Mi può portare un menu? È una delle prime domande che facciamo quando ci sediamo al ristorante. Ci piace scegliere, possibilmente con calma, vedere le combinazioni più di nostro gradimento e valutare in base a gusti, diete alimentari, appetito (e non da ultimo anche al portafoglio!) quante e quali portate ordinare. Non c’è che dire, una bella invenzione il menu e di origine neanche troppo antica…
Dalle taberne dei romani al servizio alla russa. La nascita del menu
A Pompei nei locali pubblici chiamate tabernae era usanza comune esporre la lista delle vivande: dipinte sui muri, queste illustrazioni elencavano le specialità della cucina proposte agli avventori. Per parlare di menu, inteso come cartoncino posto a tavolo a disposizione dei commensali, bisogna risalire all’inzio dell’Ottocento. Fino a quell’epoca nell’allestimento della tavola era in voga il servizio alla francese che, secondo la tradizione della Corte, mirava a stupire l’ospite: tutte le portate venivano collocate in tavola contemporaneamente e i commensali potevano servirsi liberamente, adoperando per mantenere in caldo i cibi gli appositi rechauds (scaldavivande). Nel 1810 il principe russo Alexander Boris Kourakin, nella residenza parigina di Clichy, porta in tavola una grande rivoluzione: predispone un’apparecchiatura sontuosa e ben apparecchiata, ma di cibi non c’è l’ombra. Quest’ultimi vengono portati a tavola, in successione stabilita dalla cucina, e serviti dai camerieri al tavolo nei piatti di portata.
L’innovativo “servizio alla russa” nel giro di qualche decennio sostituisce definitivamente quello alla francese e porta alla diffusione del menu, come testimoniato da Urbain Dubois ed Émile Bernard nella Cuisine Classique (1864): «La convenienza esige che i commensali siano informati sulla composizione del pranzo, affinchè possano fissare la loro scelta e regolare il loro appetito.»
Dal programma musicale alla griffe degli artisti. Il menu si fa souvenir
In origine semplice cartoncino tipografico con l’indicazione dela successione delle portate, il menu nel corso del tempo riporta un campionario di dettagli sempre più sofisticati: l’abbinamento dei vini, l’accompagnamento musicale di una serata, la raccolta firme dei presenti o di un ospite di rilievo.
Nascono poi i menu stampati con la tecnica litografica e cromolitografica che permettono il disegno a colori e la lista delle vivande si arricchisce di illustrazioni anche di grandi artisti.
Ma cosa significa menu?
Il termine francese significa minuta e indicava l’appunto che il capo cuoco o, in alcuni casi, il maggiordomo, compilava quotidianamente per il padrone di casa.
Fino al 1907 in Italia nei pranzi ufficiali dello Stato Italiano i menu impiegati sono scritti in francese. È in quell’anno che Vittorio Emanuele II impone di sostituire nei menu di Casa Savoia il francese con l’italiano.
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