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#ShotMovieFood. Cene strane per strane famiglie. Da Festen a The Dinner

Frames in ordine sparso una volta ogni quindici giorni, in esclusiva per Famelici, degustati per voi da Luca Cardone.

Recensioni cinema di Luca Cardone
Luca Cardone: “Se Feuerbach avesse ragione e fossimo ciò che mangiamo, io sarei cinema, filosofia, poesia e altri pochi piatti, tutti possibilmente a base di carne e pesce. Poco Gourmet nel pratico ma tanto nello spirito. Il mio tentativo è quello di approfondire filosoficamente il cosmo culinario all’interno del cinema”.

Le feste si allontanano progressivamente in un nebbioso alone di nostalgia. Nostalgia per quel riposino catartico che vi siete concessi dopo i numerosi pranzi e le ricche cene, ciò che ora potete ricordare stando in ufficio, controllando l’orologio che pare più lento del solito.

Ma ci sono cene in famiglia che non vanno proprio per il verso giusto, anzi, sono in grado di cambiare il nucleo familiare per sempre. Questo è proprio ciò che accade in Festen, il film manifesto di un manifesto, dogma 95, ossia quel cinema crudo e straziante, reale e mai sceso a compromessi, portato in luce da Thomas Vinterberg e Lars von Trier.

Festen – Cene strane per strane famiglie

Festen, o Dogma #1 (1998) del regista danese Thomas Vinterberg, narra una gran rimpatriata di famiglia per un’occasione speciale quale il compleanno del capo famiglia Helge Klingenfeldt. I figli Christian, Michael ed Helene, raggiunta la grande tenuta di campagna, gestita come attività dagli stessi Klingenfeldt, si preparano per l’importante cena svelando già i primi retroscena raccapriccianti, come il recente suicidio della quarta sorella Linda, il non invito dell’esuberante figlio Michael e le scappatelle che questo in passato si è concesso con la cameriera del posto.
Nulla rispetto alla tragicommedia che Vinterberg organizza attorno alla sua tavolata, sfarzosa quanto oscura e drammatica.Cene strane: Festen Ad aprire le danze è il figlio Christian che dopo aver dato la possibilità a tutti gli invitati di riempire lo stomaco assieme a qualche bicchiere di champagne, decide di fare un discorso in onore di suo padre. Rivela così alla famiglia tutta i particolari con cui suo padre costringeva lo stesso Christian e la defunta sorella Linda a fare numerose volte il bagno, per poi abusare di entrambi in tenera età. Sbigottimento e incredulità portano dapprima ad un grande silenzio rigonfio di domande, che infine si dissolve in risate e chiacchiere che annullano la grande rivelazione. Lo stesso Christian si scusa, per poi tornare alla carica ed accusare ancora suo padre dell’omicidio, se non fisico quanto meno psicologico, di sua sorella.

Vinterberg confeziona una pellicola nauseante per inquadrature, colori e movimenti di macchina. Tecniche registiche per recare perturbamento e distacco nel suo spettatore, straniato da ciò che si muove nel dinamico perimetro dell’immagine vinterberghiana. Uno shock raddoppiato su due differenti assi, quello tematico e quello strutturale, per cui Festen salta all’occhio come qualcosa da cui fuggire, qualcosa da tenere lontano, ma che non cessa mai di affascinare per freddezza e realismo. Una tavolata strana, bizzarra quanto deplorevole che stupisce non per il suo collassare di colpo, ma per il suo saper stare in piedi comunque sia.

 

Più scandalosi di un padre che ha violentato due dei suoi figli per anni dunque sono gli invitati, tutti gli altri, che tra canzoncine razziste indirizzate al nuovo compagno di colore di Helene, e gli assalti ai numerosi piatti sfornati dalle cucine, restano al proprio posto nonostante tutto, noncuranti del buon senso, ma tossicomani del gusto, idolatranti della pancia piena. Se un codice comportamentale è stato pesantemente violato, ve ne è un altro al quale Festen consegna un primato, ossia quello della forchetta, perché nella società borghese presa di mira da Vinterberg, il crollo di una figura statuaria come quella del capo famiglia non sarà mai importante quanto una grande cena accompagnata da rinfreschi, costose bevute e colazioni abbondanti. Festen, in chiusura, racconta non un’alba sconcertata e sconvolta, ma un primo pasto mattiniero caloroso, che comincia dove la cena ha trovato termine; tavolata alla quale stupratori e i traditori della famiglia semplicemente non sono ammessi. Tutto purché il pasto più importante della giornata si svolga in osservanza di una famelica e sacra consumazione ai limiti dell’accettazione convenzionale.

The Dinner- Cene strane dove i “panni sporchi” rimangono tali

Pari merito, agghiaccianti quanto i retroscena di Festen, sono le rivelazioni che bruciano al tavolo di un prestigioso ristorante statunitense, quello mostrato in The Dinner, film diretto da Oren Moverman (2017), adattamento cinematografico dell’omonimo libro di Herman Koch.

cene strane: The Dinner

Moverman racconta la cena di Koch scandendo, come per mezzo di capitoli, le diverse fasi della serata attraverso le cornici di piatti e portate, dall’aperitivo al dessert, dove il più delle volte gli elementi costituenti del piatto sono presentati come specialità di terre lontane ed esotiche. Due famiglie, due fratelli e le rispettive compagne, per discutere del futuro dei due figli, coinvolti nell’omicidio di una senzatetto, data alle fiamme per gioco in una notte invernale. Assodata la colpevolezza dei due giovani, le menti intrappolate nel ristorante newyorchese elaborano strategie diverse per risolvere la situazione. C’è Stan, candidato alla posizione di governatore che vede crollare la propria immagine pubblica proprio alla vigilia delle votazioni, ed il fratello Paul, insegnante di storia afflitto da problemi mentali, con un forte senso di inferiorità nei confronti dell’altro. Poi le due compagne, come civette sulle spalle dei due, che lasciano pendere l’ago della bilancia sull’insabbiamento di tutta la vicenda nel tentativo di salvare carriere e future vite dei due giovani. Ai flash back è lasciato il compito di mostrare il travagliato passato di Paul, quasi estraneo all’intera vicenda, vittima della grande violenza con cui “i panni sporchi” si alternano all’interno della sua famiglia. Panni sporchi che in The dinner finiscono per non essere lavati affatto. Sapori ricercati ad accompagnare un climax tematico di tensione. Ma al contrario, se in Festen tutto finisce in coda rispetto alla supremazia culinaria, in The Dinner ogni pietanza profuma di surplus, come elementi estranei allo stesso tavolo che mai fanno da collante per i quattro partecipanti; una cena-non cena che si annulla ad ogni intermezzo e si propone come protagonista emarginata sullo sfondo, ostracizzata dalle micro fratture relazionali dei presenti, rotture le cui riconciliazioni caotiche mai si rifanno alla linearità di un menù equilibrato e calcolato secondo gusto e raffinatezza. Rimpatriata di famiglia mai all’altezza di ciò che viene degustato, per circostanza più che per piacere.

Cene bizzarre a cui mai vorremmo prendere parte. Cene in grado di far rimpiangere il nonno che fa rumore con la minestra e il russare violento dello zio durante la pennichella post abbuffata.

Luca Cardone

 

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