panetteria e un circolo ricreativo, la Fratellanza agricola Operaia, dove la comunità –ancora analfabeta -si riuniva per sentir leggere libri.

Il Rinascimento Verde di Fontanafredda

«Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c’ è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei, resta ad aspettarti». Cesare Pavese

Oggi il vanto di Fontanafredda è quello di aver abbracciato l’agricoltura biologica, combattendo gli insetti con i dissuasori sessuali e utilizzando la tecnica del sovescio (una pratica agronomica consistente nell’interramento di apposite colture allo scopo di mantenere o aumentare la fertilità del terreno). Per descrivere il percorso iniziato nel 2015 si è coniata l’espressione Rinascimento Verde, un progetto che racchiude in sé valori quali qualità, sostenibilità e comunità, dove il rispetto della terra diventa anche rispetto per le persone. Nel 2021 si farà la prima vendemmia ad impatto zero e nel 2022 l’energia sarà prodotta da pannelli solari.

fontanafredda e il vino

Oltre al Barolo qui si produce Moscato, un vino che affonda le sue radici nella storia del territorio. Un passato raccontato con poesia da Cesare Pavese ne La luna e i falò. La vita contadina era dura, si lavorava fino a tarda sera. Per non soccombere alla fatica si portava con sé nei campi la merenda, la sinòira, che prevedeva un vino fresco e leggero, appunto il Moscato.

Nei vigneti di Fontanafredda diverse varietà autoctone permettono di esplorare differenti stili. Se in Italia il Moscato è un vino associato al dessert, all’estero, soprattutto nei paesi asiatici, è bevuto a tutto pasto e come aperitivo. La sfida di Fontanafredda è quella di studiare tutte le possibilità che consentano di creare un Moscato capace di resistere al tempo.

E per degustare una cucina del territorio legata alla memoria e alle stagioni?

Guidoristorante a Fontanafredda

Per conoscere la cucina del territorio si può cenare presso l’elegante e stellato Guidoristorante, regno dello chef Ugo Alciati e del fratello Piero, dove si degustano agnolotti in tre assaggi e il vitello tonnato, in menù dal lontano 1960. Per un pranzo o una cena più informale, lOsteria Disguido, nella sorprendente cornice del Garden del Lago, propone piatti legati alla tradizione familiare. Piero Alciati, sorridendo ricorda che “la mamma non pesava gli ingredienti, le sue ricette erano solo tracce perché per lei tutto era scontato. E questo fa sì che manchino vere ricette della tradizione. Ogni famiglia aveva la sua ricetta, determinata anche dalla manualità di chi stava in cucina. Ci sono piatti piemontesi che possono essere fatti solo dalle donne per la loro sensibilità e leggerezza di pressione sulla pasta”. La caratteristica della vostra cucina?La stagionalità, noi dipendiamo da ciò che ci offre la natura”. Il segreto dei plin?Il rapporto tra sfoglia e ripieno”. Che cos è la cucina?Il trionfo dell’umoralità. La cucina è incertezza e noi siamo i cuochi di incertezza”.

Asti, la cittadina delle 100 torri, di Alfieri e del buon vino

cocktail astigiani, le ricette di Asticoccola, Moscato Zen e Spritz biondo

Nel tardo pomeriggio ci perdiamo nelle vie di Asti, la cittadina che è sede del Consorzio Tutela dell’Asti DOCG e del Moscato DOCG. Famosa per il palio più antico del mondo, che conclude la settimana vitivinicola del Douja Dor, dedicata a San Secondo, vanta un ricco passato costruito da mercanti dalle grandi disponibilità economiche. In epoca medievale le casane astigiane svolgevano attività di cambia-valuta e di prestito su pegno. I Lombardi – come erano definiti i mercanti astigiani-  tra il XII secolo ed il XIII secolo conclusero i più grandi contratti di investimento e finanziamento relativi a diverse fiere. Il loro potere crollò per le continue liti tra le famiglie più importanti. Imperdibile la Cattedrale di Santa Maria Assunta, una chiesa gotico romana costruita dagli astigiani per mondarsi dai peccati. Le vie del centro di Asti sono delimitate da bellissimi palazzi come Palazzo Ottolenghi, Palazzo Mazzetti, fatto erigere da una delle famiglie di mercanti più potenti dell’Asti settecentesca, Palazzo Podestà, in realtà Palazzo del Sale, dove si pagavano i tributi, il Municipio, la Torre Troyana o Torre dell’Orologio, la Collegiata di San Secondo, costruita laddove avvenne il martirio del santo e naturalmente Palazzo Alfieri.

