“Buongiorno, mezzanotte“, il romanzo di Jean Rhys è la rappresentazione di una donna disperata. Siamo a Parigi nell’ ottobre del 1937. La capitale francese, per Sasha, giovane inglese, distrutta dal dolore, sedotta e abbandonata dal marito, senza soldi, è il palcoscenico della sua disperazione. Sasha è una donna priva di forze, incapace di trovare un lavoro, la sola sua salvezza sono le vie di Parigi, i caffè, le stanze di alberghi possibilmente luminosi, dove ricordare un passato che appare migliore di un presente opprimente. Ecco la trama di Buongiorno, mezzanotte di Jean Rhys (Adelphi, traduzione di Miro Silvera).
Buongiorno, mezzanotte: il romanzo di Jean Rhys
Pubblicato nel 1939, il romanzo è un alternarsi melanconico di disperazione e bicchieri di vino, fantasie per riemergere e struggenti commiserazioni per giustificarsi, ricerca di amori impossibili per uscire momentaneamente da vuoti affettivi.
“Certo, sono un mezzo automa, però sono lucida, ragionevole, calma. ora mi sono dimenticata dei vicoli bui, dei fiumi bui, del dolore, della lotta, dello sprofondare: acqua o sabbie mobili.. Si capisce che intendo la lotta vera, non parlo di quando si dà battaglia e si è forti, di quando si sa nuotare e sulla sponda non lontana amici zelanti sono pronti a trarti a secco al minimo segno di stanchezza. No, no, parlo di tutt’altro, parlo di quando ci si butta a capofitto e intorno non c’è nessun amico, e, quindi si annega, si annega, proprio, accompagnati da riso di scherno”.
Il romanzo non ebbe un grande successo, fu considerato troppo triste. La solitudine, l’emarginazione, le storie troppo amare è meglio che non abbiano voce. Così Jean Rhys per ottenere un riconoscimento dal grande pubblico dovrà aspettare il 1966 con Il grande mare dei Sargassi, ovvero la riscrittura di un classico della letteratura inglese, Jean Eyre. Voce narrante sarà Antoinette Cosway Mason, “la matta in soffitta”.
Ma chi è Sasha?
Sasha, la protagonista, è sola, senza riferimenti, si senta abbandonata da tutti, è timorosa, non sa a chi chiedere aiuto, vive terrorizzata il presente incapace di immaginare il futuro. “Ma dove vado, da sola? Bene, un altro bicchiere e ci penso sopra”.
E nei bar incontra altre “maschere” che nascondono la loro solitudine: un pittore, un disertore della Legione Spagnola, un russo espatriato, uno gigolò.
Solo disperazione, ma nonostante questo una lucida determinazione: “Soprattutto non piangere in pubblico, e se possibile nemmeno in privato”.
Ma chi è Jean Rhys?
Jean Rhys, nome d’arte di Ella Gwendoline Rees William, nasce in Dominica nel 1890 da padre inglese e madre creola di origine scozzese. Vive ai Caraibi fino ai 16 anni, poi si trasferisce in Inghilterra. Diventa ballerina di fila, non ha successo, si sposa, va a Parigi.
Parigi è bella, è la vita, ma non riesce ad alleviare il suo dolore. “Come è bella Parigi stanotte!…Sei bella stanotte, sei graziosa mia cara e che carogna sai essere. Ma in fondo non mi hai mica uccisa, no?” dice Sasha, interpretando Jean.
Le sue sono storie tristi, ma coraggiose perchè sono parole di una donna che non ha paura a mostrare la terribile faccia del dolore. Sono la storia di persone che cercano di essere libere, ma che sono prigioniere di ciò che gli altri vorrebbero che fossero.
Come si fa a fare la mantenuta e aspirare alla libertà? Come si può volere un uomo a tutti i costi, illudendosi che ti lascerà padrona di te stessa? Come si può comprare l’amore per sentirsi amata? Come si può elemosinare un sentimento e rivendicare la propria identità? La risposta è in un cappotto logoro, in fondo a un bicchiere di vino e nel rimanere famelicamente in attesa di un frutto che non matura mai.
Nonostante le delusioni, i fallimenti, ci sono donne che non si danno per vinte. Vagano nelle città, sole, spesso sull’orlo di una crisi di nervi, quasi sempre stringendo un bicchiere di vino tra mani incerte, ma incapaci di lasciare volare via il loro sogno.
“Una cérébrale è una donna a cui non piacciono gli uomini, o che non ne ha bisogno” dice, serio.
“Ah, ecco. Me lo sono chiesta spesso. Ebbene, ci sono molte donne così, e i ranghi s’ingrossano di giorno in giorno”.
“Ah, ma a una cérébrale non vanno a genio neanche le donne. La vera cérébrale è una che ama solo se stessa e il suo dannato cervello o ciò che lei pensa sia il suo cervello.”[…]
“Insomma, un mostro”.
“Sì, un mostro”.
Forse una donna così trova pace solo sorseggiando un bicchiere di vino.
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