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La nuova frontiera del vino sostenibile: Solaris, il vino del futuro

I cambiamenti climatici stanno rivoluzionando il mondo del vino. Si potrà ancora produrre vino come si è sempre fatto? I vitigni ibridi saranno il futuro?

La sfida per i vini del Nord è quella di migliorare la qualità. E di vincere la diffidenza che spinge il consumatore a scegliere il vino che gli è più famigliare.

Emma Serner e l’enologo Andrea Guerra si sono incontrati in Toscana. In quella regione meravigliosa hanno iniziato a progettare una vita insieme e un vigneto sostenibile capace di rispondere alle esigenze imposte dai cambiamenti climatici. Negli ultimi anni, le ondate di calore, la siccità, gli incendi, le copiose piogge hanno distrutto o danneggiato seriamente i vigneti di tutta Europa. La produzione dei vini che hanno fatto la storia di intere regioni rischia di essere perduta.

La nuova frontiera del vino sostenibile: vino prodotto nei Paesi del Nord?

Emma Serner, qualche anno fa, ha proposto ad Andrea Guerra di impiantare un vigneto sull’isola di Gotland, una provincia meridionale svedese con estati calde e miti. Dopo aver studiato il suolo, il clima, l’umidità dell’aria e la temperatura media hanno fondato la Långmyre Vineri – un vigneto di 10 acri a Gotland, con una selezione di 26.000 viti. Fanno parte di una piccola ma crescente cooperativa di viticoltori svedesi. La superficie collettiva dei loro vigneti si estende tra 370 e 500 acri.

Man mano che il clima diventa più caldo, paesi che un tempo erano ritenuti inadatti alla coltivazione della vite diventano sempre più oggetto di studio per la produzione di vini. Dalla fine dell’800 la temperatura media locale è aumentata di un grado e questo inevitabilmente ha avuto delle conseguenze importanti sulla produzione del vino. La BBC ha raccolto un’interessante testimonianza di Debbie Inglis, direttore del canadese Cool Climate Oenology and Viticulture Institute: “Un aumento globale della temperatura di 2° C farà sì che il 55% delle regioni vinicole in tutto il mondo cessino la produzione di vino. Con l’innalzamento al 4 °C si toccherebbe una cifra impressionante: oltre il 70%“.

E così quella che, fino a qualche tempo fa nei Paesi del Nord, era definita solo una sperimentazione si sta trasformando in una realtà. Le regioni appena sotto il circolo polare artico, approfittando delle estati più calde, cominciano a produrre vino. Nell’ultimo decennio, la Svezia meridionale, la Danimarca, la Nuova Scozia in Canada e persino aree della Norvegia si stanno segnalando per la produzione di vini che trovano spazio sul mercato interno. Lo studio delle viti e l’introduzione di vitigni ibridi resistenti alle malattie hanno permesso ai viticoltori di salvare le coltivazioni dagli inverni rigidi, ma non più freddi come nel passato.

Vino e sostenibilità: l’utilizzo di uve ibride

Si può ancora produrre vino come nel passato o bisogna cambiare cultura e di conseguenza modalità di produzione?

La Svezia ha cominciato a studiare la possibilità di produrre vino dal 1999, ma è solo dal 2010 che ci si è resi conto che era possibile commercializzare un vino bianco o uno spumante buono e sostenibile. La consapevolezza nasce dall’utilizzo delle uve ibride resistenti al freddo. Si è usata soprattutto l’uva resistente Solaris che dà vita a ottimi vini bianchi e a spumanti con una buona acidità. Da un punto di vista ambientale le uve ibride sono cultivar resistenti alle malattie che non richiedono nessun pesticida o fungicida. E proprio quest’ultimo aspetto fa ritenere che il loro utilizzo sia rispettoso dell’ambiente.

In Italia e in Francia la produzione di vino è regolamentata da rigide norme che dettano quale tipo di uva può essere coltivata e dove. Ma tutto ciò sarà ancora possibile? I cambiamenti climatici, che appaiono inarrestabili, lo consentiranno ancora? Nei paesi nordici, dove non esistono disciplinari ferrei, la ricerca e le sperimentazioni sono più facili. In particolare nei paesi scandinavi le ricerche si rivolgono a trovare una risposta alle sfide del gelo precoce che causa danni alle gemme, alla muffa e al marciume. 

E in Italia? L’esempio della Società Agricola Giannitessari 

La prima vendemmia di Rebellis è datata 2017, l’ultima 2020. Per apprezzarne l’evoluzione e proporre una verticale a casa tutte le annate sono in vendita.

Eppure anche in Italia non manca chi ha avuto il coraggio di sperimentare l’uva resistente Solaris, abbracciando un nuovo modo di intendere la viticoltura. Parliamo dell’azienda Giannitessari di Roncà, in provincia di Verona. La varietà Solaris, che permette all’uva di arrivare alla maturazione senza interventi e trattamenti chimici, viene coltivata a 550 metri d’altezza, a San Giovanni Ilarione in Val d’Alpone, un vigneto con esposizione a sud-est, allevamento a pergola semplice e una resa di soli 70 ettolitri per ettaro. Qui oggi, dove qualche tempo fa il terreno era destinato alla coltivazione di foraggio, si possono ammirare filari di viti perfettamente curate. Gianni Tessari ha saputo cogliere le potenzialità del terreno, intuendo che le scaglie calcaree avrebbero consentito, trattenendo l’acqua, di contrastare la siccità.

giannitessari nuova frontiera vino
Gianni e Valeria Tessari

La carta d’identità del Rebellis il Veneto Bianco Igt Piwi da uve Solaris

Il progetto di Gianni Tessari con i Piwi (uve di vitigni resistenti) è iniziato nel 2013, quando l’uva Solaris fu ammessa nella provincia di Verona tra le varietà consentite. Gianni Tessari produce il Rebellis vendemmiando a fine agosto. Successivamente procede alla fermentazione con lieviti indigeni sulle bucce per 5 giorni, a cui fa seguire 10 mesi di affinamento in anfore di terracotta, per esaltarne il gusto, i profumi e il carattere.

Il Rebellis rappresenta una sfida vinta ed è la dimostrazione che il vino è sempre l’espressione di una scelta, di un’interpretazione. Se si degustano le diverse annate che vanno dal 2017 al 2020 ci si rende chiaramente conto come le differenze sono determinate dall’annata, dalle condizioni climatiche e dalle scelte produttive. Ogni annata rispecchia un carattere e la sua evoluzione.

Il mio preferito? Il Rebellis 2019. Al naso è intenso, fruttato, con note di agrumi, pasticceria, frutta tropicale, zafferano, arancia e tarassaco. In bocca si percepisce una nota di nocciola, che lo rende assai elegante.

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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