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Una giornata a Torcello: 24 ore tra cibo e cultura

É la più estrema, la più celata, la più silenziosa e, forse, la più magica per le leggende che le ruotano attorno e affondano le radici nel mito e nella storia. Torcello, con i suoi 15 abitanti, i suoi gioielli d’arte e con i suoi ristoranti gourmet, non è solo una delle isole della laguna di Venezia che ogni anno raccolgono lo stupore di turisti di tutto il mondo, ma è il luogo-non-luogo dell’inizio.

É qui che la civiltà veneziana ha avuto origine, è tra i suoi orti e canali, che sgusciano tra le case coloniche per riconfluire poi nella laguna, che il vescovo di Altino si rifugiò nel 638 DC per proteggersi dalle invasioni barbariche. É qui che la popolazione della terraferma si ritirò per fuggire da longobardi e unni facendone l’ultima frontiera della propria salvezza.

Oggi questo atollo è invece un luogo di pace dove tutto è silenzio e il tempo sembra avere un’altra velocità. Basta passeggiare lungo la strada che costeggia il rio principale, punteggiata da piccole case colorate, per immergersi in una atmosfera che non conosce dimensioni invitando a fermarsi per guardarsi attorno, scoprire i segreti dei piccoli giardini custoditi dietro cancelli o aprire porte che sembrano pronte ad accogliere.

Una giornata tra storia e mitologia

una giornata a torcello: mosaici

Torcello è malinconica e romantica insieme, struggente e leggera, comunque coinvolgente, a tratti emozionante. Non si può rimanere indifferenti perdendosi nel mosaico bizantino della Basilica di Santa Maria Assunta, una lama di luce che raggiunge anche il porticato esterno, la cima del campanile, dove lo sguardo si perde non avendo confini, e la vicina Chiesa di Santa Fosca, circondata da un portico a 5 lati. Ma la potenza è tale da raggiungere anche gli attigui Palazzo dell’Archivio e Palazzo del Consiglio che, smessi i panni di sedi del governo locale, sono oggi scrigno di un prezioso museo con reperti archeologici delle importanti epoche tardo-latinabizantina e medievale. Quasi a volerli proteggere, al loro esterno, è il Trono di Attila, uno scranno in marmo attribuito al condottiero Unno ma che, più verosimilmente, sarebbe appartenuto al Vescovo di Torcello o al governatore dell’isola che qui si sedeva per presiedere le riunioni del consiglio.

una giornata a torcello: il ponte del diavolo

Storia e mito, leggenda e favola sembrano scandire il vissuto di Torcello il cui fascino arcano si lega ad altri luoghi pieni di mistero come il Ponte del Diavolo. Il mito racconta che qui una ragazza disperata per l’uccisione dell’amato da parte della famiglia che osteggiava la loro unione, si rivolse ad una maga che, per riportarlo in vita, invocò Satana. I due innamorati si ricongiunsero ma il Diavolo volle in cambio anime di bambini innocenti: la strega gliene promise una, ogni anno, per 7 anni, la notte della Vigilia di Natale ma non onorò mai il suo patto perché morì. Da allora, la notte del 24 Dicembre, Lucifero, prendendo le sembianze di un gatto nero, aspetterebbe le anime degli innocenti sul ponte dove avvenne il primo incontro.

I ristoranti e le delizie del palato

Una giornata a Torcello: locanda Cipriani

Un enigma che intriga e contribuisce a fare di Torcello un’oasi di mistero, un rifugio magico. Non stupisce che proprio qui, si trovi uno dei ristoranti che ha fatto la storia della tradizione culinaria veneziana, dell’arte del ricevere, dell’accoglienza garbata. Locanda Cipriani non poteva che nascere in questo scrigno, lontano ma vicino da quella Piazza San Marco che, a 10 km, accoglie il mondo. In 80 anni di vita questo crogiolo di alta cucina ha accolto insospettabili ed illustri alla ricerca di esperienze “altre” che solo un piatto perfetto come i celebri Carpaccio di carne cruda e il pesce sampietro “alla Carlina” riesce a suggerire.  Una capacità che ancora oggi mantiene insieme al fascino della riservatezza e della discrezione.

Seguendo il fil rouge della gola si scopre una Torcello fatta di sapori e di profumi come quelli del bisato su l’ara (anguilla arrostita sulla pietra delle ornaci), delle moeche (granchi) infarinate, fritte o al forno (le si assaggia al ristorante Al Trono di Attila), della polenta morbida e calda con le schie (gamberetti),  della polentina con baccalà mantecato alla veneziana e polenta al nero (da provare a “Villa ‘600”) e del “risotto di go” capace di nobilitate quel ghiozzo da molti considerato pesce reietto. O delle “Sepe col nero” e dei “Bigoli in Salsa”, una religione per l’Osteria al Ponte del Diavolo.

Scritto da Raffaella Borea

selva di val gardena post di raffaella borea

Consulente per lo sviluppo di strategie comunicazione, media relation e giornalista ho fatto del viaggio un’ispirazione e della valigia una compagna di lavoro.  Food&Hospitality le mie specializzazioni e passioni, “andare e conoscere” il mio pallino. La vera ricchezza sono gli incontri e il massimo piacere la condivisione. Credo nel valore delle parole e professo la pazienza come traccia del mio sentiero, che annaffio con perseveranza e qualche guizzo di istintività. Il cibo? É un “oltre”.

 

 

 

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