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Massimo Bottura: il futuro dei ristoranti. Come organizzarsi

Che cosa accadrà alla nostra ristorazione? Difficile prevederlo, di sicuro bisogna cogliere l’occasione per riflettere sulla necessità di rivoluzionare il mondo della ristorazione. A partire dalla figura  e dai comportamenti del cuoco. Senza dubbio, sarà un periodo complesso, soprattutto per chi ha aperto la propria attività recentemente e ha bisogno di numeri per sopravvivere. Noi cuochi sotto la luce della ribalta abbiamo una grande responsabilità. Ora è il momento di abbandonare ogni forma di pigrizia. La parola d’ordine è solidarietà, ovvero etica, etica ed etica“. Sempre profondo ed entusiasta Massimo Bottura, grande cuoco, ambasciatore all’estero del cibo, della cultura e dell’identità italiana, ma anche grande sperimentatore e pensatore.

Tra i grandi della cucina italiana, Massimo Bottura, che deve molto alle mani della nonna che “filavano” tagliolini, prendono la pignata (una pentola utilizzata per la lunga cottura di legumi) o il cotturo (pentola di cottura) senza le presine, ha poi costruito una cucina, il cui obiettivo è quello di portare il passato nel futuro. E oggi? Nessun dubbio: l’estetica deve trasformarsi in etica. La cucina è alla testa della battaglia contro gli sprechi e il folle consumismo.

Rispetto ai suoi colleghi che cercano di creare risposte immediate alla crisi, ha scelto, come ha sempre fatto di riflettere, di costruire una strategia condivisibile, che non risponda solo alle urgenze dettate dal Coronavirus. Oggi abbiamo più tempo e questo va trasformato in opportunità per creare qualcosa di utile a tutti. Dobbiamo regalare gioia, felicità, il sogno di cucinare insieme. É l’idea alla base del Refettorio,  un progetto che si prende cura delle persone bisognose di assistenza, offrendo cibo, partendo dagli avanzi prodotti dalla società dei consumi“.

Il cibo nutre -prosegue Bottura – l’anima. Ed ora è giunto il momento di fare una rivoluzione umanistica. I cuochi non devono più essere solo quelli che spadellano in cucina, ma trasformarsi in ambasciatori dei casari, degli agricoltori, dei pescatori, dei vignaioli. Si devono dire ai nostri ospiti i nomi di chi produce ciò che si ha nel piatto. E poi evitare il peccato mortale del cuoco: sprecare. Non si deve più sprecare nulla”.

Sapete– continua Botturaperchè si spreca? Perchè è più facile gettare il cibo che distribuirlo a chi ne ha bisogno per sopravvivere. Nei Refettori noi ci impegniamo a ridistribuire ciò che normalmente viene gettato nella spazzatura. Le persone fragili non vanno lasciate morire!” 

Quanto è importante la formazione?

L’educazione è fondamentale. É quando il personale mangia insieme al ristorante, prima del servizio, che educhi il suo palato. Lì nasce la brigata. E poi chi lavora con te deve conoscere i produttori, deve uscire dalle cucine. Abbiamo un grande compito: cucinare è partecipare alla costruzione dell’identità di un popolo. L’agricoltura fa parte del DNA italiano. E così i miei ristoranti promuovono la campagna.

Per sopravvivere abbassare la qualità?

Non è vero che la gente non capisce la qualità. É nel conservarla, nel proporla che sta quella differenza che fa il futuro. Bisogna saper comprare, saper stringere patti con i produttori, fare rete. Per comprare bene, scegliere sempre il prodotto stagionale occorre regalarsi tempo per fare scelte in modo oculato. Il ristoratore lo deve insegnare anche al suo ospite.

Il futuro è creare botteghe rinascimentali, dove offrire cibo ma anche cultura. E così il ristoratore diventa l’ambasciatore degli agricoltori, a cui dà voce, citandoli nel suo menu. Significa fare sistema, dare vita all’autentico turismo enogastronomico”

Il piatto del futuro di Bottura?

Ispirato alla canzone dei Beatles, ‘With a little help from my friends’, un piatto superverde con tutte le salse che diventeranno dei fiori sulla base del piatto, con solo un tipo di carne, che potrebbe esser anche trasformata in vegeteriana, ed un curry verde in stile thai“.

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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