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Vino e tecnologia: in India i vigneti tropicali

Si può sviluppare un’azienda vitivinicola in un paese senza tradizione enologica e con un clima che non favorisce la viticoltura?

Non è una novità, in paesi lontano dalla nostra cultura la tecnologia porta molte novità fino a poco tempo fa inimmaginabili. Così in India alcuni agricoltori hanno adottato una serie di approcci innovativi, che prevedono la coltivazione dell’uva e la sperimentazione per creare bevande che richiamano i sentori del vino. Per via del clima talvolta si sostituisce l’uva con il kiwi. Inutile dirvi che il packaging scelto è la lattina!

Come racconta la BBC, quello che sembrava impossibile, in India sta avvenendo. L’emittente radiotelevisiva inglese ha intervistato Rajeev Samant, il fondatore dell’indiana Sula Vineyards, un’azienda vinicola indiana. Nel 1997 in India nessuno sapeva cosa fosse il vino, lo conosceva solo chi aveva viaggiato all’estero. Rajeev Samant ricorda che i negozi di liquore nel suo paese erano chiamati enoteche e questo portava gli indiani a credere che il vino fosse un liquore.

Le difficoltà per produrre vino in India

Tra i tanti ostacoli che Samant ha dovuto superare, i più difficili sono stati l’ottenimento da parte del governo indiano della licenza di produrre vino e la conquista dell’attenzione da parte dei consumatori. Gli indiani non conoscevano il vino, troppo lontano dalla loro tradizione culturale e con prezzi elevati rispetto agli alcolici prodotti nel paese.

Per produrre vino occorreva superare le problematiche legate al clima. A Nashik, nel Maharashtra, dove opera Samant, il clima è tropicale. Nei mesi di marzo, aprile e maggio la temperatura supera spesso i 40 ° C. Un ostacolo non facile da fronteggiare. Per sconfiggere le alte temperature Samant coltiva le sue uve durante l’inverno per raccoglierle alla fine dell’inverno.

Per produrre vino Samant ha fatto poi affidamento sull’aiuto delle tecnologie. L’azienda Sula è stata il primo vigneto indiano ad utilizzare acciaio inossidabile refrigerato per conservare il vino. I costi sono altissimi, ma sono giustificati dall’ottenimento di una qualità accettabile.

E il successo sembra sorridere alla scelta di Samant. Sula ora ha 1.000 dipendenti e un fatturato annuo di circa 5 miliardi di rupie (62 milioni di euro). Non solo un successo economico, centinaia di migliaia di persone visitano ogni anno il vigneto di Nashik.

Una grande scommessa, dal momento che oggi ci sono circa 110 aziende vinicole in India che producono vino e vini di frutta. Un mercato interessante, che sta attirando l’interesse del governo indiano per attirare anche investimenti stranieri.

Qui le aziendi vitivinicole non hanno regole o tradizioni da rispettare in modo rigoroso come avviene in paesi dove la cultura del vino è secolare. Vi è molta sperimentazione e molta apertura nei confronti dell’utilizzo della tecnologia. In India vendere vino in lattina non fa gridare allo scandalo. Anzi, rende la proposta più attraente e accessibile per i giovani.

Il vino al kiwi

Il grosso problema per produrre i vini in India è, come dicevamo, il clima e proprio per questo alcuni imprenditori stanno scommettendo sui vini prodotti con la frutta. Così nell’Arunachal Pradesh, uno stato dell’estremo nord-est dell’India con un clima subtropicale, dove si coltivano con facilità kiwi, pere, pesche e prugne, si sta studiando una modalità per produrre bevande che richiamano il gusto del vino. Le sperimentazioni nascono dall’esigenza di utilizzare frutta scarsamente commercializzabile a causa dei costi dello stoccaggio e del trasporto. Nel 2017, Tage Rita ha deciso di iniziare a produrre vino dal kiwi, una coltura importante nel territorio dove opera. Il Naara Aaba, con un contenuto alcolico del 13%, è diventato il primo vino biologico indiano a base di kiwi. Una spinta importante per l’economia locale, siprattutto in termini di occupazione.

Il vino al kiwi è prodotto più o meno allo stesso modo del vino prodotto dall’uva. La frutta matura viene spremuta e fermentata da tre a quattro mesi. Alcuni prodotti, ritenuti di maggiore qualità, subiscono un processo di invecchiamento di quattro o cinque mesi prima dell’imbottigliamento.

Naara Aaba produce circa 50.000 bottiglie di vino all’anno, tra cui anche vino di pesche, prugne e pere. Il vantaggio della loro produzione sta nel minore tempo di fermentazione, nel basso tenore alcolico. Vengono apprezzati per il loro sentore fruttato che li rende piacevoli a chi conosce poco il mondo del vino.

Il futuro della produzione di vino in India

In India il tabù sociale e culturale intorno alle bevande alcoliche si sta lentamente dissolvendo e, ovviamente, ciò favorisce l’interesse verso un mercato nuovo e con interessanti possibilità di sviluppo. Al momento è difficile che l’India possa imporre il suo vino al di fuori dei confini nazionali. Il clima tropicale non facilita la coltivazione di uva che consenta la produzione di vini eccellenti, ma, di certo, si sta raggiungendo un obiettivo fino a qualche anno fa ritenuto impossibile: gli indiani apprezzano sempre di più il vino prodotto in India!

 

 

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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