Porta Romana è stata, dal Dopoguerra fino ai primi anni Ottanta, il regno della ligera, la prima malavita milanese radicata nei quartieri popolari di Milano, dove i banditi erano considerati alla stregua degli eroi. La cultura “popolare” di Milano– dai teatri ai locali notturni dove si esibivano giovani cantautori diventati poi i cantori della mala – narravano in musica un sottobosco di piccoli criminali—papponi, rapinatori, biscazzieri, allibratori, topi d’appartamento, truffatori, piccoli spacciatori, strozzini, ricettatori—spesso in lotta tra loro.
I Gufi, Nanni Svampa e Didi Martinaz cantavano una mala romantica e disorganizzata spazzata via dall’arrivo delle grandi bande criminali. La leggenda della mala milanese nasce proprio da canzoni che per un ventennio popolarono locali, ormai chiusi da tempo. Al loro posto oggi sorgono filiali di banche, centri massaggio cinesi e negozi di telefonia. Eppure c’è ancora un locale, che già dall’insegna, ricorda quegli anni.
Parliamo del ristorante El Pecà, nato da un’idea di Filippo Cadeo, figlio di Cesare Cadeo e già ideatore del format That’s Vapore. In via Orti, in quella che una volta era la via del peccato, propone una cucina di mare e un nuovo approccio alle tecniche di cottura.
Luci soffuse, tracce di azzurro sulle pareti, dettagli che richiamano il mare, Filippo ha voluto creare un’atmosfera rilassata, complice di chiacchiere o parole sussurrate. Alle pareti opere ricercate con passione, danno un tocco veramente personale a un locale che si distingue per disegnare uno spazio semplice ma ricco di suggestioni.
Nel ristorante si respirano ancora i suoni e i sapori della vecchia Milano. Un tributo a quella Milano che oggi è difficile ritrovare.
El Pecà, la cucina di mare che mi ha sussurrato storie surreali
La rivoluzione di El Pecà sta nei piatti proposti: eleganti, ricercati e lussuriosi. Un ristorante concepito come un piccolo laboratorio alla ricerca di sapori che richiamano ricordi e desideri inconsci.
E allora Famelici vi descrive il menu ispirato alla cucina mediterranea e curato dallo chef Romeo Poltronieri proponendovi un gioco un po’ snob che trasforma il menu in un testo surreale, in cui gli ingredienti raccontano la loro storia. Pronti?
Entrée
Paté di tonno e pesce spada su chips croccante allo zenzero con sesamo e arancia; maionese alle alici, tartare di ravanelli marinati e alici del Cantabrico e Bon bon di baccalà mantecato, salsa al nero, quinoa soffiata e nocciole.
Pensieri in libertà di 3 entrée disposte elegantemente su un piatto. “Eccola che arriva. Chi sceglierà? Chi addenterà? Lo capiremo dal suo sguardo o sarà una sorpresa? Chi la provocherà tanto da essere portata alla bocca? Come compiacerla?”. La storia non dice chi è stata la prima ad essere morsa, di sicuro il cameriere ha portato via il piatto vuoto!
Primo piatto
Risotto allo champagne mantecato al burro affumicato, gamberi arrosto del Mediterraneo e melograno
Il melograno, noto per la sua acidità, ma ricercato per la sua veste lussuriosa, attrae ma poi può uccidere. Al malcapitato non resta che la fuga e il ricordo di promesse perse che si affogano in una coppa di champagne. Ma un giorno un cuoco biricchino cuoce un risotto nel burro affumicato, aggiunge dei bei gamberi rossi e per finire decide di accarezzarlo con quel melograno dal carattere aspro. Uno sbaglio? Affatto. Il cuore gramo si dischiude al mistero dell’amore.
Secondo piatto
Milanese di tonno con insalatina di finocchi, arance e capperi con maionese alla bottarga
A.A.A. cercasi il mare a Milano. “Che importa se ti hanno distrutto i sogni? Che importa se credevi di essere il protagonista di un grande piatto milanese? Hai fatto chilometri nascosto in un Tir per poi scoprire che l’ossobuco è un piatto di carne. A chi vuoi che importi se un tonno piange lacrime salate? Chi curerà il suo cuore infranto? Solo uno chef, un po’ audace, lo può fare. E io, ormai esanime, su un bancone del mercato, sono stato pescato dalle mani di chi mi ha trasformato in una rivisitazione dell’ossobuco. E ora sono felice”.
Dessert
Crème brûlée allo zabaione con mele caramellate al wasabi
La Crème brûlée era stanca, molto smontata, molle, flaccida. Da tempo si specchiava nel cucchiaino e non si piaceva più. Era ormai prossima la stagione dei gelati, dei dolci freschi; era sicura, avrebbe perso il posto nel menu. Due mesi, al massimo tre, per trovare una soluzione. Ma quali parole magiche sussurrare all’orecchio dello chef? Le sue notti erano tormentate da funesti presagi. Lo chef tra poco l’avrebbe preferita a un altro dessert con più personalità. Ma una notte l’illuminazione: perchè non cedere alle tentazioni di quel frutto conosciuto per essere peccaminoso? Sì, la mela! E perchè non carezzarla con la caramellizzazione? E facendo un giro virtuale in un negozio di strani cibi orientali, un altro pizzico di genio: l’aggiunta del wasabi!
La curiosità come dessert offerto da Famelici
La leggenda di Porta Romana
In tempi ancora vicini a noi Porta Romana era attraversata dal tram numero 13. Una scelta casuale? Noi vi possiamo dire che una leggenda milanese narra di come un diavolo abitasse a Porta Romana. Si trattava del marchese Ludovico Acerbi, che si era trasformato in un principe degli Inferi per i suoi comportamenti eccentrici e per le sontuose feste e banchetti nel suo palazzo in Corso di Porta Romana 3 durante la peste del 1630.
Via Orti, 7
Milano MI
Telefono: 02 2416 4750]
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