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3 figure femminili “fameliche”, 3 comfort-zone superate

Questa triplice testimonianza è come una foto mossa. E non mossa perché incerta o frettolosa, ma mossa perché il cambiamento è veloce. Perché nessuna esperienza è statica. Perché in queste tre figure femminili, fameliche ognuna in un suo modo unico, ho trovato energie e interiori ricchezze esplosive e chiesto loro qual è stata l’ultima cosa che le ha fatte uscire dalla personale comfort-zone.

Annalori Ambrosoli, le Fornelle
e la comfort-zone (apparente) del numero degli ospiti

Annalori Ambrosoli Fornelle

Molte delle attuali foodblogger giocavano ancora con il Dolce Forno quando Il Club del Fornello esisteva già e faceva rete: una foodie community ante litteram, diffusa sul territorio nazionale.

Chi sono? Forse la generazione precedente alle foodblogger: donne dalle vite eccezionali, menti creative, impegnate, appassionate e ispiratrici. Con una vocazione filantropica e civile. Cuoche per passione unite anche – ma non soltanto – dalla gioia di cucinare e di fare cultura, di condividere e restituire agli altri la loro esperienza. La loro parola-chiave? Entusiasmo.

Annalori Ambrosoli, delegata di Milano, racconta e fornisce dati: “Il Club del Fornello nasce a Rivalta di Piacenza 42 anni fa per volere di Magda Lucchini. Oggi in Italia ci sono una quarantina di Club per un totale di circa 700 Socie. Milano ha festeggiato i 35 anni nel 2017 e un secondo Club ha festeggiato i 25. La fondatrice del Fornello di Milano si chiama Annetta Toffoletto.”

Un club di sole donne, un famelico matriarcato? Affettuosamente si autodefiniscono “Le Fornelle” e concedono: “Gli uomini sono ammessi solo alla Conviviale di Natale o se invitati per parlarci di argomenti inerenti al cibo.”

La comfort-zone superata? La si percepisce in filigrana: “Nel novembre scorso, una importante Onlus “NEMO”, che si occupa di gravi malattie neuromuscolari, ci ha chiesto di preparare un aperitivo per 300 persone presso le cucine dell’Ospedale Niguarda. Era una serata di raccolta fondi e ci ha visto impegnate per un numero di persone al quale non eravamo abituate (normalmente cuciniamo a quattro alla volta alle nostre conviviali e siamo in 20). È stato tutto molto apprezzato e siamo state felici di questa esperienza.” C’è understatement nelle parole di Annalori Ambrosoli. Perché è evidente che la questione non era tanto il numero degli ospiti, quanto la consapevolezza del proprio contributo allo scopo finale, l’umana gioia di fare con abbastanza amore.

Monica Carubelli, chef, e il valore
di cucinare per una persona con Alzheimer

chef Monica Carubelli

Monica Carubelli è una solida chef e l’ho conosciuta come artefice di un memorabile menu di prodotti agresti all’agriturismo La Boschina nel cremasco. Sostiene che “dietro ogni cuoco uomo c’è sempre una donna (mamma o nonna) … noi non abbiamo dietro nessuno se non noi stesse.”

Con questa premessa, Monica salta le autodefinizioni, considerandole poco oggettive.
Però sa raccontarsi e riporto le sue parole: “Ho lavorato come chef e poi come executive in un mondo di uomini facendomi rispettare con la forza del carattere… Ho amato molto il mio lavoro, vi ho dedicato tempo, ricerca, studi, famiglia e interessi costanti. Ho avuto tante delusioni e soprattutto tante incomprensioni; il mio bisogno di ricerca e di esplorazione avanti e indietro nel tempo non mi ha resa molto popolare, ma io non mi posso impedire di ricercare nella storia e nei sapori moderni le immagini del passato.”

Da qualche tempo, Monica pubblica sui social brevi video in cui cucina insieme a una bella signora dai capelli candidi: è la sua mamma, affetta da Alzheimer. E quei video non sono dei tutorial, ma un percorso di intuizione, amore, coinvolgimento. Nascono per amore della mamma e “dalla necessità di impegnarla e di tenere costantemente attiva l’area della memoria.”

Monica esercita la memoria della madre attraverso esercizi, lettura scrittura, poesie, proverbi, ricordi. Ma il suo campo è cucinare. Da qui l’idea di mettere in scena i pasti: “lei non ha mai cucinato, era mio papà a cucinare a casa. Ho pensato di filmarla, rispettando la sua dignità e rendendole la cosa più facile. Lei si diverte perché fa l’attrice. Credo che attraverso la stimolazione terapeutica mediante la preparazione di vivande si possa stimolare la memoria; lei si ricorda di mio papà quando le preparo alcuni piatti che faceva lui. Non portò certo recuperarla, ma almeno le freno la caduta.”

Fare qualcosa insieme, è questo il punto, il superamento di una comfort-zone di fronte all’emergenza di una malattia di una persona cara. Stimolazione, tempo, terapia, protezione, dignità… non ci sono abbastanza termini per racchiudere il valore di questo esempio famelico.

Gaia Aveta De Felice, un futuro nell’hotel management
e lo spirito di servizio, necessario quanto fare network

Gaia Aveta De Felice student ambassador Les Roches

Gaia, 21 anni, monzese, Student Ambassador di Les Roches, grande scuola internazionale di hôtellerie con sede in Svizzera, sul podio mondiale delle più reputate. Gaia l’ha scelta per questo e per la way of life. Ora lavora a Ginevra in un’agenzia di events management e si laureerà l’anno prossimo. Adora viaggiare, stare in mezzo alla gente e scoprire nuove culture e… “okay lo ammetto…soprattutto anche buon cibo e buon vino”.

Ma non è solo il buon cibo e il buon vino. Lei studia le dinamiche dell’ospitalità, nel mondo “mi piacerebbe andare in Asia, Hong Kong nello specifico, a fare un programma post-laurea e tornare negli alberghi dove posso scoprire e girare tra i vari reparti.” Guest Relations? Sales & Marketing? Il futuro è dinamico.

La comfort-zone superata: le basi e le tecniche di servizio “l’ho trovato molto difficile – spiega Gaia – essendo la prima volta per me. Imparare le varie tecniche in base al tipo di ristorante in cui noi studenti lavoravamo durante quelle settimane, ritirare oltre 6 pesanti piatti, ricordarsi le varie sequenze e fasi del servizio fine dining …” quello stesso servizio di sala, che è un pilastro dell’ospitalità e della formazione manageriale ma che è anche metafora dello spirito di servizio di chi ha scelto questa vita e che nulla sarebbe senza una dedizione pazzesca e la volontà di “fare tesoro delle persone che si incontrano lungo il percorso. Fare sempre networking ovunque tu sia e con chiunque.”

Che la gioia sia con tutte!

[Un grazie speciale alle intervistate e a Giacinta Notarbartolo]

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