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L’anno di Proust, della madelaine e della memoria

Un viaggio nel tempo e nella memoria. Talvolta è il cibo a renderlo possibile

Nel 2022 si festeggia il centenario della morte di Marcel Proust, simbolo della letteratura europea. Ricordiamo lo scrittore che si interrogò sul sentimento del tempo e sulla sua capacità di farsi memoria.

Il 2022 è stato l’anno di Proust, un grande tessitore di storie. Un giovane borghese, ebreo, gay, di salute cagionevole, scrisse, tra il 1909 e il 1922, un romanzo, indagando sul sentimento del tempo e sulla sua capacità di farsi memoria. Un romanzo che conta ben sette volumi e che si svolge senza una trama definibile. A la Recherche du Temps Perdu è l’opera di un genio, ma anche un racconto spesso enigmatico. A 100 anni dalla morte di Proust ci interroghiamo sul fascino di uno scrittore che conta molti estimatori. Primo fra tutti Luchino Visconti che avrebbe voluto trasformare il romanzo in un film. Del sogno del regista rimangono i progetti scenografici, i bozzetti dei costumi e alcuni documenti.

L’anno di Proust ci fa riflettere sul rapporto cibo e ricordo

i dolci dell'infanzia: la torta di riso della nonna

Il cibo spesso ci permette di ricordare. Per la biologia rappresenta una nostra eredità ancestrale. Viene chiamata “teoria dell’evoluzione del gusto amaro”, un processo evolutivo che ha permesso alle prime specie di distinguere ciò che era edibile da quello che poteva muocere alla salute. Un processo educativo che si è sedimentato nel nostro DNA sotto forma di pseudogene permanente. Non solo, è anche un interruttore che ci ricorda la nostra infanzia in termini spesso nostalgici. Un processo individuale, ma anche collettivo in quanto definiscono la nostra identità. L’anno di Proust ci permette una riflessione su cibo e memoria.

L’anno di Proust: il profumo del tempo perduto

madelaine

All’improvviso avvertire il profumo di una persona che abbiamo amato, di una casa dove siamo stati felici, di un piatto d’infanzia… e il ricordo ci assale. Un profumo può coglierci di sorpresa e ricordarci una situazione, un luogo o una persona che sembrava sepolta nella nostra memoria. Un fenomeno misterioso descritto in modo poetico da Proust nel celebre passo in cui racconta il potere evocativo di una madelaine, un dolce tipico francese.

In uno dei passi più celebri di Dalla parte di Swann Proust rivela la forza del ricordo, che cristallizzato da qualche parte, apparentemente ritenuto perduto, si svela all’improvviso in tutta la sua forza. Un profumo penetra nel naso e all’improvviso tutto riemerge senza possibilità di bloccarlo. Una madelaine è capace di compiere quello che si crede impossibile: abbattere il tempo, fondendo il passato con il presente. Il tempo diventa uno solo e soprattutto non provoca più angoscia, ma un sentimento piacevole. Addirittura, grazie alla scrittura, si trasforma in eternità.

La potenza della memoria involontaria: il potere di una madelaine

cibo e cultura: proust, alla ricerca del tempo perduto

La memoria involontaria non implica alcuno sforzo. Un profumo, un suono è talmente radicato in noi da risvegliare sensazioni, emozioni che ci inducono a ricordare tutto a ciò a cui è associato. Cadiamo in una sorta di torpore, in cui la ragione è risvegliata di soprassalto dai sensi. Abbiamo la possibilità di compiere un magico viaggio a ritroso che ci consente di rivivere le sensazioni provate nel passato. Quando ciò avviene, il nostro corpo è invaso da una grande dolcezza. Non stiamo cogliendo la rappresentazione di una realtà ma la sua verità. Il vero si può cogliere solo postumo, è comprensibile solo guardando indietro, dal momento che il presente è solo confusione.

Ognuno ha la sua madelaine. Ecco quella di Proust

l'anno di Proust: la madelaine e il ricordo

E subito, meccanicamente, oppresso dalla giornata uggiosa e dalla prospettiva di un domani malinconico, mi portai alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato che s’ammorbidisse un pezzetto di madeleine.»

«Ma nello stesso istante in cui il liquido al quale erano mischiate le briciole del dolce raggiunse il mio palato, io trasalii, attratto da qualcosa di straordinario che accadeva dentro di me. Una deliziosa voluttà mi aveva invaso, isolata, staccata da qualsiasi nozione della sua casa. Di colpo mi aveva reso indifferenti le vicissitudini della vita, inoffensivi i suoi disastri, illusoria la sua brevità, agendo nello stesso modo dell’amore, colmandomi di un’essenza preziosa: o meglio, quell’essenza non era dentro di me, io ero quell’essenza.»

«Avevo smesso di sentirmi mediocre, contingente mortale. Da dove era potuta giungermi una gioia così potente? Sentivo che era legata al sapore del tè e del dolce, ma lo superava infinitamente, non doveva condividerne la natura.»

«Da dove veniva? Cosa significava? Dove afferrarla?»

«Bevo una seconda sorsata nella quale non trovo di più che nella prima, una terza che mi dà un po’ meno della seconda. È tempo di smettere, la virtù della bevanda sembra diminuire.»

«È chiaro che la verità che cerco non è in essa, ma in me. È stata lei a risvegliarla, ma non la conosce, e non può far altro che ripetere indefinitivamente, con la forza sempre crescente, quella medesima testimonianza che non so interpretare e che vorrei almeno essere in grado di richiederle e ritrovare intatta, a mia disposizione (e proprio ora), per uno schiarimento decisivo.»

L’anno di Proust è un’ottima ocasione per rileggere un romanzo che ha segnato la storia letteraria del 900.

 

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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