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Come il Giappone ricicla i rifiuti della birra artigianale

In Giappone si producono sempre più birre artigianali. Sorge un problema: come riciclare i rifiuti in nome della sostenibilità. Ecco come il Giappone ricicla i rifiuti della birra.

In tutto il Giappone molti piccoli produttori di birra hanno aumentato la loro produzione, creando però anche molti scarti, come, ad esempio, avanzi di malto o luppolo. Per produrre in modo più pulito, le aziende giapponesi stanno iniziando a riciclare questi rifiuti, facendo carta, imballaggi e persino jeans.

Diverse aziende giapponesi stanno lavorando per trovare modalità sostenibili per riciclare i cosiddetti cereali esausti, una sorta di polpa di birra in cui si trovano i resti dei diversi cereali utilizzati durante le diverse fasi della fermentazione: grano, segale o orzo. Ogni litro di birra prodotta genera quasi 300 grammi di cereali esausti.

Come il Giappone ricicla i rifiuti della birra artigianale? Ci pensano le start up

I grandi produttori di birra hanno maggiori possibilità economiche e tecnologiche per sbarazzarsi dei cereali esausti. O li asciugano per trasformarli in mangime per il bestiame, oppure li stoccano per scartarli negli inceneritori. Ma il riciclo di tali scarti è più complicato per i piccoli birrai. Per risolvere il problema sono nate diverse start-up giapponesi che propongono di prendersi cura di questi rifiuti e riutilizzarli per altre produzioni.

A Yokohama, vicino a Tokyo, Kitafuku raccoglie gratuitamente gli scarti per realizzare carta riciclata, ispirandosi in particolare ai metodi utilizzati per le carte ricavate dalle piante di riso. La loro carta da birra viene poi venduta ai birrai per realizzare imballaggi e ai ristoranti per fare la carta dei menu o ai produttori di cartone per fare scatole di consegna.

Chi l’avrebbe mai detto…con gli scarti si possono fare i jeans

Lavorando ulteriormente la carta ottenuta dagli scarti della birra, è anche possibile fare i jeans. Il processo di produzione è un po’ più complicato e costoso. I grani, trasformati in fibra di carta, devono essere poi compattati e lavorati per creare un filo di tessitura per dare vita a una tela denim sufficientemente resistente.

L’esperimento è stato portato avanti dal birraio giapponese Sapporo Breweries in collaborazione con un produttore di jeans specializzato nella produzione di tele ricavate dalla bagassa di canna da zucchero. I jeans -ahimé – sono sostenibili ma molto costosi! Per un jeans prodotto “con la carta di birra” ci vogliono 42.000 yen, cioè 290 euro. Il prezzo non ha spaventato i giapponesi. Quando i jeans sono stati messi in vendita, sono spariti dagli scaffali. Non è noto se ci sarà una nuova produzione.

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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