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Certe volte sono solo sensazioni…di gusto

Andare a zig zag tra le onde delle emozioni è quello che facciamo ogni santo giorno anche se lo facciamo per lo più inconsapevolmente. Le ricerche lo confermano: ogni nostra decisione ha una componente emozionale che parte dal 70% in su -ovviamente a seconda della situazione/prodotto: un bacio offre più vibrazioni di un bullone 🙂. Quello che troverete nelle righe qui di seguito è un breve percorso attraverso le mie personali emozioni per parlare di sensazioni, ed anche di arte, arte affiancata al tipo di emozioni che provo nei confronti di un chicco di caffè, anzi mi correggo immediatamente, di fronte al “gusto ad occhi chiusi di una tazza di caffè mentre l’aroma mi entra nell’olfatto” (che frase lunga!)… Ancora meglio, vorrei cercare di spiegare cosa si “sente” (beati gli inglesi che hanno il verbo ‘to feel’): gli “invisible assets” è un concetto presente in un libro del rinascimento giapponese degli anni ’80 (l’autore è H.Itami) che ha dato il via, nel campo del marketing ma non solo, ad una vera e propria era, cioè quella del riconoscimento e sdoganamento delle vere e misteriose sommerse terre del continente dell’emozionalità. “Il sentire” (nel senso di “percepire” così ben espresso in inglese) era descritto come “quasi un solletico interno”, come “un sentire delle bollicine che si arrampicano su per la spina dorsale”, oppure come le classiche “farfalle nella pancia” o “brividi” per qual si voglia: eccoci arrivati ad una tappa importante, la pancia, la sede del nostro secondo cervello. Ma se di pancia si tratta, non è solo adibita all’elaborazione del cibo bensì a molto altro, è il centro delle emozioni.

lucio fontana concetto spaziale attesa

Dobbiamo avere il coraggio di ammetterlo: a partire dall’ immaterialità sino a giungere alla spiritualità (parola pericolosa, da usare con cautela per il vissuto che ha avuto durante la storia umana), ci viviamo immersi, siamo vivaci onde che fanno finta di essere solide navi, ed è chiaro che quello che vediamo per esempio in un paesaggio, è un paesaggio dei nostri (e solo nostri) occhi. Dunque, il sentire, stavo dicendo…. Ed iniziano a passarmi dalla mente le immagini di grandi artisti, per prima il taglio di Lucio Fontana (chiedo scusa a tutti quegli artisti che faccio miei in questa personalissima psico-gallery). Accidenti, quando lo vidi, per la prima volta, decine di anni fa alla galleria il Millione, mi diede molto fastidio, quasi un’irritazione: come si permetteva (l’autore) a sintetizzare tutto con un taglio, ambè! Ma che sensualità ha questa fessura che ci permette di pensare ad un altrove (parole di Lucio), a pensare che tutto non finisce in superficie, che tutto ha un immenso mistero alle spalle? E non è certo il colore marrone che me lo associa al chicco, e neppure il richiamo evidente in entrambi, all’apparato femminili: sono le sensazioni, sto parlando di loro, solo di loro. Ritorniamo al chicco: il chicco è una cosa, una merce anche, ma poi, come materia alchemica si trasforma in altro, un altro che spesso nel passato era associato allo scuro, al proibito e che in buona compagnia del cioccolato è stato spesso al centro di scomuniche.giuseppe capogrossi

Ecco allora la grammatica di Giuseppe Capogrossi che spesso vedo quasi come poesia visiva ma che solo a tratti si scalda improvvisamente e vibraa ricordarci grafemi e segni lasciti sulle pareti delle caverne della nostra psiche: anche in questo caso i contorni del suo pittogramma che si ripete all’infinito potrebbe ricordare un chicco ma come prima, non è lì il centro della mia attenzione.

Wifredo Lam .

Davanti a quest’opera di William Lam invece il discorso si fa più complesso: Lam è un pittore solitario che conosco da decenni ma non so se è altrettanto noto per la critica mondiale…. ho sempre pensato che fosse un timido immerso in questo suo mondo interiore-caraibico, tra forme indefinite, riti magici e sogni. Che cos’è se non un po’ di sogno quello che cerchiamo al dunque? Mi da per favore 3 etti di sogni e me li incarta bene? Sto per finire questo mio breve scritto, anche perchè quando si parla di sensazioni bisogna andare veloci, vanno a male subito. Con l’arte la faccenda si complica un po’, non saprei proprio spiegare a parole perché provo delle associazioni: bah, permettetemi, in questa mia sorta di vocabolario personale, di prendermi una licenza e non volerlo né discernere né spiegare. Insomma di viverlo così, (quasi) senza parole.

 

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