Le recenti polemiche sull’iniziativa dell’Onu relativa ai cibi da considerare pericolosi ci hanno fatto capire che il primo ostacolo da abbattere è l’ignoranza. Lo dobbiamo fare per noi stessi e per aiutare le istituzioni a combattere in modo corretto ciò che ci può fare male. Parliamo di formaggi. Se cibo è cultura, i formaggi sono patrimonio della cultura enogastronomica italiana.
Non è mia intenzione citarvi studi scientifici, opinioni di studiosi, ricerche per dimostrarvi la salubrità dei formaggi. Non è lo scopo di Famelici dare informazioni scientifiche. Il nostro obiettivo è quello di suscitare riflessioni che spingano all’approfondimento. Cibo è cultura. Sta anche a voi poi documentarvi, ricercare fonti attendibili, trovare quelle conoscenze che vi consentiranno di farvi un’idea ragionata.
Sono una fiera sostenitrice della libertà di pensiero, della necessità, per farlo, di approfondire i temi, leggendo le tesi opposte, cercando di evitare pregiudizi, che inevitabilmente portano ad una posizione ideologica. Troppe persone costruiscono un loro credo e poi lo diffondono sui social, spacciandolo per verità. I social non sono la tribuna adatta per approfonditi ragionamenti. Per loro natura sono un contenitore per raccontare esperienze vissute, per cercare di costruire quei rapporti sociali che stentiamo a costruire nel mondo reale e per esprimere un’opinione. Ripeto un’opinione, non una verità. Possono essere stimolo per approfondire, per dialogare, ma non per fare proseliti.
Cibo è cultura: formaggi
Ma torniamo ai formaggi, il tema da cui ha preso spunto questa mia riflessione. Il loro problema sta nella presenza di grassi, per lo più saturi. Ma non tutti i formaggi sono uguali. I formaggi stagionati sono generalmente più ricchi di grassi e di sale, in quanto più “concentrati”. L’esempio classico è il grana. Contiene il 30% di grassi e molto sale, ma dalla sua ha l’alto potere saziante e l’elevata quantità di proteine (pari al 33% del prodotto). Per questo può essere ospitato nella tua dieta, ma in piccole quantità. Puoi usarlo per uno spuntino a basso indice glicemico: ne bastano 20-25 g con un frutto. Alcuni formaggi freschi spesso considerati dietetici nascondono un’insidia. Uno per tutti: la robiola. Ha un contenuto di calorie e grassi alto: ogni 100 g (corrispondenti a una porzione media) apportano 335 calorie, 33 g di grassi e solo 6 g e mezzo di proteine. Attenzione però agli integralismi: due su una fetta di pane tostato integrale per uno spuntino dopo lo sport sono un ottimo compromesso! Un’altra riflessione da fare e sulla feta, spesso consigliata nelle diete dimagranti. E’ prodotta con un mix costituito da latte fresco di pecora (80%) e di capra (20%). Cento grammi apportano circa 250 kcal, e contengono 15,5 grammi di proteine e 20 grammi di grassi: numeri che le valgono l’ingresso nel novero dei formaggi magri. Ma questo formaggio di origine greca ha un’alta percentuale di sodio (1440 mg per 100 g, pari a 3,6 g di sale). Anche in questo caso vale la regola di non eccedere. Basta aggiungere qualche quadratino di feta (circa 30-40 g) a 3 o 4 cucchiai di farro integrale, pomodorini e qualche oliva nera per scendere a patti con la nostra coscienza.
Perché i formaggi non vanno demonizzati
Possono svolgere un ruolo utile, che è ad esempio quello di bilanciare alimenti eccessivamente carichi di carboidrati semplici, grazie proprio al loro contenuto di proteine e grassi. Rappresentano poi una fonte privilegiata di calcio, che ha un ruolo importante nel metabolismo dei grassi perché ne favorisce lo smaltimento oltre a contrastare la formazione di nuove cellule adipose. In più hanno un effetto “anti fame”: è proprio il loro potere saziante che devi sfruttare, affiancandoli ad esempio a della frutta, che ha un elevato carico zuccherino ma anche molta acqua e quindi “riempie” per poco tempo, oppure a della verdura.
Quanto spesso mangiare i formaggi?
Tre volte alla settimana, per quelli grassi senza eccedere nelle porzioni.
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