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Castello di Cigognola: l’eleganza del Pinot Nero

La mission del Castello di Cigognola? Produrre una collezione di Blanc de Noir di altissimo profilo, capaci di competere con lo champagne.

La zona dell’Oltrepò, un tempo detta Vecchio Piemonte, faceva parte del ducato sabaudo. Terra di Barbera e Pinot Nero, oggi anche di Nebbiolo.

La scommessa di Gabriele Moratti e dell’AD Gian Matteo Baldi è una sola: far diventare il Castello di Cigognola la nuova Maison del Metodo Classico italiano. La passione per il vino della famiglia Moratti nasce da lontano. Gabriele, raccolta l’eredità del nonno e del padre, sta portando avanti un progetto che intende valorizzare il territorio dell’Oltrepò Pavese, una terra amata da Soldati e Veronelli. Come ricorda Gian Matteo Baldi: “l’Oltrepò Pavese,  incuneato fra l’Emilia, il Piemonte e la Liguria, è come il vecchio Piemonte. Si produce  da sempre, con grande talento, il  Pinot Nero. E’ giunto il momento di dare una forma al talento”.

La valorizzazione del Pinot Nero e di un territorio vocato ma non valorizzato

castello cigognola nell'oltrepò paveseIntorno al Castello di Cigognola, risalente al XII secolo, si estendono 28 ettari di vigneti. Gli ettari di Pinot Nero, l’uva simbolo dell’Oltrepò Pavese, sono distribuiti su colline serrate con pendenze molto decise che chiudono valli strette in grado di indirizzare le correnti tra Nord e Sud, godendo di ottime esposizioni favorite anche dal cambiamento climatico. La latitudine consente di ottenere un’essenza di frutto più maturo che permette di ottenere spumanti eleganti e da tutto pasto. L’età media delle piante si attesta intorno ai 25 anni, ovvero al culmine in termini di resa qualitativa. Gli impianti sono a spalliera e Guyot, gestiti in regime semi-biologico.

Le viti affondano le radici su un terreno marno-argilloso. «Alla base della composizione del terreno, dove crescono i nostri vigneti – spiega l’enologo Francesca Elli vi sono le Marne di Sant’Agata Fossili, lo strato intermedio è invece una formazione gessoso solfifera, mentre sulle sommità di Cigognola sono visibili arenarie e conglomerati”

Del Pinot Nero si vuole offrire un’espressione spumantizzata autentica, profondamente legata al terroir. L’Oltrepò Pavese non ha nulla da invidiare ad altre zone vitivinicole italiane o straniere. Dopo lo Champagne e la Borgogna, è l’area maggiormente vocata alla produzione di Pinot Nero.

Il progetto del Castello di Cigognola – continua Matteo Baldi – ha preso avvio con la creazione di un team di tecnici composto da un agronomo e tre enologi. I loro suggerimenti, le loro provocazioni sono trasmesse a tutti i lavoratori. Il destino di un’azienda è in mano a tutti coloro che partecipano ad un disegno: dall’enologo a chi pota la vite. Ogni lavoratore deve essere consapevole del suo operato perché lo fa suo grazie all’informazione ricevuta”.

Se dovessi riassumere in poche parole il progetto del Castello di Cigognola? “Con il contributo dell’enologo Federico Staderini, vogliamo realizzare un metodo classico elegante, strutturato e che, nell’invecchiamento, abbia note meno ossidative. Il tutto mettendo al centro le persone, le uniche che fanno grande una produzione”.

La nostra degustazione di quattro spumanti 100% Pinot nero

castello di Cigognola: degustazione vini

Noi abbiamo degustato la collezione di bollicine 100% Pinot nero Cuvée ’More, sia in versione Brut che Pas Dosé, la Cuvée dell’Angelo e il Rosé.

  • Il vino d’ingresso è la Cuvée ‘More Brut, un Blanc de Noirs elegante, al calice di un bel giallo dorato con riflessi ramati, con perlage fine e persistente, con un profumo che richiama i frutti canditi e le fragoline e con un finale rotondo, maturo e piacevole. Un vino che piacevolmente accompagna un intero pasto.
  • Stessa base di vino, ma differente dal punto di vista aromatico per la Cuvée ‘More Pas Dosé che regala profumi di scorza d’arancia, miele e frutti di bosco con una bollicina sottile e con un finale tostato su sfumature di mandorla. Elegante, con la giusta mineralità, è perfetto per l’aperitivo.
  • In ricordo di Angelo Moratti, la Cuvée dell’Angelo Pas Dosé 2013, uno spumante complesso che, grazie a 72 mesi sui lieviti, offre declinazioni di pasticceria e di frutto rosso maturo e carnoso. Persistente, con un perlage particolarmente fine è perfetto  per essere abbinato ai risotti.
  • Infine, chiude la degustazione il Metodo Classico Rosé millesimato, dal colore tenue, rotondo, più morbido nei richiami di piccoli frutti di bosco e liquirizia, con un finale che ricorda le delicate note verdi del tè.

Il sorprendente RDM 2014

L’inaspettato Rdm 2014, un pas dosè nato per “ridare vita” ad una produzione rimasta in catasta, prende vita da una malolattica in bottiglia. Sorprende per la sua capacità di regalare una nota vanigliata che trae in inganno: il passaggio in legno non c’è! Ottimo l’abbinamento con il pesce.

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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