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I locali veg sono diventati il top

Ristoranti vegetariani o veg blasonati sono frequenti tra la East e la West Coast americana. I locali green non sono più una nicchia per ortodossi ma una realtà per molti curiosi che vogliono avere la possibilità di provare una cucina diversa, rispettosa del gusto. Ormai è chiaro: la nuova frontiera della cucina veg è diventare appetibile, non punitiva, capace di incuriosire e divertire. La nuova tendenza ha portato anche al crescere di una nuova figura professionale: lo chef freelance. I giovani cuochi veg sono spesso disposti a cucinare in case private, soprattutto nelle provincie italiane, dove è ancora difficile aprire un ristorante veg. Così il veganesimo si sta trasformando in uno stile di vita. Uno stile di vita che attrae anche il più grande chef del momento: René Redzepi. In una recente intervista ha dichiarato di prevedere una proposta gastronomica veg entro i suoi 50 anni, ovvero tra poco più di un decennio. E la battaglia del gusto non coinvolge solo chef da sempre vegetariani, ma anche grandi star della cucina internazionale. Qualche esempio? Alain Ducasse nel 2014 ha aperto il ristorante Naturalité a Parigi, proponendo un menù quasi esclusivamente vegetariano. La carne è presente solo su una carta a richiesta. Alain Passard a L’Arpége presenta piatti preparati con molti prodotti coltivati in terre possedute dal locale.

E in Italia?

Pietro Leemann – il vero precursore della cucina vegetariana in Italia, il primo chef veg in Europa a conquistare una stella Michelin – ha sicuramente contribuito alla crescita della cultura vegetariana. Protagonisti della sua cucina sono quegli ingredienti che una volta erano considerati semplici contorni. E lo ha fatto seguendo un unico desiderio: dare dignità a una cucina considerata spesso povera. Non ha seguito la politica di accontentare l’occhio trasformando le verdure in piatti che potevano sembrare di carne. Non ha variato le consistenze, ha ricercato la qualità, ha sperimentato le cotture e le non-cotture. Pochi prendevano sul serio una cucina considerata lontana dall’ambizione di vedere riconosciuto un valore gustativo.

Pietro Leemann, il vero precursore della cucina vegetariana in Italia

Pietro Leemann, lo chef vegetariano che più ha contribuito a fare evolvere la cucina vegetariana

Poi è arrivato l’appoggio dei medici e dei nutrizionisti. Il veg non è stata più solo una scelta etica, ma anche salutistica. Così oggi la tendenza vegetariana, anche dove non è sposata in toto, influenza i menù di diversi chef. Alcuni esempi? Niko Romito ed Enrico Crippa, di sicuro chef non vegetariani.

Simone Salvini: la cucina della pace e dell’amore

Simone Salvini, il cui motto è “vita semplice e pensiero elevato”, si considera un innovatore, uno sperimentatore. E’ stato chef executive presso il ristorante Joia di Pietro Leemann, di cui è stato allievo. Laureato in Filosofia, ha sempre creduto che la cucina rappresenti qualcosa di più rispetto al semplice nutrirsi. Fondatore di Organic Academy, un progetto in divenire attraverso il quale si divulga e si promuove la cultura della cucina naturale vegetariana,  ha scelto di contribuire alla nascita di start up, di contribuire alla ricerca, collaborando con Alce Nero, di scrivere libri e partecipare a trasmissioni Tv. Soprattutto quest’ultima attività gli è valsa una feroce imitazione di Crozza, imitazione di cui Simone va fiero, soprattutto per la notorietà che gli ha regalato. Dopo un percorso di formazione in Oriente che l’ha convinto a fare determinate scelte alimentari e a dedicarsi a questo tipo di cucina, ha deciso di seguire la filosofia per cui “si può decidere di fare del bene a noi stessi, arrecando il male minore agli altri”. La cucina è cultura, capace di portare amore e costruire la pace. E’ occasione d’incontro di popoli”. E’ un vero amante dei fagioli, vera fonte di proteine e di fibre, sempre più richiesti nelle carte dei ristoranti. “In passato- continua Simone- si è parlato troppo di estetica, dimenticandosi della salute, sia di chi degusta, sia di chi cucina».Ora sta studiando la soia gialla, interessante soprattutto dal punto di vista nutritivo, e il tempeh, un cibo originario dell’Indocina ricavato dalla soia gialla fatta fermentare grazie a delle spore coltivate in laboratorio. È un alimento ricco di vitamine (anche la B12) e di facile digeribilità. «L’ho scoperto – racconta Simone Salvini – leggendo alcuni libri che raccoglievano le testimonianze dei soldati della II° Guerra mondiale fatti prigionieri dai Giapponesi. Nei campi di detenzione subivano una ferrea dieta: riso e soia. Per fare fronte al dimagrimento, molti scoprirono che la fermentazione della soia ridava loro energie». Un dettaglio che non avevo mai preso in considerazione? “In cucina tutto va studiato. Anche la forma del pane incide sulla nostra salute: la forma tonda ha bisogno di meno tempo di cottura rispetto a quella quadrata, che presenta molti spigoli. E l’indice glicemico è più basso con cotture veloci». Nessun rischio di salute per chi abbraccia il veganesimo? «Bisogna combinare e alternare bene gli alimenti. Preferire sempre cibi di stagione e biologici”.