Calano le tenebre e allora per dormire una proposta che racconta con eleganza un’antica storia

Langhe Monferrato suite villa prati

Nel centro di Mombaruzzo, nei pressi della Chiesa di sant’Antonio Abate, sorge un antico palazzo che vi racconta una storia iniziata nel lontano 1222. Nel piccolo borgo di Mombaruzzo, nell’alto Monferrato, abitava l’intraprendente famiglia Prati, una famiglia di notai, avvocati e commercianti amanti della bellezza e dell’eleganza. E, in effetti, la loro villa ha sempre mantenuto nel tempo una raffinatezza ricercata. La famiglia Prati la custodì gelosamente fino al 1933, quando vi morì l’ultimo discendente. Acquistata da una coppia di svizzeri, fu trasformata in “Casa Per Ferie”. Nel 2007 fu comprata dalla famiglia Berta e oggi il Relais Prato è davvero un luogo incantevole capace di mixare stile e tradizione. Il restauro ha saputo mantenere gli antichi fasti senza snaturarli, abbinando un arredamento moderno. Le suite, tutte diverse le une dalle altre, hanno un comune denominatore: eleganza e buon gusto. E poi non perdetevi la vista mozzafiato che si gode dalla terrazza, luogo ideale per rilassarvi! All’albergo si sono aggiunti La Tabaccaia e il Borgo, concorrendo a dare vita ad una sorta di albergo diffuso.

Seconda giornata: Azienda Agricola Ghione e la torre di avvistamento dei Contini

torre dei contini langhe

Di prima mattina arriviamo a Regione Bassano, poco sopra Canelli, presso una cascina storica dell’800, dove si trova l’azienda agricola Ghione, produttrice di ottimi vini. Dopo aver visitato la cantina, passeggiando tra i vigneti, raggiungiamo l’antica torre di avvistamento dei Contini, dalla cui sommità si apre una vista incantevole. Il libero accesso alla torre permette di ammirare i vigneti prevalentemente vocati a Moscato, a cui fanno da sfondo da un lato le Alpi e dall’altro l’Appennino ligure. Qui si svolgerà VignArt, l’arte in vigna, che quest’anno il 31 luglio ha in programma esibizioni circensi ed eleganti pic nic a base di lingua dell’Alta Langa e tonno di galletto con degustazione di Moscato d’Asti Canelli  e Alta Langa.

A pranzo presso lo stellato Guido da Costigliole

guido da costigliole

A Santo Stefano Belbo, in un’oasi di pace, in un antico convento dei monaci cistercensi, all’interno del Relais San Maurizio, il ristorante stellato Guido da Costigliole propone la cucina piemontese rivisitata con discrezione. Si va dal classico vitello tonnato alla carne cruda battuta al coltello fino agli agnolotti al tovagliolo, uno dei piatti iconici della famiglia Alciati.

La cantine sotterranee di Canelli

Langhe e Monferrato: le can

Le cantine sotterranee di Canelli, dichiarate dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità, sono un tesoro inestimabile dell’Astigiano. Scavate nel tufo calcareo, tra il XVI ed il XIX secolo, scendono sino a 32 metri nel sottosuolo attraversando l’intera collina canellese e l’intera città per oltre 20 km. Noi vi abbiamo già parlato delle Cantine Contratto e del lore “re” Mauro Ferrero. Imperdibile una visita guidata tra le pupitre piene di bottiglie. Tutto qui richiama quel silenzio solenne che ricorda quello spirituale delle grandi cattedrali religiose.

