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Cambiamenti climatici e aumento dei prezzi del cibo

Le conseguenze dei cambiamenti climatici influenzano in modo negativo anche l’economia

Le conseguenze del cambiamento climatico pesano anche sul nostro portafoglio. Vediamo quali generi alimentari sono diventati più costosi e per quale ragione.

Dal 2011 si registrano aumenti costanti dei generi alimentari, una tendenza che sembra inarrestabile! È evidente che il riscaldamento aumenta il rischio di catastrofi e con l’aumentare delle temperature i costi di produzione del cibo saranno maggiori.

Alle conseguenze, spesso drammatiche, dei cambiamenti climatici dobbiamo ascrivere anche l’aumento dei prezzi dei generi alimentari. I cambiamenti climatici coinvolgono tutto il mondo e nei prossimi anni lo avvertiremo sempre più anche quando faremo la spesa.

Sia la siccità che le piogge torrenziali con le conseguenti inondazioni, uragani o incendi boschivi causati del riscaldamento globale, stanno causando gravi problemi all’agricoltura in molti paesi. Secondo i dati della FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), gli aumenti dei prezzi dei prodotti alimentari sono già saliti come non era mai accaduto fino ad oggi e, secondo tutte le proiezioni, in futuro continueranno a crescere. Tra maggio 2020 e lo stesso mese del 2021, l’aumento registrato a livello globale è stato del 39,7%. Rispetto alle precedenti medie annuali, è la più elevata dall’inizio del 1990.

Come si calcola la progressione dell’aumento dei generi alimentari

Il prezzo del cibo sta crescendo oltre il 30% nell’ultimo anno in tutto il mondo, come non accadeva da 10 anni a questa parte. Persone e paesi con meno risorse sono i più colpiti.

Per stabilire gli indici che calcolano gli aumenti, la FAO monitora un carrello della spesa con cinque generi alimentari di prima necessità: cereali, olio vegetale, latticini, carne e zucchero. Analizzando i prodotti, selezionati uno per uno, il risultato è che:

  • i cereali sono aumentati del 36,6%
  • l’olio vegetale del 124%
  • i latticini del 28%
  • la carne del 10% 
  • lo zucchero del 57%.

Si tratta dell’aumento dei prezzi più elevato registrato in un anno da settembre 2011 e, in modo progressivo, i prezzi sono aumentati ogni mese dell’anno. Secondo i dati forniti dalla FAO, tra aprile e maggio, l’aumento globale è stato del 4,8%, il più importante in un solo mese nell’ultimo decennio.

I precedenti sono pochi, bisogna tornare agli anni Settanta. L’economia di quel tempo era diversa: la globalizzazione era agli albori, il mondo cominciava a conoscere gli effetti della crisi petrolifera e c’era una spirale inflazionistica che non ammette confronti con i nostri giorni. Oggi i prezzi salgono alle stelle con una velocità inaudita.

I cambiamenti climatici causa del continuo aumento dei prezzi del cibo

Durante la pandemia i consumatori hanno fatto spese sfrenate on line e i porti si sono riempiti, intasando la catena di approvvigionamento.

Gli aumenti sono in gran parte dovuti alla scarsità di produzione e all’aumento della domanda. In tempi di grave siccità o di un eccesso di piogge o di improvvise gelificazioni, i campi producono meno o smettono di produrre e così diminuisce drasticamente la quantità di prodotti che raggiungono il mercato.

Contabilizzare l’ammontare delle perdite economiche causate dal cambiamento climatico non è facile, perché non è possibile distinguere tra fenomeni che si sarebbero comunque verificati per cause naturali da quelli dovuti alla nuova situazione climatica. Ma l’assicuratore Swis Re, il più autorevole al mondo, ha stabilito che quelli causati dai cambiamenti metereologici hanno causato perdite per 40.000 milioni di dollari solo nella prima metà di quest’anno.

Nessuno può più contestare i cambiamenti climatici. Il 2020 è stato il secondo anno più caldo della storia e anche quello con il maggior numero di disastri naturali. Negli Stati Uniti, ad esempio, si sono verificati un totale di 22 eventi meteorologici gravi. La media nel 2010 era stata di 12, e nel 2000 erano solo sei.

È evidente che il riscaldamento aumenta il rischio di catastrofi e la conclusione è che con l’aumento delle temperature l’impatto dei costi ad esse dovuti sarà maggiore. I calcoli effettuati dagli scienziati stabiliscono che un aumento di 4 gradi della temperatura potrebbe significare una diminuzione del 2% del PIL.

L’esempio del caffè brasiliano più caro a causa del freddo

Tra i più colpiti ci sono i paesi esportatori di prodotti alimentari, alcuni dei quali, come il Brasile o l’Argentina, hanno subito le conseguenze del fenomeno climatico causato dalla Niña, che ha provocato un notevole abbassamento delle temperature. Molte colture sono state compromesse dalle gelate, tra queste quella del caffè brasiliano, il cui prezzo è aumentato del 21% in un solo mese.