Il Tempeh
Ricetta di Simone Salvini

Ingredienti
180 g Soia gialla biologica
2 n Cucchiaini di aceto di cocco
1 n Cucchiaino di starter*

Procedimento
Mettete a bagno i fagioli di soia per una notte. Al mattino scolateli e con le mani togliete più bucce possibili. Per ottenere un tempeh delicato e dalla consistenza omogenea sarebbe meglio fare questa operazione fagiolo per fagiolo (in commercio esistono mulini elettrici capaci di separare i semi dalla buccia esterna). Cuocete i fagioli in acqua bollente per circa 40 minuti; scolateli e asciugateli con un panno di lino o di cotone precedentemente lavato solo con acqua calda. Fate raffreddare i fagioli fino alla temperatura di 30°C (usate la sonda per verificare l’esatta temperatura). Trasferite i fagioli in un recipiente di metallo, conditeli con l’aceto. di cocco e mescolate con un cucchiaio per un paio di minuti. Unite lo starter e continuate a mescolare per distribuire bene le spore. A questo punto inserite i semi inoculati in sacchetti di plastica, chiudete e sigillate il bordo con una spillatrice metallica e con uno stuzzicadenti praticate 6 fori. Riponete i sacchetti nell’incubatrice e lasciate fermentare per circa 24 ore a 30°C. È importante che il tempeh sia rivestito da un micelio bianco uniformemente distribuito: se necessario lasciate fermentare ancora alcune ore. Trascorso il tempo necessario, togliete il tempeh dall’incubatrice, cucinatelo oppure riponetelo in frigorifero, lasciandolo nel sacchetto in modo da bloccare il processo fermentativo.

*Lo starter per preparare il tempeh è generalmente costituito dalle spore di una muffa chiamata Rhizopus oligosporus

Daniela Ciccioni propone una cucina veg e crudista

Daniela Cicioni, chef vegana e crudista, propone molti piatti che sono il risultato di germinazioni, germogliazioni e fermentazioni. Con queste proposte ha vinto il The Vegetarian Chance, fondato da Leemann nel 2014 per costruire una rete che unisca chi guarda con curiosità al vegetarismo. “Gli ingredienti principali della cucina vegana”- ci racconta- «sono frutta e verdure fresche, cereali, farine integrali e biologiche, legumi e prodotti proteici e versatili come tofu, seitan e tempeh, un alimento di aspetto simile alla carne, realizzato da semi di soia gialla fermentati. La cucina deve fare uso dei prodotti del territorio e per questo per la fermentazione uso le foglie del cavolo rosso o quelle del nasturzio”. E in pasticceria? «Il tempeh può essere usato anche in pasticceria se fatto con le mandorle e con le nocciole, anche se non facile da preparare per le influenze esterne subite durante il processo di fermentazione». Un dolcificante naturale? «La crema di datteri ottenuta con la polpa di datteri e l’acqua». E’ difficile proporre piatti vegani? “Con la cucina vegana non ci si può improvvisare. Occorre formarsi tecnicamente e teoricamente frequentando corsi di cucina vegana, che trattino sia l’aspetto applicativo che quello teorico: dalla Scienza dell’Alimentazione alle teorie energetiche della Macrobiotica, dell’Ayurveda, dell’Igienismo e del Crudismo sotto tutti gli aspetti. E poi sperimentare, sfuggendo al confronto con la cucina tradizionale occidentale. Io, ad esempio, sto sperimentando un tempeh, prodotto con ceci, piselli, lenticchie rosse e mandorle».

 

 

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Written by Monica Viani

Vivo a Milano, frequento librerie, musei, cinema, teatri e ...ristoranti! Laureata in filosofia, ex insegnante di materie umanistiche nei licei classici e scientifici milanesi, sono approdata nel 1998 al giornalismo enogastronomico. Dopo aver coordinato diverse riviste tecniche, aver dato vita a una collana e curato diversi libri, nel 2017 ho deciso con Alessandra Cioccarelli di fondare il blog Famelici, un blog "di frontiera", dove declinare il cibo in mille modi. Io e Ale scriviamo di cibo, rimandando a Marx, a Freud, a Nietzsche, ai futuristi, perché crediamo che il cibo sia cultura. Perché lo facciamo? Per dimostrare che si può parlare di food rifuggendo dalle banalità. Stay hungry, stay foolish!

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