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3 o 4 i colori del vino? Sentito parlare degli orange wines?

Le origini e i motivi del successo degli orange wines

Quanti conoscono la risposta esatta? Quanti risponderebbero: rosso, bianco, rosé. E invece no: c’è un quarto colore. Mai sentito parlare di orange wines? Ebbene sì: esiste il vino arancione. Dobbiamo fare i conti con una colorazione ancora poco conosciuta, ma, a parere di molti, molto apprezzabile. Quindi, se ve lo propongono, non temiate di essere di fronte a un rosato vittima di un errore di ossidazione.

Ma quali sono le origini degli orange wines?

Molto discusse. Chi risale ai soliti Romani, chi ai georgiani con i loro Amber Wines. La più accreditata sembra essere la seconda. La vinificazione nei kvevri,  in brocche di argilla, sembra essere il metodo più antico conosciuto per la produzione del vino: risale a circa 7000 anni. Fino alla conquista dell’Europa centrale e del Nord da parte dei Romani i vasi di terracotta erano l’unica alternativa possibile per la fermentazione, lo stoccaggio e il trasporto del vino. I kvevri erano prodotti  con un tipo di argilla adatta all’utilizzo e dopo il processo di bruciatura erano rivestiti all’interno con grasso fuso o cera d’api. Nella Georgia occidentale, dove la vendemmia avviene  in prossimità dell’inverno e le viti crescono su terreni argillosi, i kvevri venivano sotterrati all’aperto sotto un semplice tetto in un terreno sabbioso e asciutto. Nella Georgia orientale, invece, i kvevri, a causa delle temperature più elevate, venivano sotterrati in profondità nelle cantine. La vinificazione in Georgia conosceva tre momenti:

  • il pigiato e la fermentazione del mosto
  • la fermentazione alcolica nei kvevri
  • lo stoccaggio del vino giovane e l’affinamento su lieviti.

E oggi?

Dopo un lungo oblio, da circa un decennio si è tornati a interessarsi a questa antica tecnica di vinificazione.Mai sentito parlare di orange wines? Tecnicamente i “vini arancioni” sono bianchi sottoposti a macerazione sulle bucce, vinificati in rosso. La vinificazione delle uve bianche non prevede, a differenza di ciò che avviene con le uve rosse, di lasciare le bucce a contatto con il mosto in fase fermentativa. Ma quale è la differenza tra un orange wine e un bianco classico? Nei “vini arancioni” le bucce rilasciano polifenoli, tannino e antociani che rendono il vino adatto ad accompagnare piatti “robusti”, come carni rosse, cibi salati, formaggi stagionati. Sì avete capito…possono sostituire i rossi! All’olfatto possono ricordare i passiti con i loro ricordi gustativi: miele, albicocca, zafferano, pesca sciroppata. Ad alcuni ricordano il Riesling, con le sue note minerali, sulfuree e di fumo.

Che ne dite di provarlo?

Se vi è venuta voglia di provarlo, andate in enoteca e fatevi consigliare. Le zone che credono negli orange wines?

  • Friuli Venezia Giulia
  • Slovenia
  • Croazia
  • Austria

10  Orange Wines da degustare

  • Gravner “Ribolla riserva”
  • Tomac “Rajnski Rizling”
  • Chiarofiore – Tunia
  • Stella Flora – Maria Pia Castelli
  • Somaio – Croce di Febo
  • Menis – Vigne di San Lorenzo
  • Cos Pithos Bianco
  • Weingut Sepp & Maria Muster Erde
  • Dario Princic Vino Bianco Jakot
  • Castagna Harlequin

 

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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