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Il futuro del cioccolato? Sostenibilità, tracciabilità, etica (e senza cacao)

Un viaggio nel mondo del cioccolato per scoprire le nuove tendenze

Il futuro del cioccolato? Sostenibilità, tracciabilità, etica senza dimenticare la ricerca delle sensazioni aromatiche e la ricerca di sostituti del cacao

Tra i prodotti più inquinanti, oltre alla carne e al formaggio, c’è il cioccolato. Secondo Trase, un sito che fornisce dati e approfondimenti che consentono di combattere la deforestazione e di passare a catene di approvvigionamento agricole più sostenibili ed eque, l’industria del cacao sarebbe responsabile del 45% della deforestazione in Costa d’Avorio e in Ghana.

Ma le cattive notizie non finiscono qui. Il Water Footprint Network, che calcola l’impronta idrica di molti prodotti, segnala che il cacao ha il triste primato di essere un grande consumatore di acqua. A tutto ciò si aggiunge il consumo di CO2 a causa del trasporto della materia prima in tutto il mondo. A rendere ancora più amaro il cioccolato sono poi i dati resi noti da Slave Free Chocolate: sarebbero 1,6 milioni i bambini sfruttati per la raccolta delle fave di cacao.

Il futuro del cioccolato: perché non cercare un sostituto al cacao?

La qualità del cioccolato non è dato nè dalla percentuale di cacao nè dal colore. Vanno valutate le note aromatiche e il nostro gusto personale

chocolove

In occasione di San Valentino, presso la kermesse CHOCOLOVE, svoltasi a Milano dall’8 al 14 febbraio a Palazzo Bovara in Corso Venezia 51, abbiamo partecipato ad un talk sul cioccolato del futuro condotto dal Maestro Riccardo Depetris, pluripremiato all’International Chocolate Awards, e da Monica Meschini, massima esperta di cacao e cioccolato dell’International Institute of Chocolate and Cacao Tasting.

Monica Meschini non ha dubbi. Nel futuro del cioccolato si imporranno tre parole: sostenibilità tracciabilità ed etica. Proprio per questo diventa interessante scoprire se vi è un’alternativa all’utilizzo del Theobroma. “Il Theobroma Cacao ha dei cugini, chiamati Theobromi alternativi. Qualche esempio? Il bicolor e il jaguar. Nulla di nuovo. Non mancano, infatti, studiosi che ritengono che la prima bevanda di cioccolata in tazza venisse prodotta, oltre che dal Theobroma Cacao, anche da piante a lui affini”.

Il mondo della pasticceria comincia ad interessarsi ai cosiddetti cioccolati alternativi, come dimostra Riccardo Depretis, “un professionista – continua Monica Meschini – che ha saputo fare la differenza e pensare al futuro del cioccolato”.

La degustazione: i Theobromi alternativi

La degustazione è iniziata con una raccomandazione di Monica Meschini: fare sciogliere il cioccolato in bocca senza masticarlo per percepire le sensazioni aromatiche.

Dopo aver degustato un cioccolato al 66% e temperato in modo da acquisire un aspetto brillante, la degustazione è proseguita con un cioccolato di colore chiaro ricavato da cioccolato alternativo.

chocolove talk cioccolatoRiccardo Depretis interviene per spiegare come è arrivato a lavorare il cioccolato alternativo: “Nel 2019 in Guatemala ho scoperto la cultura, l’origine del cacao e i valori dietro la sua produzione. Non solo, sono venuto a conoscenza di prodotti differenti che ancora non conoscevo. Allora mi sono chiesto: perché non produrre un cioccolato diverso grazie a questi nuovi ingredienti?

Segue un cioccolato al latte d’asina ad alta percentuale di massa di origine venezuelana con note leggermente astringenti e amare. È la volta poi di un “piccolo gioiello” che colpisce per la sua bellezza: una pralina con riflessi dorati con un ripieno di ganache con panna. L’ultima proposta è un cioccolato realizzato con uno zucchero della mucillagine del cacao.

Si può creare un cioccolato di qualità senza usare il cacao?

Si può produrre un cioccolato alternativo, più sostenibile e con buoni standard qualitativi ed etici rispetti all’attuale filiera del cioccolato?

sfera di cioccolato

Perché non cercare un sostituto del cacao come si sta facendo con la carne o i formaggi? Anche nel mondo del cioccolato si sono avviati studi per affiancare all’utilizzo del cacao, altri prodotti che possono offrire sensazioni simili a quelle del cioccolato.

La carruba è il futuro del cioccolato?

La carruba, da sempre usata in pasticceria e in gelateria come addensante, è un legume che si coltiva soprattutto in Sicilia (il secondo produttore al mondo!). Consiserata da sempre la materia prima del cioccolato dei poveri, oggi viene ritenuta una possibile alternativa al cacao. Con l’aggiunta di alcuni grassi naturali, infatti, dà vita a un prodotto che richiama i sentori del cioccolato.

Identikit della carruba, un legume da riscoprire

L’albero della carruba produce un frutto noto come carruba. Di colore marrone scuro, simile a un baccello, contiene piccoli semi duri. Ha un sapore dolce e, polverizzata, presenta una consistenza cremosa. Contiene poche proteine, ma si distinìgue per il ricco contenuto di:

  • carboidrati (in particolare saccarosio, glucosio e fruttosio)
  • fibre
  • potassio
  • calcio
  • vitamine (gruppo B ed E)
  • tannini
  • pectine

Per questo consumare carruba porta benefici per:

  • la digestione
  • la gestiine del peso
  • la regolazione degli zuccheri nel sangue
  • il mantenimento del tono vascolare

La carruba è sostenibile?

Sembra proprio di sì. La carruba non necessita di molta acqua e non ha bisogno, a differenza del cacao, di essere ripiantata ogni 25 anni. Essendo prodotta in Italia, fa risparmiare le emissioni di CO2.

Commento famelico

Può il cioccolato alternativo sostituire il cioccolato? A livello gustativo c‘è una grande differenza? Alla prima domanda è facile rispondere. Per il momento no. Alla seconda, non vi rispondiamo, ma vi invitiamo a provare a fare una degustazione alla cieca e a lasciare la risposta alle vostre papille gustative.

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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