A cena un viaggio nel tempo al Ristorante San Marco di Canelli

langhe e monferrato il ristorante san marco di canelli

Il Ristorante San Marco a Canelli è un’istituzione. Chi non conosce la signora Mariuccia e i leggendari Tajarin 40 tuorli al ragù bianco di salsiccia di Bra? Tra i vari piatti segnaliamo il classico vitello tonnato, il tonno di coniglio (di cui vi abbiamo regalato la ricetta), i plin alla Monferrina, il guanciale di fassona al vecchio Barbera d’Asti e il carrello di formaggi tutti accompagnati da ottimi vini, tra cui il Moscato DOCG e l’Asti Spumante DOCG.

Terza giornata: la robiola di Roccaverano, ovvero gli aromi intensi dei prati dell’Alta Langa

langhe e monferrato: la robiola di roccaverano

La scoperta della bontà della robiola di Roccaverano D.o.p avviene presso l’azienda agricola Marconi di Monastero Bormida, in provincia di Asti. Qui viene prodotta utilizzando solo latte caprino al 100%, come vuole la tradizione. Una visita che ci consente di scoprire che cosa significhi l’impegno per il benessere degli animali completato dalla volontà di non impattare sul territorio.

Ma come si produce la robiola di Roccaverano? Il latte crudo di capra proveniente dalle mungiture della sera e del mattino viene versato nei contenitori di plastica. Al latte viene aggiunto il caglio naturale e si lascia riposare. La cagliata viene divisa e messa negli appositi stampi ad asciugare, dove si esegue una prima salatura. Dopo circa 18 ore, in seguito ad una seconda salatura, la Robiola di Roccaverano D.O.P. viene confezionata per chi vuole consumare il prodotto fresco, oppure messa nella cella di stagionatura dove si arricchirà di ulteriori aromi. La versione preferita? Oggi  i ristoratori preferiscono la versione stagionata, ma sono tantissimi gli estimatori di quella fresca. Per chi vuole organizzare una gita nelle Langhe, è famelicamente consigliata una sosta nel negozio di formaggi all’interno dell’azienda agricola.

L’azienda agricola Torelli, le orchidee selvatiche e il pic nic in vign

langhe e monferrato: pic nic nelle vigne dell'azienda agricola Torelli

E la volta dell’azienda agricola Torelli, dove nel 1992 è nato il primo vino certificato da uve da agricoltura biologica in Italia. Gianfranco Torelli, quarta generazione di una famiglia di viticoltori, prima di farci visitare la cantina, ci fa scoprire il magico mondo delle orchidee spontanee che nascono tra le vigne.

E per chi vuole conoscere la storia del vino biologico vi consigliamo la storia a fumetti raccontata con i disegni di Roby Giannotti e i testi di Gianfranco Torelli, scritto e illustrato per affascinare adulti e bambini. Giunta l’ora del pranzo una sorpresa bucolica: un pic nic tra i filari del vigneto. Un pranzo glamour servito da Paola, titolare del vicino Agriturismo Tre Colline. Il tutto ovviamente innaffiato da Asti Docg e Spumante Brut Rosé di Torelli.

Tenuta Marenco e la sorpresa della panchina gigante gialla come il Moscato

la panchina dedicata al moscato

E ora a Strevi ci tocca una “scalata” su una big bench gialla come il Moscato installata sulla sommità dei vigneti della Tenuta Marenco. Ideata dal designer americano Chris Bangle, per farci sentire bambini  e per permetterci una meravigliosa vista su un territorio straordinario, rappresenta la perfetta sintesi di quella relazione felice tra uomo, arte e natura. Una tappa a Cascina Valtignosa consente un aperitivo con un calice di Asti Docg per dare il nostro arrivederci alle Langhe, ai suoi vigneti e ai suoi struggenti paesaggi.

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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