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Babbo Natale e Coca Cola: marketing, cibo e cultura

Babbo Natale e Coca Cola, una storia in cui marketing, cibo e cultura si intrecciano. Se è falso che la multinazionale americana abbia inventato la “divisa” di Santa Claus, è vero che ha creato uno storytelling conosciuto in tutto il mondo

A Natale è sempre la stessa storia: Babbo Natale è protagonista di diversi spot. Lo dobbiamo alla Coca Cola, tanto che molti hanno pensato che sia stata proprio la multinazionale americana ad inventare la divisa rossa e bianca di Santa Claus. Non è proprio così. Vi raccontiamo una storia che intreccia marketing, cibo e cultura.

Babbo Natale e Coca Cola: una strategia di marketing vincente

Coca Cola cominciò ad utilizzare Babbo Natale come protagonista delle sue pubblicità natalizie fin dal 1920. Un Santa Claus diverso da quello che conosciamo oggi. Era un uomo dallo sguardo severo, molto simile ad un folletto. Forte era l’influenza del vignettista Thomas Nast, celebre per le sue illustrazioni dedicate alla Guerra Civile. Negli anni 30 la svolta. Coca Cola costruisce quell’immagine che oggi tutti conoscono e che ha cancellato le precedenti rappresentazioni. Se è vero che Coca Cola ha imposto un’immagine di Babbo Natale in tutto il mondo, è falso che sia stata una sua creazione la divisa rossa e bianca del vegliardo paffuto signore che porta i regali ai bambini nella notte tra il 24 e il 25 dicembre. Il disegnatore Haddon Sundblom pubblicò il primo Babbo Natale commissionato da Coca Cola in versione rosso e bianco nel 1931 su The Saturday Evening Post. Si ispirò alla poesia di Clement Clark Moore del 1823 “La visita di San Nicola”, dove Babbo Natale è descritto come un vecchio rubicondo, allegro, buontempone, con una barba bianca lunghissima e con una pancia a dir poco spropositata. Dal 1931 al 1964 è stato lo stile di Coca Cola. Ci fu solo nel 1942 una variante: l’introduzione di “Sprite Boy”, un personaggio che apparve con Santa Claus nelle pubblicità dal 1940 al 1950. Sprite Boy, creato sempre da Sundblom, deve il suo nome  alle sue sembianze da folletto. “Sprite” in inglese significa folletto e per alcuni il termine anticipò  il lancio della nota bevanda, avvenuto poi nel 1960. Inutile dire che le illustrazioni pubblicitarie hanno poi influenzato la costruzione degli spot televisivi della Coca Cola.

Ma torniamo a bomba: i colori dell’abito di Babbo Natale non sono stati inventati né da Sunblom né da Coca Cola. La divisa esisteva già. Negli anni 20 era già stata proposta sul Saturday Evening Post da Leyendecker. Sempre negli anni 20 appariva nelle pubblicità di White Rock Waters. Se ricerchiamo ancora più indietro la ritroviamo sulla rivista Puck.

Di certo Coca Cola con un’abile strategia di marketing ha costruito uno “storyselling” di successo. Ci ha raccontato chi era, che cosa faceva, come passava le feste Babbo Natale legandolo ad un prodotto. Ogni anno, veniva regalato un dettaglio in più sulla sua figura, ma c’era una cosa che non mutava mai: Santa Claus beveva sempre la sua bibita preferita.  Così Coca Cola ha reso Babbo Natale un’immagine globale, standard, recuperando una delle tante immagini già esistenti.

Le illustrazioni e gli spot di Coca Cola vivono nella mente di tanti bambini e adulti in moltissime parti del mondo. A seconda della nostra età, ne ricordiamo un’immagine. La sua rappresentazione è entrata a far parte della nostra cultura, è stata costruita con modalità che pochi altri spot pubblicitari hanno mai raggiunto. Che cosa la rende indelebile nella nostra memoria? Tutti i marchi ci invitano ad essere felici, sani, intelligenti, vincenti. Ma Coca Cola ci offre di più: l’amore incondizionato che è quel sentimento che è proprio dell’infanzia. Chi non ha mai bevuto la Coca Cola da piccolo? Quale personaggio immaginario è più conosciuto di Babbo Natale? I suoi spot fanno parte della nostra biblioteca dei ricordi, le loro immagini mescolate con piccole schegge della nostra vita ci aiutano a riportare a galla la nostra infanzia.

E perchè il rosso come colore distintivo?

Il logo è stato creato alla fine dell’800 dal dottor John S. Pemberton, colui che ha inventato la Coca Cola. Il rosso non fu una scelta, ma una necessità. La bevanda era venduta al barile alle drogherie e alle farmacie allo stesso modo degli alcolici. Per permettere ai funzionari doganali un riconoscimento più veloce che si trattava di un analcolica, le botti erano dipinte di rosso. La tassazione degli alcolici era molto più alta! I barili furono poi sostituiti dalle bottiglie, ma il colore rimase. Il rosso della Coca Cola è ottenuto dal mix di tre colori

Coca Cola ha sempre investito molto in pubblicità e lo ha fatto mantenendo uno stile riconoscibile. I suoi slogan e jingle hanno un ritmo semplice da riconoscere e da seguire. L’azienda si è identificata con una cultura che risulta rassicurante, allegra, positiva, confortevole. L’amore, almeno nella pubblicità, sembra essere un’arma vincente!

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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