Altri aumenti spropositati hanno riguardato il tofu (prodotto essenziale nella dieta del sud-est asiatico) che ha registrato un aumento del 38% o lo zucchero in Russia con un balzo del 64% in un anno.

I fattori che creano il tereno fertile ad una tempesta perfetta

Sebbene l’aumento sia diffuso, ci sono importanti differenze per gruppi di prodotti: l’aumento maggiore, di gran lunga, è quello che colpisce gli oli vegetali, che sono aumentati del 75% da ottobre dello scorso anno, seguiti da zucchero (+40%) e cereali (+22%). L’escalation di questi ultimi è particolarmente significativa: oltre ad essere i protagonisti della dieta in tutto il mondo, hanno un significativo effetto di trascinamento su altri sottogruppi di prodotti, come la carne – perché è alla base dell’alimentazione del bestiame –, che diventa più costosa del 22%.

Di contro, aumenta la richiesta di cibo e delle materie prime che servono a produrlo, soprattutto da parte della Cina e della Russia. Non si devono poi sottovalutare i costi del trasporto determinati dall’aumento del petrolio. Energia e cibo sono da sempre strettamente legati, quasi intrecciati.  Ovviamente i paesi che devono importare di più subiscono un aumento maggiore. Le fluttuazioni dei prezzi sono all’ordine del giorno e, secondo alcuni calcoli, gli aumenti che le famiglie sopporteranno saranno di circa il 6%. L’aumento – iniziato la scorsa primavera – è ancora poco percepito, ma presto sarà evidente.  La previsione è che gli aumenti dei prezzi saranno costanti per almeno un anno.

La crisi arriva in un momento difficile causato dalla pandemia

I danni dell’inflazione alimentare colpiscono i paesi più poveri e sono geograficamente asimmetrici. Nel mondo ricco colpiranno soprattutto le fasce di popolazione più deboli, con minore potere d’acquisto. I più ricchi si accorgeranno meno dell’aumento del costo della vita.

La crisi arriva in un momento difficile: la pandemia ha acuito le differenze sociali. Tra individui, ma anche tra paesi, in particolare in quelli emergenti. La dipendenza dalle importazioni lascia tre regioni con grosse problematiche: l’America Latina – in particolare Brasile e Argentina, che non solo sono in balia dei prezzi internazionali, ma sono tra i maggiori esportatori mondiali di carne bovina, soia, mais o caffè – Nord Africa e Medio Oriente

Il rimbalzo dei costi del cibo sta anche avendo un significativo effetto indesiderato sull’inflazione. Tali aumenti stanno mettendo ancora più pressione alle banche centrali, che in questi giorni stanno discutendo se alzare i tassi di interesse per cercare di soffocare l’aumento dei prezzi o mantenere la stabilità per evitare di mettere un altro freno alla ripresa economica.

Questo nel mondo ricco, ma nei paesi più poveri si è dovuto alzare i tassi di interesse per contenere la crisi. Inoltre la recente forza del dollaro – la valuta in cui sono quotate praticamente tutte le materie prime – ha provocato un ulteriore aumento dei prezzi. Sebbene nessun governo abbia ancora scelto di limitare le esportazioni per garantire la sicurezza alimentare della popria popolazione, come è successo un decennio fa, nessuno osa escluderlo.

Il pericolo dell’aumento delle temperature

Un aumento di due gradi Celsius della temperatura media globale porterebbe quasi 190 milioni di persone a livelli di vulnerabilità più elevati rispetto a quelli odierni. In quattro decenni la domanda mondiale di cibo crescerà tra il 30% e il 50%, mentre l’offerta rischia di contrarsi fino al 30% negli scenari più avversi del riscaldamento globale. 

Gli studi confermano che l’aumento delle temperature incide sul ciclo dell’acqua. Con il calore questa evapora più rapidamente e l’atmosfera surriscaldata trattiene più vapore, facendo aumentare fenomeni come piogge intense e  siccità, influendo anche sulla qualità dell’acqua.

Oggi la siccità riguarda sempre più aree del Pianeta, fino a poco tempo fa estranee al surriscaldamento. A fronte di ciò, si affacciano sul mercato paesi, come la Cina, che chiedono di acquistare maggiori derrate alimentari.  Così, ad esempio, negli ultimi anni è diminuita sensibilmente la produzione di ortaggi, provocando un sensibile aumento dei prezzi.

Sembra paradossale, ma la produzione alimentare dovrà raddoppiare per rispondere alle richieste del mercato. Non solo a causa dell’aumento demografico, ma anche perché l’aumento del reddito disponibile farà crescere  ila domanda della carne o dei latticini .Una situazione che rischia di diventare esplosiva!

Un’ultima riflessione

I paesi più poveri e in via di sviluppo saranno quelli maggiormente colpiti dalle conseguenze dei cambiamenti climatici. E tutto ciò comporterà scontri sociali sempre più violenti. Siamo pronti ad assistere a tutto ciò? Non è forse meglio correre ai ripari con una seria politica attenta alla sostenibilità?

 

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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